Funzione Pubblica: permessi studio per i pubblici dipendenti
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con la circolare n. 12 del 7 ottobre 2011 - pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2012 - ha fornito alcuni chiarimenti circa i permessi per diritto allo studio nelle pubbliche amministrazioni.
CIRCOLARE 7 ottobre 2011 , n. 12
Formazione di livello universitario nelle pubbliche amministrazioni - permessi per diritto allo studio. (12A00949)
Alle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 1. Premessa. La rilevanza della formazione universitaria nelle pubbliche amministrazioni. Recentemente sono pervenute al Dipartimento della funzione pubblica numerose richieste di chiarimento in materia di permessi e congedi per diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre piu' ampia diffusione di corsi organizzati dalle universita' telematiche. Si ritiene pertanto opportuno fornire alcuni chiarimenti sull'argomento. Nel delicato momento sociale ed economico che il Paese sta attraversando, che pretende l'intervento di incisive riforme, e' richiesto anche alle pubbliche amministrazioni di porre in essere iniziative che agevolino un rapido ed efficace adattamento dell'organizzazione alle nuove condizioni. I vertici amministrativi, i dirigenti ed i funzionari sono chiamati ad un pronto e paziente lavoro di adeguamento dell'organizzazione e delle linee di attivita' rispetto all'assetto normativo ed alla realta' economica sempre in movimento. In questo quadro generale assume un grande rilievo l'acquisizione, attraverso la formazione e l'aggiornamento continuo, di strumenti culturali e professionali atti ad aumentare la capacita' dell'organizzazione di fornire risposte tempestive e flessibili rispetto al cambiamento. In tale prospettiva, un indubbio strumento da valorizzare per coloro che lavorano nell'amministrazione e' costituito dalla formazione universitaria. L'importanza di questa formazione e' accresciuta oggi dalla considerazione che le progressioni economiche e professionali attuate nel corso degli ultimi anni, se da un lato hanno contribuito a dare un riconoscimento alla professionalita' maturata dai dipendenti nel corso della vita lavorativa all'interno delle amministrazioni, hanno pero' anche prodotto degli squilibri, portando personale spesso privo di formazione universitaria a ricoprire posizioni professionali elevate, l'accesso dall'esterno alle quali e' invece riservato a soggetti in possesso di titolo di studio universitario. Inoltre, come noto, il possesso di titoli accademici e' rilevante sia per l'accesso dall'esterno nella pubblica amministrazione (ad es. per l'accesso alla qualifica di dirigente e alla posizione di funzionario, per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei all'amministrazione o non muniti della qualifica di dirigente, per la partecipazione al concorso per le carriere prefettizia e diplomatica) sia per lo sviluppo professionale al suo interno (nell'ambito delle procedure di progressione economica o per il conferimento di incarichi a funzionari apicali). Quindi, soprattutto in un momento caratterizzato dal contenimento dei costi e dall'imposizione di rigidi tetti anche all'ammontare della spesa per formazione (art. 6, comma 13, d.l. n. 78 del 2010, convertito in l. n. 122 del 2010), e' importante che - nei limiti del buon andamento e dell'efficienza dell'organizzazione - i dipendenti interessati siano messi nelle condizioni di seguire i corsi e di fruire delle agevolazioni che l'ordinamento prevede allo scopo. Peraltro, anche nell'ottica dell'efficienza dell'amministrazione, sono ormai disponibili e diffusi i sistemi di apprendimento a distanza e, soprattutto in relazione alle possibilita' di accesso alle risorse di apprendimento per le persone disabili ed i lavoratori, l'Unione europea, nell'ultimo decennio, ha incoraggiato gli Stati membri a sperimentare nuovi metodi e approcci di apprendimento, che favorissero l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni nei sistemi di istruzione e formazione. In particolare, gli sforzi, anche di finanziamento, dell'UE sono stati rivolti a supportare, nell'ambito delle iniziative di formazione a distanza, il settore universitario. In questo contesto, gia' da tempo le «universita' telematiche» sono state regolamentate anche nell'ordinamento italiano, accordando alle istituzioni che rispondono a determinati requisiti l'abilitazione a rilasciare titoli accademici (decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 17 aprile 2003). 2. Le agevolazioni per i pubblici dipendenti in relazione al diritto allo studio. La legge, i contratti collettivi e gli accordi negoziali prevedono una serie di agevolazioni per il diritto allo studio, che si aggiungono agli altri ordinari permessi e congedi pure utilizzabili allo scopo. Considerato che le esigenze di crescita culturale e professionale dei dipendenti debbono essere contemperate con la necessita' attuale di buon andamento, e' chiaro che anche la disciplina dei permessi per il diritto allo studio deve prevedere limiti e condizioni di fruizione in funzione delle esigenze amministrative. Tra gli istituti utilizzabili allo scopo si rammentano: i congedi per la formazione, previsti dall'art. 5 della l. n. 53 del 2000 e nei CCNL, utilizzabili anche per il conseguimento di titoli universitari o per la partecipazione ad attivita' formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro, che possono essere accordati secondo le condizioni stabilite nei CCNL e negli accordi collettivi ai lavoratori con anzianita' di servizio di almeno 5 anni per un massimo di undici mesi nell'arco della vita lavorativa; durante il periodo di congedo il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione; 150 ore di permessi retribuiti all'anno riconosciuti secondo le previsioni dei CCNL - nel limite del 3% del personale in servizio ciascun anno nell'amministrazione - per la partecipazione ai corsi anche universitari e post-universitari che si svolgono durante l'orario di lavoro; agevolazioni relative all'orario di lavoro, secondo la disciplina contenuta nei CCNL, in quanto il personale interessato ai corsi ha diritto all'assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non puo' essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario ne' al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale; 8 giorni l'anno di permesso retribuito per la partecipazione agli esami, previsti dai CCNL di comparto; l'aspettativa per il conseguimento del dottorato di ricerca, accordata secondo la disciplina contenuta nell'art. 2 della l. n. 476 del 1984, come modificata dalla l. n. 240 del 2010 e dal d.lgs. n. 119 del 2011. Per quanto riguarda quest'ultimo congedo, si segnala che la disciplina e' stata modificata ad opera di due recenti provvedimenti normativi. In particolare, con la l. n. 240 del 2010 (c.d. legge Gelmini) e' stato previsto in maniera innovativa che il collocamento in aspettativa del dipendente avviene «compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione», accordando cosi' all'interessato una posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione e' subordinata alle esigenze di buon andamento. Inoltre, sempre al fine di non pregiudicare l'organizzazione e l'azione dell'amministrazione (soprattutto nell'attuale momento storico, caratterizzato da forti limitazioni all'acquisizione di nuove risorse umane) evitando anche di limitare la fruizione dell'aspettativa ad una ristretta cerchia di interessati, il diritto al congedo non e' riconosciuto a coloro che hanno gia' conseguito il titolo di dottore di ricerca e a coloro che sono stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico beneficiando del congedo senza aver poi conseguito il titolo. Con l'art. 5 del d.lgs. n. 119 del 2011 (attuativo della delega conferita al Governo con l'art. 23 della l. n. 183 del 2010 per il riordino della normativa in materia di congedi aspettative e permessi), e' stato poi chiarito che la ripetizione degli importi corrisposti al dipendente in aspettativa retribuita (nel caso in cui vi sia stata questa opzione da parte dell'interessato) e' dovuta solo se il dipendente cessa da qualsiasi rapporto di lavoro o di impiego con l'amministrazione pubblica, mentre nessuna ripetizione e' prevista nel caso di passaggio per mobilita' o vincita di concorso presso altra amministrazione. La motivazione di questa esplicita disciplina risiede nella consapevolezza del valore dell'accrescimento culturale e professionale che di regola consegue al dottorato, valore che non e' e non puo' essere limitato alla singola istituzione di appartenenza, ma e' riferito all'intero apparato pubblico che si arricchisce nel suo complesso di professionalita'. Lo stesso d.lgs. n. 119 ha poi chiarito esplicitamente che il nuovo regime dell'aspettativa per dottorato di ricerca riguarda anche il personale soggetto all'ambito applicativo del d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale era intervenuta la disciplina da parte dei CCNL di comparto. Per quanto riguarda la disciplina dei permessi retribuiti di 150 ore, il relativo regime e' contenuto nei CCNL e negli accordi collettivi (es.: art. 13 CCNL 16 maggio 2001 comparto ministeri, art. 9 CCNL 14 febbraio 2001 comparto enti pubblici non economici, art. 15 CCNL 14 settembre 2000 comparto regioni ed autonomie locali, art. 78 d.P.R. n. 782 del 1985 per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento militare), che stabiliscono la tipologia di corsi per i quali i permessi possono essere fruiti, le condizioni per la concessione e il contingente massimo di personale che puo' fruirne, con l'individuazione dei criteri di priorita' per il caso di domande eccedenti rispetto alla disponibilita' del contingente. In proposito, per rispondere ad alcuni quesiti in materia, con riferimento al personale c.d. di prestito, considerato che il limite percentuale e' individuato in base al personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascun ente all'inizio di ciascun anno e che la fruizione del permesso e l'esercizio dei diritti connessi produce effetti sull'organizzazione dell'attivita' di ufficio, la gestione dell'istituto spetta all'amministrazione presso cui il personale e' in comando. Giova inoltre rammentare che in base alle clausole negoziali, le ore di permesso possono essere utilizzate per la partecipazione alle attivita' didattiche o per sostenere gli esami che si svolgano durante l'orario di lavoro, mentre non spettano per l'attivita' di studio. Questo orientamento applicativo, oltre che dal tenore delle clausole, e' confermato dall'orientamento della giurisprudenza di legittimita' (Cass., Sez. lav. n. 10344/2008) e dell'ARAN. Un aspetto particolarmente discusso e' quello relativo alla possibilita' di fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle universita' telematiche. In proposito, anche alla luce di quanto precisato dall'ARAN in piu' di un'occasione, e' bene sottolineare che le clausole nel disciplinare le agevolazioni non contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti dalle universita' telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve intendersi di carattere generale, non rinvenendosi in astratto preclusioni alla fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle universita' telematiche. E' chiaro in ogni caso che tale fruizione deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalle clausole medesime, per cui essa risulta subordinata alla presentazione della documentazione relativa all'iscrizione e agli esami sostenuti, nonche' all'attestazione della partecipazione personale del dipendente alle lezioni. In quest'ultimo caso i dipendenti iscritti alle universita' telematiche dovranno certificare l'avvenuto collegamento all'universita' telematica durante l'orario di lavoro. Roma, 7 ottobre 2011 Il Ministro: Brunetta Registrato alla Corte dei conti il 15 dicembre 2011 Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 1, foglio n. 362
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