SENTENZA N. 44
ANNO 2008
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
- Franco
BILE Presidente
- Giovanni
Maria FLICK Giudice
- Francesco
AMIRANTE "
- Ugo
DE SIERVO "
- Paolo
MADDALENA "
- Alfio
FINOCCHIARO "
- Alfonso
QUARANTA "
- Franco
GALLO "
- Luigi
MAZZELLA "
- Gaetano
SILVESTRI "
- Maria
Rita SAULLE "
- Giuseppe
TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio
di legittimità costituzionale degli artt. 10, commi 9 e 10, e
dell'art. 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001,
n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES), promosso con ordinanza del 16 gennaio 2007 dal Tribunale di
Rossano nel procedimento civile vertente tra Umberto Novellis e la
Olearia Guinnicelli s.r.l. iscritta al n. 483 del registro ordinanze
2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.
26, prima serie speciale, dell'anno 2007.
Visti
l'atto di costituzione di Umberto Novellis nonché l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell'udienza pubblica del 29 gennaio 2008 il Giudice relatore Luigi
Mazzella;
uditi
gli avvocati Vittorio Angiolini e Amos Andreoni per Umberto Novellis e
l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in
fatto
1.
-
A seguito del ricorso proposto da Umberto Novellis nei confronti della
s.r.l. Olearia Guinnicelli -
alle cui dipendenze aveva prestato lavoro dal 1965 al 31 marzo 2002
con distinti contratti di lavoro a tempo determinato
-
al fine di ottenere la riassunzione in base all'art. 23, comma 2,
della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sull'organizzazione del
mercato del lavoro) -
il Tribunale di Rossano sollevava, con ordinanza del 17 maggio 2004,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 9 e 10, e
dell'art. 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001,
n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES), per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nella parte
in cui tali norme, abrogando la normativa previgente, non
riconoscevano più il diritto di precedenza nell'assunzione presso la
stessa azienda e con la medesima qualifica, a favore dei lavoratori
che avessero prestato attività lavorativa a carattere stagionale con
contratto a tempo determinato.
Precisava il rimettente che l'art. 23 della legge n. 56 del 1987 era
stato abrogato dall'art. 11, comma 1, del d. lgs. n. 368 del 2001, il
cui art. 10, commi 9 e 10, riservava ai contratti collettivi nazionali
di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi
l'individuazione del predetto diritto di precedenza; con la
conseguenza che, in difetto di tale previsione contrattuale, il
diritto vantato non era altrimenti operante.
Quanto
alla non manifesta infondatezza della questione, rilevava il Tribunale
di Rossano che il d.lgs. n.368 del 2001, avendo soppresso il diritto
di precedenza nell'attuare la delega conferita dalla legge 29 dicembre
2000, n. 422 (Disposizione per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – legge
comunitaria 2000), aveva violato la clausola di “non regresso”
(clausola 8) – contenuta nell'accordo quadro trasfuso nella direttiva
comunitaria e, quindi, inserita tra i principi direttivi della delega
(art. 2, comma 1, lettera f, della legge n. 422 del 2000) –
secondo cui «L'applicazione del presente accordo non costituisce
motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai
lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso».
2.
-
Costituendosi in giudizio, il ricorrente nel giudizio a quo,
dopo aver rilevato che le prescrizioni contenute nella citata
direttiva comunitaria, in quanto riprese nella legge delega,
vincolavano il legislatore delegato, rilevava che il tenore perentorio
della predetta clausola di “non regresso” comportava l'inderogabilità
in pejus della previgente normativa italiana da parte del
legislatore successivo, in sede di attuazione della direttiva, nella
parte riguardante il trattamento afferente alla generalità dei
lavoratori interessati. Il che si era verificato nel caso concreto
poiché l'art. 10 del d.lgs. n. 368 del 2001, applicabile alla
generalità dei lavori stagionali, era norma peggiorativa rispetto
all'art. 23, comma 2, della legge n. 56 del 1987, non più applicabile
ai medesimi lavoratori perché abrogato dall'art. 11, comma 1, del
d.lgs. n. 368 del 2001.
3.
-
Nell'intervenire in giudizio, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
sosteneva l'infondatezza della questione.
4.
-
Con ordinanza n. 252 del 2006 questa Corte restituiva gli atti al
rimettente al fine di consentirgli la soluzione del problema
interpretativo alla luce della sopravvenuta sentenza 22 novembre 2005,
nella causa C-144/04, Mangold, con la quale la Corte di giustizia
aveva precisato l'àmbito e la portata della clausola di non regresso.
5.-
Con ordinanza del 16 gennaio 2007, il Tribunale di Rossano ha
sollevato nuovamente la medesima questione di legittimità
costituzionale, sotto due profili: da una parte osservando che, non
essendovi nella direttiva comunitaria alcuna traccia della necessità
di vietare il diritto di precedenza nelle assunzioni, la soppressione
di tale diritto è frutto di una scelta del legislatore delegato,
compiuta al di fuori della delega, con violazione dell'art. 77, primo
comma, Cost.; dall'altra ravvisando un ulteriore profilo di violazione
dell'art. 76 Cost., con riferimento alla violazione della clausola di
“non regresso” contenuta nell'accordo quadro allegato alla citata
direttiva comunitaria, in ordine alla quale l'indicata sentenza della
Corte di giustizia rafforza i dubbi di illegittimità costituzionale
manifestati nella precedente ordinanza di rimessione.
6.
-
Si è costituito il ricorrente nel giudizio a quo osservando che
il diritto alla riassunzione involge il nucleo essenziale della
direttiva, sicché la rimozione di tale diritto realizza proprio quella
reformatio in pejus che la direttiva vuole evitare. Né
ricorrono valide ragioni giustificative della regressione.
7.
-
Nell'intervenire in giudizio, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
ha eccepito l'inammissibilità della questione, non avendo il
rimettente motivato in alcun modo in ordine alla rilevanza della
questione alla luce della sopravvenuta giurisprudenza della Corte di
giustizia.
Nel
merito – osserva l'Avvocatura generale – la questione è infondata:
premesso che il diritto di precedenza nell'assunzione presso la stessa
azienda non è stato soppresso, ma continua a sussistere, sia pure con
modalità rimesse all'autonomia collettiva, non si può sostenere che,
in virtù di una scelta arbitraria del legislatore delegato, sia stata
operata in forza della norma censurata una riduzione complessiva del
livello di tutela accordato ai lavoratori.
Secondo la
difesa erariale, tra i principi della delega fissati dall'art. 2 della
legge n. 422 del 2000, si colloca (lettera b) quello secondo
cui, «Per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli
settori interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le
occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse». Su questo
presupposto il legislatore delegato, nel dare attuazione alla
direttiva 1999/70/CE ha ritenuto di dover regolamentare ex novo
l'intera disciplina del lavoro a termine.
Sostiene, infine, l'Avvocatura generale che le due norme censurate non
comportano alcun peggioramento della tutela complessiva offerta ai
soggetti ivi individuati: da una parte, la devoluzione alla
contrattazione collettiva dell'individuazione dei casi in cui è
esercitabile un diritto di precedenza nell'assunzione si iscrive in un
trend normativo costante nell'evoluzione del diritto del
lavoro; dall'altra, l'introduzione del termine di un anno dalla
data di cessazione del rapporto entro cui il diritto di precedenza si
estingue, non aggiunge nulla di nuovo alla disciplina previgente,
poiché tale termine annuale doveva ritenersi seppur implicitamente
già operante. La prestazione del lavoro nel settore oleario ha
infatti in sé stesso natura stagionale, di tal che, se il lavoratore
non viene riassunto o non esercita il diritto alla riassunzione entro
un anno dall'ultimo rapporto, ciò significa che il lavoratore non ha
interesse a proseguire quel lavoro, oppure che l'attività aziendale si
è oggettivamente ridotta o del tutto esaurita.
In
prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria, ribadendo
le proprie difese.
Considerato
in diritto
Il
Tribunale di Rossano dubita – in riferimento agli articoli 76 e 77,
primo comma, della Costituzione
-
della legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 9 e 10, e
dell'art. 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001,
n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES), nella parte in cui subordinano il diritto di precedenza
nella assunzione presso la stessa azienda con la medesima qualifica
dei lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività
stagionali, a due condizioni prima inesistenti: la previsione di tale
diritto da parte della contrattazione collettiva nazionale
applicabile, e il mancato decorso di un anno dalla cessazione del
precedente rapporto.
In
particolare, l'art. 10 così dispone ai commi 9 e 10: «9. E' affidata
ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi, la individuazione di un diritto
di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la
medesima qualifica, esclusivamente a favore dei lavoratori che abbiano
prestato attività lavorativa, con contratto a tempo determinato per le
ipotesi già previste dall'articolo 23, comma 2, della legge 28
febbraio 1987, n. 56. I lavoratori assunti in base al suddetto diritto
di precedenza non concorrono a determinare la base di computo per il
calcolo della percentuale di riserva di cui all'articolo 25, comma 1,
della legge 23 luglio 1991, n. 223. 10. In ogni caso il diritto di
precedenza si estingue entro un anno dalla data di cessazione del
rapporto di lavoro ed il lavoratore può esercitarlo a condizione che
manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro
tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso».
L'art. 11,
a sua volta, dispone ai commi 1 e 2: «1. Dalla data in entrata in
vigore del presente decreto legislativo sono abrogate la legge 18
aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, l'articolo 8-bis
della legge 25 marzo 1983, n. 79, l'articolo 23 della legge 28
febbraio 1987, n. 56 nonché tutte le disposizioni di legge che sono
comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel
presente decreto legislativo. 2. In relazione agli effetti derivanti
dalla abrogazione delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole
dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi
dell'articolo 23 della citata legge n. 56 del 1987 e vigenti alla data
di entrata in vigore del presente decreto legislativo, manterranno, in
via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla
data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro».
Va
preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità della
questione sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato per non avere
il rimettente motivato sulla rilevanza della questione, in quanto
l'invocata giurisprudenza della Corte di giustizia, pronunziatasi in
ordine alla portata della cosiddetta “clausola di non regresso”, se
fosse applicabile alla fattispecie in esame, potrebbe realmente
incidere sulla legittimità delle norme censurate sotto il profilo
delle loro contrarietà ai principi enunciati dalla direttiva sopra
indicata
Nel
merito, la questione è fondata.
Il
rimettente attribuisce alle norme censurate l'effetto di un
peggioramento del trattamento riservato al ricorrente del giudizio
principale dalla disciplina precedente e ritiene che ciò comporti una
violazione della clausola di non regresso contenuta nella direttiva,
richiamata dalla delega (art. 76 Cost.). Inoltre, a suo giudizio, non
essendovi nella direttiva traccia della necessità di vietare il
diritto alle riassunzioni, la diversa disciplina del diritto di
precedenza è frutto di una scelta del legislatore delegato in assenza
totale di delega, con corrispondente violazione dell'art. 77, primo
comma, della Costituzione.
La Corte
ritiene che l'abrogazione – ad opera delle norme censurate – dell'art.
23, comma 2, della legge n. 56 del 1987 non rientri né nell'area di
operatività della direttiva comunitaria, definita dalla Corte di
giustizia con la sentenza 22 novembre 2005, nella causa C-144/04
Mangold, né nel perimetro tracciato dal legislatore delegante.
Con
riferimento al primo àmbito, detta sentenza ha sottolineato (punti da
40 a 43) che la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE è circoscritta
alla «prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una
successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».
Tale clausola pertanto non opera laddove, come nella specie, vi sia
una successione di contratti a termine alla quale non si riferisce
alcuna delle misure previste dalla direttiva medesima al fine di
prevenire quegli abusi (giustificazione del rinnovo; durata massima
totale dei contratti; numero massimo di contratti).
In altri
termini, la disciplina dettata dalle norme censurate, concernente i
lavori stagionali, non mira tanto a prevenire l'abusiva reiterazione
di più contratti di lavoro a tempo determinato, per favorire la
stabilizzazione del rapporto, ma è volta unicamente a tutelare i
lavoratori stagionali, regolando l'esercizio del diritto di precedenza
nella riassunzione presso la medesima azienda e con la medesima
qualifica. La disciplina censurata si colloca, quindi, al di fuori
della direttiva comunitaria.
Essa resta
anche al di fuori della delega conferita dalla legge 29 dicembre 2000,
n. 422 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – legge
comunitaria 2000), complessivamente considerata.
L'art. 1,
comma 1, di tale legge ha delegato, infatti, il Governo ad emanare «i
decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione
alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e
B.» e, per quanto concerne la direttiva 1999/70/CE relativa al
caso in esame non ha dettato – a differenza di altre ipotesi
-
specifici criteri o principi capaci di ampliare lo spazio di
intervento del legislatore delegato.
Sulla
base di quanto precede va dichiarata l'illegittimità costituzionale,
per violazione dell'art. 77, primo comma, Cost., dell'art. 10, commi 9
e 10, nonché dell'art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 2001, nella
parte in cui abroga l'art. 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987,
n. 56, in quanto emanati in assenza di delega.
Conseguentemente, il comma 2 dell'art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001,
il quale contiene una disposizione meramente transitoria, come tale
funzionalmente collegata al precedente comma, è anch'esso
costituzionalmente illegittimo.
per questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, commi 9 e 10, nonché
dell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.
368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro
sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES)
nella parte in cui abroga l'articolo 23, comma 2, della legge 28
febbraio 1987, n. 56 (Norme sull'organizzazione del mercato del
lavoro);
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2, del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, nella parte in cui detta la
disciplina transitoria in riferimento all'art. 23, comma 2, della
legge 28 febbraio 1987, n. 56.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 25 febbraio 2008.
F.to:
Franco BILE,
Presidente
Luigi MAZZELLA,
Redattore
Giuseppe DI
PAOLA, Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 4 marzo 2008.
Il Direttore
della Cancelleria
F.to: DI
PAOLA |