SENTENZA N. 46
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE
SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita
SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,
Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 80, 131, 132 e
137 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.
1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso
dal Tribunale di Brescia nel procedimento vertente tra L. B. e l’INAIL
con ordinanza del 30 dicembre 2008, iscritta al n. 97 del registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di L. B. e dell’INAIL nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 12 gennaio 2010 il Giudice relatore
Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato Luigi La Peccerella per l’INAIL e l’avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ( L.B., dipendente addetto ad una cava di marmo, già titolare di
rendita per ipoacusia professionale decorrente dal 28 novembre 1978,
conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Brescia, l’INAIL per
ottenere il riconoscimento di un maggiore grado di inabilità (rispetto
al 37% già riconosciutogli dall’Istituto).
Il predetto ricorrente aveva continuato l’attività lavorativa “….
senza che fossero mutate le condizioni ambientali, tempi e modalità di
svolgimento della prestazione”.
Acquisita nuova consulenza tecnica, il Tribunale adìto accertava un
peggioramento delle condizioni fisiche del ricorrente nella misura del
41% nel 2003 e del 44% nel 2008.
L’Istituto convenuto eccepiva l’inammissibilità della domanda per
decorso (dal 28 novembre 1978 alla domanda amministrativa di nuova
revisione) del quindicennio previsto dall’art. 137 del d.P.R. 30
giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali).
Considerato che tale aggravamento, in forza della presunzione iuris
et de iure di stabilizzazione dei postumi, di cui all’art. 137,
non può essere sempre e tutto imputato alla patologia già indennizzata
e che il ricorrente aveva cessato l’attività lavorativa nel 2002, il
rimettente dubita della legittimità costituzionale degli artt. 80,
131, 132 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965, in riferimento agli artt.
3, 32 e 38 della Costituzione, nella parte in cui pongono un limite
temporale alla rilevanza delle variazioni delle condizioni fisiche
dell’assicurato anche nel caso in cui, non mutando le condizioni
ambientali, i tempi e le modalità di svolgimento della prestazione
lavorativa, l’aggravamento della malattia professionale dipenda dal
protrarsi dell’esposizione al rischio morbigeno.
Secondo il rimettente, l’aspetto che viene in considerazione non
concerne l’evoluzione della patologia, causata dal fattore morbigeno
accertato e valutato dall’Istituto assicuratore, ma la concorrenza con
il primo di altro fattore costituito dalla prosecuzione
dell’esposizione lavorativa al medesimo rischio morbigeno. In questa
situazione non sarebbe manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale delle norme sopra indicate, nella parte in
cui escludono la rilevanza ai fini assicurativi di fattori espositivi
al rischio ai fini dell’aggravamento della malattia professionale
indennizzabile, rispetto agli artt. 3, 32 e 38 Cost.
Secondo la lettura che ne dà il rimettente, l’art. 80, escludendo in
radice la possibilità di una revisione per l’unica patologia, pur se
aggravata da una sopravvenuta esposizione lavorativa rispetto al tempo
dell’accertamento in sede amministrativa, una volta decorso il
quindicennio previsto dall’art. 137, collega il limite temporale
all’unica malattia professionale e lo àncora all’eziologia
professionale originaria. In questa maniera, esso limita in modo
irrazionale il diritto alla revisione.
L’INAIL ha eccepito l’inammissibilità della questione relativa agli
artt. 80, 131 e 132 del d.P.R. n. 1124 del 1965 che disciplinano
fattispecie diverse da quelle del caso oggetto del giudizio a quo.
Rispetto, invece, all’art. 137 l’Istituto assicuratore sostiene
l’infondatezza della questione, affermando che la scelta del
legislatore è fondata su rilievi di natura sanitaria e
statistico-epidemiologica che dimostrano come, nel maggior numero dei
casi, una patologia manifestatasi con una incidenza tale da
determinare il superamento della soglia minima indennizzabile in
rendita esaurisca il suo processo evolutivo nell’arco di 15 anni.
2. ( Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per il
tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, sostiene che l’ordinanza
di rimessione è priva della necessaria “autosufficienza”, non
apparendo chiaro se il superiore livello di ipoacusia accertato nel
2008 sia dovuto ad aggravamento della malattia iniziale, ovvero
all’esposizione ulteriore al rumore, per il periodo posteriore al 23
novembre 1978. Né è chiaro se trattasi di peggioramento derivato dalla
originaria malattia professionale che ha dato luogo alla liquidazione
della rendita, oppure di sintomatologia aggiuntiva della malattia
professionale derivante dalla ulteriore esposizione del lavoratore al
medesimo rischio.
Considerato in diritto
1. ( Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale – in
riferimento agli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione – degli artt. 80,
131, 132 e 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali), “nella parte in cui escludono la
rilevanza, ai fini assicurativi, di fattori espositivi al rischio di
aggravamento della malattia professionale successivi al momento di
accertamento della malattia professionale indennizzabile” (così,
testualmente l’ordinanza di rimessione).
1.1. ( Le norme censurate disciplinano, da un lato, la fattispecie che
si verifica quando un lavoratore, già titolare di rendita per
infortunio sul lavoro o malattia professionale sia colpito da nuovo
infortunio o contragga nuova malattia (artt. 80, 131 e 132), e,
dall’altro, il caso in cui l’invalidità dipendente dall’infortunio o
dalla malattia per i quali sia stata costituita la rendita INAIL, si
aggravi o migliori nel corso del tempo (art. 137).
Con riferimento alla prima ipotesi l’art. 80 del d.P.R. n. 1124 del
1965 dispone (con specifico riguardo al titolare di rendita per
infortunio, ma il precetto, ai sensi degli artt. 131 e 132, è
applicabile anche al titolare di rendita per malattia professionale)
che, in caso di nuovo infortunio o nuova malattia professionale, si
proceda alla costituzione di una unica rendita sulla base del grado
complessivo di inabilità.
Diversa è l’ipotesi in cui, successivamente alla costituzione della
rendita, l’inabilità originaria subisca aggravamenti o miglioramenti.
In questo caso è possibile per l’assicurato chiedere l’aumento della
rendita e, rispettivamente, per l’Inail disporne la riduzione, ma
entro determinati limiti temporali massimi. Precisamente, la rendita
non può più essere revisionata dopo dieci anni dalla sua costituzione,
se si tratta di infortunio (art. 83), ovvero dopo quindici anni, in
caso di malattia (art. 137).
2. ( Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito
preliminarmente l’inammissibilità della questione per difetto di
autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, la quale non chiarisce
se il maggior livello di ipoacusia lamentata dal ricorrente nel
giudizio principale sia dovuto all’aggravamento dell’iniziale malattia
o all’ulteriore esposizione al rumore.
L’eccezione non è fondata.
Infatti nell’ordinanza di rimessione si afferma che, dopo la scadenza
del quindicennio dalla costituzione della rendita, si è verificato un
aggravamento dell’inabilità conseguente all’ipoacusia professionale e
che il lavoratore ha continuato, successivamente alla costituzione
della rendita, ad essere esposto al medesimo rischio professionale da
rumore.
Risulta dunque chiaramente che, secondo il rimettente, l’aggravamento
riscontrato in corso di causa ai danni dell’assicurato è dipeso dal
fatto che, dopo il decorso del quindicennio, l’assicurato medesimo ha
continuato ad essere esposto allo stesso rischio patogeno che aveva
comportato, a suo tempo, l’insorgenza della malattia e la costituzione
della relativa rendita.
3. ( Nel merito, la questione relativa agli artt. 80 e 131 del d.P.R.
n. 1124 del 1965 non è fondata nei termini appresso specificati.
Le due norme, riferendosi all’ipotesi di «nuova» malattia
professionale, devono essere interpretate nel senso che esse
riguardano anche il caso in cui, dopo la costituzione di una rendita
per una determinata malattia professionale (“vecchia”, quindi, in
contrapposizione alla “nuova”), il protrarsi dell’esposizione al
medesimo rischio patogeno determini una “nuova” inabilità che risulti
superiore a quella già riconosciuta.
Tale interpretazione delle norme sopracitate non fa ricadere l’ipotesi
così delineata nell’ambito di applicabilità dell’art. 137 del d.P.R.
n. 1124 del 1965, il quale si riferisce esclusivamente
all’aggravamento eventuale e conseguenziale dell’inabilità derivante
dalla naturale evoluzione della originaria malattia.
Quando, invece, il maggior grado di inabilità dipende dalla
protrazione dell’esposizione a rischio patogeno, e si è quindi in
presenza di una «nuova» malattia, seppure della stessa natura della
prima, la disciplina applicabile è quella dettata dall’art. 80, estesa
alle malattie professionali dall’art. 131.
Tali norme, così interpretate, assicurano idonea tutela alla
fattispecie descritta dal rimettente e, pertanto, non è ravvisabile la
denunciata violazione dei principi dettati dagli artt. 3, 32 e 38
della Costituzione.
4. ( Le questioni relative agli artt. 132 e 137 del d.P.R. n. 1124 del
1965 sono inammissibili per difetto di rilevanza, poiché il rimettente
non deve fare applicazione di tali norme nel giudizio principale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 132 e 137 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico
delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevate, in
riferimento agli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di
Brescia con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 80 e 131 del d.P.R. n. 1124 del
1965, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 32 e 38 della
Costituzione, dal Tribunale di Brescia con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, l'8 febbraio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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