Trib. Milano: somministrazione a termine e causale
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 10
aprile 2007, decidendo sulla validità di un contratto di somministrazione a
termine stipulato “per la copertura di assenze non programmabili e di assenze di
carattere strutturale”, ha stabilito alcuni principi che possono così
evidenziarsi:
a) “il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto,
per quanto compatibile, alla disciplina del
D. L.vo n. 368/2001”,
con la conseguenza che occorre dimostrare le ragioni tecnico, produttive ed
organizzative in base alle quali si ricorre ad un contratto a tempo determinato.
Ciò è importante per il lavoratore in quanto si tratta di elementi
indispensabili per “verificare se la causa indicata giustifichi una determinata
durata o una durata diversa”;
b) la causale riportata nel contratto appare contraddittoria in quanto “la
copertura di assenze non programmabili è una causale completamente diversa dalla
copertura di assenze a carattere strutturale e si pone in contrasto con la
previsione del D. L.vo n.
368/2001 per il quale è necessario collegare il termine a un fatto
determinato e non ad una pluralità di causali diverse”;
c) “entrambi le causali non sono collegabili ad una situazione transitoria e,
quindi, non giustificano l’utilizzazione a tempo determinato: ciò, soprattutto,
per la causale della copertura di assenze a carattere strutturale, che
costituisce la stessa negazione della necessità di un lavoratore a tempo
determinato, dovendo invece farsi ricorso ad un lavoratore che vada a coprire
stabilmente carenze definite confessoriamente strutturali”.
In base a tali principi il Tribunale di Milano ha ritenuto irregolare il
contratto di somministrazione ed ha imputato il rapporto in capo al datore di
lavoro che ha utilizzato la prestazione, sottolineando che carenze di natura
strutturale non possono essere coperte da contratti a termine, la cui
motivazione deve essere oggettiva ed a carattere temporaneo. Il Tribunale di
Milano si è, altresì, richiamato ai principi espressi dalla Corte di Cassazione
con la sentenza n.
22910/2006.
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