Consulta: convenzioni per i lavoratori socialmente utili
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 219/2005, ha dichiarato incostituzionali i commi 76 e 82, dell'art. 3, della Legge 350/2003, nella parte in cui escludono le Regioni dalla convenzione con lo Stato per le assunzioni dei lavoratori socialmente utili.
Qui in basso è riportata integralmente la sentenza n. 219/2005
SENTENZA N. 219
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso Quaranta "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 76, 77 e 82, della
legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promosso con
ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 24 febbraio 2004, depositato
in cancelleria il 4 marzo successivo ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi
2004.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi Manzi per
la Regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso depositato il 4 marzo 2004 e notificato il 24 febbraio 2004, la
Regione Emilia-Romagna ha impugnato – unitamente ad altre disposizioni – l'art.
3, commi 76, 77 e 82, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2004), per violazione degli artt. 117, 118 e 119, quarto comma, della
Costituzione.
In particolare, il comma 76 ha autorizzato il Ministro del lavoro, nel limite di
47,063 milioni di euro, a prorogare, limitatamente all'esercizio 2004, le
convenzioni stipulate direttamente con i Comuni, anche in deroga alla normativa
vigente relativa ai lavori socialmente utili, per lo svolgimento di attività di
questo tipo e per l'attuazione, nel limite complessivo di 20,937 milioni di
euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite sia a lavoratori
impiegati in tali attività in possesso di alcuni requisiti, sia ad altri
soggetti specificamente individuati. Il successivo comma 77 ha prorogato, in
presenza di queste convenzioni, al 31 dicembre 2004 il termine di cui all'art.
78, comma 2, alinea, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; e questo articolo, a
sua volta, prorogava al 30 giugno 2001 il termine previsto dall'art. 8, comma 3,
del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, come quello fino al quale i
costi dei lavori socialmente utili erano, in tutto o in parte, a carico del
Fondo per l'occupazione. Infine il comma 82 ha autorizzato il Ministero del
lavoro a stipulare direttamente con i Comuni nuove convenzioni, nel limite di un
milione di euro e per il solo esercizio 2004, per lo svolgimento di attività
socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro
riferite a lavoratori impegnati in queste attività, in possesso di alcuni
requisiti.
Secondo la ricorrente, le norme impugnate violano gli artt. 117, terzo comma, e
118 della Costituzione, in quanto – nella materia della "tutela del lavoro",
attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni –
attribuiscono al Ministero del lavoro la funzione amministrativa di prorogare le
vecchie convenzioni e di stipularne di nuove, in difetto di esigenze unitarie e
senza alcuna intesa con le Regioni. A suo avviso, già prima della riforma
costituzionale del 2001, il d.1gs. 1° dicembre 1997, n. 469, aveva conferito
alle Regioni e agli enti locali "funzioni e compiti relativi al collocamento e
alle politiche attive del lavoro", ed in particolare aveva attribuito alle
Regioni compiti di "indirizzo, programmazione e verifica dei lavori socialmente
utili ai sensi delle normative in materia" (art. 2, comma l, lettera f). A
maggior ragione, nel contesto del nuovo Titolo V della seconda Parte della
Costituzione, la legge statale deve, in materia di tutela del lavoro, limitarsi
alla statuizione dei principi fondamentali.
Inoltre – secondo la ricorrente – la gestione della "politica attiva del lavoro"
rientra nella competenza legislativa regionale, e allo Stato compete solo di
finanziare "integralmente" le funzioni regionali (art. 119, quarto comma, della
Costituzione), non certo di impegnare direttamente risorse per esercitare
compiti ad esso non spettanti.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito deducendo
l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso e riservandosi di
depositare memoria per l'udienza. In tale memoria ha ricordato i precedenti
immediati delle norme impugnate e sostenuto che esse prevedono in sostanza
interventi speciali riconducibili all'art. 119, quinto comma, della Costituzione
a favore di determinati Comuni e dei lavoratori ivi residenti addetti ad
attività socialmente utili.
3. – Anche la Regione ricorrente ha depositato una memoria, nella quale
ribadisce le argomentazioni svolte nel ricorso, insistendo per il suo
accoglimento.
Considerato in diritto
1. – La questione posta dalla Regione ricorrente – nel contesto di una pluralità
di altre questioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2004), che la Corte decide con separate pronunzie – è se i commi 76, 77 e 82
dell'art. 3 della medesima legge, recanti norme in tema di convenzioni stipulate
dal Ministro del lavoro direttamente con i Comuni per lo svolgimento di attività
socialmente utili e per l'attuazione di misure volte all'impiego e alla
stabilizzazione occupazionale dei soggetti utilizzati in tali attività, violino
gli artt. 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo dell'incidenza su
materie di competenza legislativa regionale e dell'attribuzione di funzioni
amministrative al Ministero del lavoro, in difetto di esigenze unitarie e senza
intesa con le Regioni; nonché l'art. 119, quarto comma, della Costituzione,
sotto il profilo del finanziamento statale di specifiche funzioni regionali.
2. – Il ricorso è fondato, nei limiti appresso indicati.
3. – Inizialmente il finanziamento dei lavori socialmente utili è stato previsto
a carico del Fondo per l'occupazione (decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito in legge 19 luglio 1993, n. 236). In particolare l'art. 14 del d. l.
16 maggio 1994, n. 299, convertito in legge 19 luglio 1994, n. 451, ha stabilito
(comma 7) che i relativi progetti sono finanziati dal Fondo nei limiti delle
risorse preordinate allo scopo, e ha demandato (comma 9) al Ministro del lavoro
la ripartizione di tali risorse <<su base regionale in funzione della gravità
degli squilibri dei mercati locali del lavoro>>.
Successivamente, il decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 – nel quadro di
una revisione organica della materia – ha modificato il criterio di ripartizione
in senso proporzionale al numero dei disoccupati o soggetti in cerca di prima
occupazione, rilevato dall'ISTAT nell'anno precedente in ciascuna Regione, ed ha
previsto che la ripartizione sia effettuata dal Ministro d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni (art. 11, comma 1).
Di recente, l'art. 8, comma 1, del d. lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, recante
integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, ha
ulteriormente modificato il criterio di ripartizione, ancorandolo alle somme
erogate dall'INPS nel corso del 1999 per assegni e sussidi ai soggetti impegnati
in lavori socialmente utili per progetti di competenza regionale.
La medesima disposizione ha previsto poi che nel 2000 – sulla base di apposite
convenzioni tra Ministero del lavoro e Regioni interessate, sentiti gli enti
locali – le risorse in questione possono essere impiegate per lo svolgimento di
misure di politiche attive per l'impiego e la stabilizzazione occupazionale dei
soggetti utilizzati in lavori socialmente utili.
L'art. 8 ha poi previsto al comma 2 – per “situazioni straordinarie” di Regioni
con problemi occupazionali più acuti, che non consentano programmi definitivi di
stabilizzazione – la possibilità di accordi trilaterali tra Ministero, Regione
interessata ed ente utilizzatore dei lavoratori, quale può essere il Comune. In
seguito, l'art. 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante la
legge finanziaria per il 2001, ha recuperato anche per questi casi lo strumento
della convenzione bilaterale tra Ministero e singola Regione, escludendo gli
utilizzatori.
3.1. – Dopo la revisione del Titolo V della seconda Parte della Costituzione
(legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il legislatore statale ha
ripetutamente previsto finanziamenti di specifici programmi di lavori
socialmente utili, mediante convenzioni dirette fra Stato e Comune interessato,
senza il tramite della Regione.
In particolare, l'art. 41 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante la legge
finanziaria per il 2003, ha autorizzato il Ministro del lavoro a prorogare per
il 2003 le convenzioni di questo tipo stipulate <<anche in deroga alla normativa
vigente relativa ai lavori socialmente utili>> (tale normativa prevedeva infatti
il diverso modulo della convenzione fra Stato e Regione), ed ha nel contempo
provveduto al relativo rifinanziamento.
3.2. – Le norme impugnate si collocano nella stessa prospettiva.
Il comma 76 dell'art. 3 della legge finanziaria per il 2004 autorizza il
Ministro del lavoro a prorogare per il 2004, rifinanziandole, le convenzioni già
stipulate con i Comuni, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai
lavori socialmente utili, per lo svolgimento di attività di questo tipo e per
l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro in favore dei soggetti in
esse utilizzati.
Il comma 77 completa questa disciplina, prorogando al 31 dicembre 2004, in
presenza di tali convenzioni, il termine previsto dalla legislazione previgente
come limite temporale entro il quale i costi dei lavori socialmente utili erano,
in tutto o in parte, a carico del Fondo per l'occupazione.
Il comma 82 autorizza poi il Ministero a stipulare nel 2004 direttamente con i
Comuni nuove convenzioni (e contestualmente le finanzia) <<per lo svolgimento di
attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del
lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili>>; al
riguardo un successivo atto amministrativo di carattere generale ha apprestato
un procedimento selettivo, all'esito del quale è stata approvata una graduatoria
di Comuni destinatari dei fìnanziamenti.
Di recente, questa tendenza legislativa è stata ripresa dalla legge 30 dicembre
2004, n. 311, legge finanziaria per il 2005: i commi 262 e 263 dell'art. 1 hanno
esteso al 2005 la disciplina posta, rispettivamente, dagli impugnati commi 76 e
82 della legge finanziaria del 2004; ed il comma 264 ha assicurato il relativo
rifinanziamento.
4. – La disciplina dei lavori socialmente utili – concernendo la tutela del
lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti
intersoggettivi di prestazione di attività – si colloca all'incrocio di varie
competenze legislative, di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 117
della Costituzione.
Essa infatti, in quanto mira ad agevolare l'accesso all'occupazione, attiene in
senso lato al collocamento, e quindi si inscrive nella tutela del lavoro
attribuita dal terzo comma dell'art. 117 della Costituzione alla competenza
concorrente dello Stato e delle Regioni. Al riguardo la sentenza di questa Corte
n. 50 del 2005 ha affermato che <<quale che sia il completo contenuto che debba
riconoscersi alla materia “tutela e sicurezza del lavoro” non si dubita che in
essa rientri la disciplina dei servizi per l'impiego ed in specie quella del
collocamento>>.
La normativa in esame tende del resto ad alleviare le difficoltà di inserimento
nel mondo del lavoro e a fronteggiare situazioni di bisogno conseguenti alla
perdita dell'occupazione, prevedendo la corresponsione ai soggetti impiegati in
lavori socialmente utili di somme di danaro (prima "sussidio": art. 14, comma 4,
del d.l. n. 299 del 1994; poi "assegno": art. 8, comma 3, del d. lgs. n. 468 del
1997), che ben possono essere accostate, sotto il profilo della natura latamente
previdenziale, all'indennità di disoccupazione o di mobilità o al trattamento di
integrazione salariale. E pertanto essa evoca sia la materia delle politiche
sociali, di sicuro compresa nella competenza regionale residuale di cui al
quarto comma dell'art. 117 (sentenza n. 427 del 2004), sia quella della
“previdenza sociale”, attribuita invece alla competenza esclusiva dello Stato
dal secondo comma, lettera o), dello stesso articolo.
Infine la competenza residuale regionale è coinvolta pure sotto l'ulteriore
profilo della “formazione professionale” dei soggetti assegnati a lavori
socialmente utili, nella misura in cui siffatta assegnazione persegua anche
finalità formative (cfr. art. 14, comma 2, del d.l. n. 299 del 1994).
5. – Per le ipotesi in cui ricorra una “concorrenza di competenze”, la
Costituzione non prevede espressamente un criterio di composizione delle
interferenze. In tal caso – ove, come nella specie, non possa ravvisarsi la
sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda
dominante la relativa competenza legislativa – si deve ricorrere al canone della
“leale collaborazione”, che impone alla legge statale di predisporre adeguati
strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze
(sentenza n. 50 del 2005).
Così non ha fatto la normativa censurata. Infatti, mentre prima della revisione
costituzionale del 2001 la legislazione in materia di lavori socialmente utili
prevedeva convenzioni tra Stato e Regione interessata, dopo la riforma, e quindi
in un contesto di accresciute competenze legislative regionali, le disposizioni
in esame (in particolare i commi 76 e 82 dell'art. 3 della legge n. 350 del
2003) ammettono solo convenzioni stipulate dallo Stato direttamente con i Comuni
ed escludono del tutto le Regioni.
6. – Le argomentazioni formulate dall'Avvocatura dello Stato a sostegno della
tesi dell'infondatezza della questione di legittimità costituzionale non sono
fondate.
In primo luogo, essa invoca il principio di sussidiarietà di cui all'art. 118
della Costituzione, nella lettura che ne ha dato questa Corte con la sentenza n.
303 del 2003.
Tale decisione ritiene che non si possano <<svalutare oltremisura istanze
unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo
istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale
ripartizione di competenze>>; ed afferma che <<quando l'istanza di esercizio
unitario trascende anche l'ambito regionale, la funzione amministrativa può
essere esercitata dallo Stato>> secondo regole poste dalla legge statale. Ma le
funzioni amministrative relative all'assegnazione di soggetti a lavori
socialmente utili ed alla loro stabilizzazione – lungi dal trascendere l'ambito
regionale – si collegano al contrario ad esigenze decisamente locali, di
dimensioni addirittura comunali.
7. – In secondo luogo, l'Avvocatura dello Stato richiama il quinto comma
dell'art. 119 della Costituzione, in base al quale lo Stato può destinare
“risorse aggiuntive” ed effettuare “interventi speciali” in favore (anche) di
“determinati Comuni”.
Ma la normativa in esame non si riferisce a particolari Comuni nel cui
territorio specifiche situazioni di disagio sociale suggeriscano il
finanziamento di lavori socialmente utili. Essa invece – attraverso il combinato
disposto dei tre commi censurati – utilizza in una manovra unitaria sia le
proroghe delle convenzioni già stipulate dallo Stato con i Comuni, sia
l'autorizzazione alla stipula di nuove convenzioni dello stesso tipo, per
instaurare un sistema generale di finanziamento, cui potenzialmente tutti
indistintamente i Comuni italiani possano accedere nel 2004 (peraltro il sistema
è già stato esteso al 2005 dalla legge n. 311 del 2004: cfr. supra, n. 3.1.).
8. – In conclusione, i commi 76 e 82 dell'art. 3 della legge n. 350 del 2003 –
in quanto prevedono convenzioni stipulate dallo Stato direttamente con i Comuni
per il finanziamento statale di attività rientranti (anche) in materie di
competenza legislativa regionale – contrastano con i parametri costituzionali
evocati e devono quindi essere dichiarati costituzionalmente illegittimi nella
parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale
collaborazione fra Stato e Regioni. A tal fine l'individuazione della tipologia
più congrua compete alla discrezionalità del legislatore, il quale peraltro –
nelle varie fasi dell'evoluzione normativa prima ricordata – ha già fatto
ricorso sia alla previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti
Stato-Regioni, sia alla convenzione fra Stato e Regione interessata.
L'accertata esistenza di tale vizio di incostituzionalità determina
l'assorbimento degli altri profili di censura formulati dalla ricorrente.
Quanto al comma 77 dello stesso art. 3, che completa la disciplina del comma 76
prorogando il termine di cui all'art. 78, comma 2, della legge n. 388 del 2000,
esso – letto in riferimento al medesimo comma 76, così come risulta dalla
presente decisione di parziale incostituzionalità – non attenta di per sé alle
prerogative regionali, onde nei suoi riguardi la questione di legittimità
costituzionale deve essere dichiarata non fondata.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2004), sollevate dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso in
epigrafe:
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dei commi 76 e 82 dell'art. 3 della
legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), nella parte in cui
non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra
Stato e Regioni;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del comma 77
dell'art. 3 della medesima legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 6 giugno 2005.
F.to:
Fernanda CONTRI, Presidente
Franco BILE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2005.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - www.dplmodena.it