Corte Costituzionale: congedo con indennizzo per il coniuge disabile

 

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 18 aprile 2007 ha affermato la incostituzionalità dell’art. 42, comma 5, del D. L.vo n. 151/2001 nella parte in cui non prevede, in via prioritaria, il diritto del coniuge al congedo indennizzato per l’assistenza dell’altro coniuge convivente portatore di grave handicap.

 

SENTENZA N. 158

ANNO 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco          BILE      Presidente

- Giovanni Maria  FLICK       Giudice

- Francesco       AMIRANTE       "

- Ugo               DE SIERVO        "

- Romano            VACCARELLA       "

- Paolo           MADDALENA      "

- Alfio           FINOCCHIARO    "

- Alfonso         QUARANTA       "

- Franco          GALLO          "

- Luigi           MAZZELLA       "

- Gaetano         SILVESTRI      "

- Sabino          CASSESE        "

- Maria Rita      SAULLE         "

- Giuseppe        TESAURO        "

- Paolo Maria     NAPOLITANO     "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso con ordinanza del 10 luglio 2006 dal Tribunale di Cuneo sul ricorso proposto da I.C. contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, iscritta al n. 544 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2006.

    Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.


 

Ritenuto in fatto

    1.- Il Tribunale di Cuneo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 10 luglio 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede il diritto del coniuge di soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato».

    1.1.- Il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che oggetto del giudizio a quo è una controversia di lavoro promossa da un dipendente di un istituto di istruzione superiore, con contratto a tempo determinato, nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per ottenere il riconoscimento del diritto al congedo straordinario retribuito previsto dall'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, motivato dalla necessità di assistere la moglie in situazione di disabilità grave ai sensi dell'art. 3, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

    Riferisce, in particolare, il rimettente che la domanda di congedo in questione è stata respinta dall'amministrazione dell'istituto ove il ricorrente presta servizio, sulla considerazione che il citato art. 42, comma 5, non include il coniuge del disabile nel novero degli aventi diritto a tale tipo di beneficio. E ciò, nonostante che, nel caso di specie, il ricorrente risulti essere l'unico soggetto in grado di assistere la moglie posto che del nucleo familiare fanno parte due figlie minori e che la famiglia di origine della donna non risulta in grado di prestarle alcun tipo di assistenza, essendo il padre deceduto, la madre invalida al 74 per cento, e l'unica sorella non convivente impegnata ad attendere alle incombenze della propria famiglia.

    2.- In punto di diritto, il giudice a quo osserva che la ratio legis del congedo straordinario retribuito e coperto da contribuzione figurativa non risiederebbe nella sola tutela della maternità e della paternità perseguita dal d.lgs. n. 151 del 2001 ove è contemplata, oggi, la relativa disposizione (art. 42, comma 5), ma si inscriverebbe nel più ampio disegno di tutela della salute psico-fisica del disabile prefigurato dalla legge 8 marzo del 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), ove detta previsione era, in origine, collocata (art. 4, comma 4-bis), accanto a quella relativa al congedo non retribuito (art. 4, comma 2), quest'ultimo spettante anche al coniuge del disabile.

    Tale previsione si collocherebbe, anzi, secondo il rimettente, nel contesto della normativa a tutela dei disabili e, più specificatamente, della legge n. 104 del 1992, la quale avrebbe «come finalità la garanzia del pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia della persona handicappata, la promozione della piena integrazione del disabile nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società», predisponendo in suo favore servizi e prestazioni diretti alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle minorazioni, nonché alla sua tutela giuridica ed economica.

    2.1.- A sostegno della correttezza dell'inquadramento giuridico dell'istituto suddetto, il giudice a quo richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 233 del 2005, con la quale l'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, è stato definito norma diretta «a favorire l'assistenza al soggetto con handicap grave mediante la previsione del diritto ad un congedo straordinario – rimunerato in misura corrispondente all'ultima retribuzione e coperto da contribuzione figurativa – che, all'evidente fine di assicurare continuità nelle cure e nell'assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli alla salute psico-fisica del soggetto diversamente abile, è riconosciuto non solo in capo alla lavoratrice madre o in alternativa al lavoratore padre ma anche, dopo la scomparsa, a favore di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi».

    Sotto altro profilo, sottolinea ancora il rimettente, la medesima pronuncia avrebbe evidenziato che i fattori di recupero e di superamento dell'emarginazione dei «soggetti deboli» sarebbero rappresentati non solo dalle pratiche di cura e di riabilitazione, ma anche dal pieno ed effettivo loro inserimento nella famiglia, considerato il fondamentale ruolo da questa svolto nella cura e nell'assistenza dei disabili, rispetto al quale l'istituto del congedo straordinario retribuito si porrebbe quale specifico intervento economico integrativo di sostegno.

    2.2.- Alla luce di tali considerazioni, ad avviso del rimettente, risulterebbe costituzionalmente illegittima l'esclusione del coniuge del disabile in situazione di gravità dal novero dei soggetti beneficiari del congedo in questione (genitori, o, in caso di loro scomparsa o totale inabilità, fratelli o sorelle conviventi del disabile), per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione.

    2.3.- In primo luogo, con specifico riferimento alla dedotta lesione dell'art. 29 Cost., il giudice rimettente osserva che il mancato riconoscimento del diritto al congedo straordinario retribuito al coniuge del disabile in condizione di gravità determinerebbe un'ingiustificata minore tutela del nucleo familiare proprio nei casi in cui sarebbe più forte l'esigenza di garantire che il lavoratore conservasse la medesima retribuzione nel periodo destinato all'assistenza del consorte. É, infatti, verosimile che in tali casi – come nella fattispecie oggetto del giudizio a quo – il coniuge abile sia l'unico in grado di garantire il mantenimento economico, oltre che del consorte che necessita di assistenza continuativa, anche degli altri membri della famiglia.

    2.4.- In secondo luogo, l'attuale disciplina riserverebbe irragionevolmente un trattamento deteriore al coniuge del disabile che versi in situazione di gravità rispetto a quello assicurato al genitore, o, in caso di sua impossibilità, ai fratelli e alle sorelle del disabile, in relazione alla possibilità di adempiere ai doveri di assistenza e di cura del proprio consorte (di cui all'art. 2 della Costituzione), in quanto detto coniuge sarebbe posto di fronte all'alternativa fra prestare assistenza a quest'ultimo, fruendo del congedo senza alcuna retribuzione previsto dall'art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000 , ovvero continuare a lavorare per assicurare allo stesso, nei limiti delle proprie capacità, i mezzi economici di sostentamento e le cure adeguate, mentre gli sarebbe negata ogni possibilità di intervento ai fini dell'assistenza morale.

    2.5.- In terzo luogo, l'esclusione del coniuge del disabile dalla fruizione del congedo straordinario retribuito determinerebbe anche una tutela del disabile nell'esercizio del diritto alla cura e alla salute minore rispetto a quella assicurata al disabile assistito dai genitori o, in loro mancanza, dai fratelli conviventi.

    3.- In punto di rilevanza, il rimettente afferma che nel giudizio a quo il rifiuto dell'amministrazione dell'istituto scolastico di riconoscere il congedo straordinario retribuito al ricorrente si fonda unicamente sulla «attuale portata della norma» e sulla «limitata sfera applicativa della stessa», cosicché l'eventuale accoglimento della questione sollevata «consentirebbe al ricorrente di beneficiare del congedo da lui richiesto».


 

Considerato in diritto

    1.- Il Tribunale di Cuneo, in funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede il diritto del coniuge di soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato», per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione.

    Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata, riconoscendo il diritto al congedo straordinario retribuito esclusivamente ai genitori della persona in situazione di disabilità grave o, in alternativa, in caso di loro scomparsa o impossibilità – dopo la sentenza n. 233 del 2005 di questa Corte – ai fratelli e alle sorelle con essa conviventi, determinerebbe un ingiustificato trattamento deteriore di un soggetto, il coniuge, tenuto ai medesimi obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del consorte disabile. La disposizione denunciata, al contempo, riserverebbe irragionevolmente una minor tutela sia al nucleo familiare del disabile, rispetto a quella riservata alla sua famiglia di origine, sia al diritto alla salute dello stesso, la cui realizzazione è assicurata anche attraverso il sostegno economico della famiglia che lo assiste.

    2.- La questione è fondata.

    2.1.- Ai fini del corretto inquadramento del dubbio di legittimità sollevato, occorre, preliminarmente, evidenziare la ratio legis dell'istituto del congedo straordinario retribuito, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative che lo hanno caratterizzato.

    2.2.- L'istituto in esame era stato originariamente contemplato dall'art. 4, comma 4-bis, della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), finalizzato alla disciplina dei “congedi per eventi e cause particolari”. Lo stesso istituto è stato successivamente regolato dall'art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, contenente “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”, che ne ha ampliato i contenuti, accrescendo significativamente il numero e la qualità delle forme di tutela esistenti. In effetti, sulla base del combinato disposto delle due norme sopra citate, si è attribuita la possibilità di fruire di un congedo di durata analoga a quello previsto per gravi motivi familiari – assistito dal diritto di percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa – ai lavoratori dipendenti pubblici e privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni; disabilità accertata con le forme previste dagli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

    Detto beneficio spettava, alle medesime condizioni ed in via alternativa, anche ai fratelli o alle sorelle conviventi con il disabile in caso di «scomparsa» dei genitori.

    Sin dal momento della sua introduzione, dunque, l'istituto in questione mirava a garantire l'assistenza della persona con handicap grave già in atto, pur limitando l'ambito di operatività del beneficio ai componenti (genitori e, in caso di loro scomparsa, fratelli o sorelle) della sola famiglia di origine del disabile.

    A seguito dell'emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l'istituto del congedo straordinario fu collocato al comma 5 dell'art. 42 con la rubrica «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con modifica operata dall'art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”, riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.

    2.3.- Questa Corte ha già operato un primo vaglio dell'istituto del congedo straordinario, come delineato a seguito delle richiamate vicende normative, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva «il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili» (sentenza n. 233 del 2005).

    In tale occasione, si è sottolineato che il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell'assistenza della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia.

    Risulta, pertanto, evidente che l'interesse primario cui è preposta la norma in questione ancorché sistematicamente collocata nell'ambito di un corpo normativo in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall'età e dalla condizione di figlio dell'assistito.

    2.4.- Sotto altro profilo, questa Corte ha più volte evidenziato la centralità del ruolo della famiglia nella assistenza del disabile e, in particolare, nel soddisfacimento dell'esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia (si veda, fra le altre, la sentenza n. 350 del 2003).

    2.5.- Alla luce delle premesse sopra svolte, la norma censurata concernente il trattamento riservato al lavoratore, coniugato con un disabile in situazione di gravità e con questo convivente, omette di considerare, in violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione» secondo quanto previsto dall'art. 3 della legge n. 104 del 1992 che si siano realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, così realizzando un inammissibile impedimento all'effettività della assistenza e della integrazione del disabile nell'ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l'istituto in questione è deputato a soddisfare.

    La norma censurata, infatti, esclude attualmente dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi, sulla base del vincolo matrimoniale ed in conformità dell'ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto (art. 433 cod. civ.) all'adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte; obblighi che l'ordinamento fa derivare dal matrimonio.

    Ciò implica, come risultato, un trattamento deteriore del coniuge del disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine.

    2.6.- Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile «in situazione di gravità», con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con «soggetto con handicap in situazione di gravità», il diritto a fruire del congedo ivi indicato.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2007.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA

 

 

 

 

 

  Invia

 

Stampa

 

Salva

 

Contatti

 

 Chiudi

 

 

Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - www.dplmodena.it