SENTENZA N. 130
ANNO 2008
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
-
Franco BILE Presidente
- Giovanni
Maria FLICK Giudice
-
Francesco AMIRANTE “
-
Ugo DE SIERVO “
-
Paolo MADDALENA “
-
Alfio FINOCCHIARO “
-
Alfonso QUARANTA “
-
Franco GALLO “
-
Gaetano SILVESTRI “
-
Sabino CASSESE “
- Maria
Rita SAULLE “
-
Giuseppe TESAURO “
- Paolo
Maria NAPOLITANO “
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come
sostituito dall'articolo 12, comma 2, della legge 28 dicembre
2001, n. 448 concernente «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2002)», promossi con ordinanze del 3 agosto 2006 (numero 2
ordinanze) dalla Commissione tributaria regionale
dell'Emilia-Romagna e del 29 novembre 2006 dalla Commissione
tributaria provinciale di Udine, rispettivamente iscritte ai nn.
621, 622 e 702 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 36 e 40, prima serie
speciale, dell'anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2008 il Giudice
relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto in fatto
1. –
Con due ordinanze di contenuto analogo pronunciate in data 3
agosto 2006 in due distinti procedimenti, la Commissione
tributaria regionale dell'Emilia-Romagna ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 24, 102, secondo comma, e VI
disposizione transitoria della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in
cui non esclude dalla giurisdizione tributaria le controversie
riguardanti le sanzioni di cui all'art. 3, comma 3, del
decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il
completamento delle operazioni di emersione di attività detenute
all'estero e di lavoro irregolare),
convertito in legge dall'art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73.
In
entrambi i giudizi il rimettente è chiamato a decidere
sull'appello proposto dall'Agenzia delle entrate, Ufficio di
Ravenna, avverso la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di quella città la quale aveva accolto il ricorso
proposto da una società contro l'atto di irrogazione della
sanzione amministrativa disposta nei suoi confronti per l'impiego
di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie.
La
commissione tributaria ritiene pregiudiziale, rispetto all'esame
del merito della controversia, verificare la sussistenza della
propria giurisdizione in ordine alla applicazione delle sanzioni
previste dall'art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002.
Al
riguardo ricorda che la Corte costituzionale, con le ordinanze n.
94, n. 93, n. 36 e n. 34 del 2006, ha dichiarato manifestamente
inammissibili le numerose censure di legittimità costituzionale
dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, sollevate dai
giudici tributari in relazione alla attribuzione alla
giurisdizione tributaria delle controversie in esame, perché non
avevano previamente compiuto il tentativo di dare della
disposizione censurata un'interpretazione «costituzionalmente
corretta».
Il
giudice a quo, «pur dubitando della propria giurisdizione»,
dichiara di prendere atto della giurisprudenza della Corte di
cassazione secondo la quale, benché la materia disciplinata
dall'art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 sia estranea rispetto
a quella tributaria, sussiste la giurisdizione delle commissioni
tributarie in relazione alle controversie in esame, in quanto
l'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 attribuisce a detti organi le
controversie concernenti le sanzioni amministrative comunque
irrogate da uffici finanziari.
La
funzione nomofilattica attribuita alla Cassazione comporterebbe,
infatti, che debba essere considerata come diritto vivente
l'interpretazione della norma censurata data dalla suprema Corte,
«esonerando la Commissione dall'obbligo di ricercare divergenti
interpretazioni».
Tuttavia, il rimettente ritiene che la disposizione censurata
contrasti con l'art. 102, secondo comma, prima parte, e con la VI
disposizione transitoria della Costituzione. La Corte
costituzionale, infatti, ha affermato che il potere del
legislatore di riordinare i giudici speciali ai sensi della VI
disposizione transitoria della Costituzione incontra il duplice
limite di non snaturare la materia attribuita alla loro rispettiva
competenza e di assicurare la conformità a Costituzione. Pertanto,
la giurisdizione tributaria dovrebbe essere limitata alla materia
dei tributi.
La
sanzione di cui all'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del
2002, invece, avrebbe per presupposto l'impiego di lavoratori
dipendenti non risultanti dalle scritture obbligatorie e dunque
l'inosservanza di norme «lavoristico-previdenziali». L'unico
riferimento al campo tributario sarebbe costituito dalla
attribuzione della competenza ad irrogare la sanzione agli uffici
finanziari, elemento ritenuto dalla Cassazione sufficiente per
radicare la giurisdizione tributaria.
In tal
modo, però, ad avviso del rimettente, sarebbe snaturata la
funzione del giudice tributario, che verrebbe così trasformato «in
giudice speciale dell'amministrazione tributaria, in palese
violazione dell'art. 102 e VI disposizione transitoria Cost.».
Inoltre, l'attribuzione a tale giudice della cognizione delle
sanzioni amministrative in una materia sostanzialmente
previdenziale sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in
quanto irrazionale e lesiva del diritto di difesa del cittadino.
Infatti, la controversia che avrebbe ad oggetto l'accertamento
dell'esistenza di un rapporto di lavoro irregolare renderebbe
necessaria una attività istruttoria basata essenzialmente sulla
prova testimoniale, la quale, invece, non è consentita nel
processo tributario.
2. – È
intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la
quale rileva innanzitutto come, successivamente alla pronuncia
dell'ordinanza di rimessione, il decreto-legge 4 luglio 2006, n.
223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per
il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica,
nonché interventi in materia di entrate e di contrasto
all'evasione fiscale), convertito nella legge 4 agosto 2006, n.
248, ha profondamente modificato l'art. 3 del decreto-legge n. 12
del 2002, trasformando i criteri di determinazione della sanzione
e assegnando la competenza ad irrogarla alla direzione provinciale
del lavoro territorialmente competente.
Poiché
tale ultima modifica determinerebbe la devoluzione delle
controversie concernenti le sanzioni in esame al giudice del
lavoro, si imporrebbe la restituzione degli atti al rimettente
affinché valuti se ciò comporti uno spostamento della
giurisdizione anche in relazione alla controversia al suo esame.
Nel
merito la questione sarebbe infondata. L'attribuzione alla
giurisdizione tributaria delle controversie in esame troverebbe la
propria giustificazione nella circostanza che la normativa di cui
al decreto-legge n. 12 del 2002, avrebbe quale scopo ulteriore
rispetto a quello di tutela del lavoratore, anche quello di
consentire l'emersione del lavoro sommerso che «costituisce
manifestazione di reddito certamente rilevante dal punto di vista
tributario ai fini impositivi». Pertanto, non irragionevolmente,
il legislatore avrebbe ritenuto prevalenti le finalità tributarie
perseguite dalla disposizione e avrebbe perciò attribuito la
giurisdizione al giudice tributario.
Infondate sarebbero altresì le censure sollevate con riguardo agli
artt. 3 e 24 Cost., dal momento che l'esperibilità di un'attività
istruttoria piuttosto che di un'altra non è lesiva del diritto di
difesa ove non impedisca sostanzialmente – come accade nel
processo tributario – una difesa efficace.
3. –
Con ordinanza in data 29 novembre 2006, la Commissione tributaria
provinciale di Udine ha sollevato, in riferimento all'art. 102,
secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2,
comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992 nella parte in
cui attribuisce alle commissioni tributarie la giurisdizione sulle
controversie relative a sanzioni di natura non tributaria.
Il
rimettente premette di essere chiamato a decidere sul ricorso
proposto da una società avverso l'atto di irrogazione di sanzioni
emesso dall'Agenzia delle entrate di Gemona in relazione
all'impiego di mano d'opera, formalmente alle dipendenze di altra
società, ma di fatto utilizzata dalla ricorrente, in forza di
apparente contratto di appalto.
La
Commissione tributaria ritiene pregiudiziale alla decisione sul
ricorso la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del
d.lgs. n. 546 del 1992.
Benché
la Corte costituzionale, nelle ordinanze n. 35 e n. 34 del 2006,
abbia invitato i giudici di merito a esplorare eventuali
interpretazioni conformi a Costituzione, il giudice a quo
ritiene che tale strada risulti ormai preclusa dall'orientamento
espresso dalla giurisprudenza delle sezioni unite della
Cassazione.
Ciò
posto, il rimettente afferma che non sarebbe consentito al
legislatore espandere la giurisdizione speciale oltre l'ambito
delle controversie tributarie, incontrando il limite posto
dall'art. 102, secondo comma, Cost. il quale, secondo quanto
affermato dalla Corte costituzionale, va interpretato in relazione
alla VI disposizione transitoria. Questa, infatti, se autorizza la
trasformazione dei giudici speciali preesistenti all'entrata in
vigore della Costituzione, tuttavia non consente di snaturare le
materie attribuite alla loro competenza.
Tale
limite sarebbe stato superato dalla disposizione censurata, la
quale definirebbe l'ambito della giurisdizione delle commissioni
tributarie non solo in base alla materia oggetto del contendere,
ma anche con riferimento «al dato meramente soggettivo
dell'ufficio preposto all'irrogazione della sanzione, a
prescindere dalla natura, tributaria o meno, di quest'ultima».
La
rilevanza della questione – sostiene il rimettente – emergerebbe
dalla circostanza che l'eventuale difetto di giurisdizione delle
commissioni tributarie derivante dalla dichiarazione di
incostituzionalità della norma precluderebbe qualunque decisione
di merito nel giudizio a quo.
4. – È
intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la
quale chiede che venga disposta la restituzione degli atti al
rimettente dal momento che, successivamente all'ordinanza di
rimessione, l'art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 sarebbe
stato modificato dal decreto-legge n. 223 del 2006. Detta
ordinanza, infatti, pur essendo stata depositata il 29 novembre
2006, sarebbe stata deliberata nella camera di consiglio dell'11
aprile 2006, dunque anteriormente al mutamento del quadro
normativo di riferimento.
Per
effetto delle modifiche introdotte dal citato decreto, attualmente
l'art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del 2002 attribuisce la
competenza ad irrogare la sanzione alla direzione provinciale del
lavoro. Secondo l'Avvocatura, ciò potrebbe determinare uno
spostamento della competenza giurisdizionale anche in relazione
alle controversie già pendenti.
Nel
merito la questione sarebbe infondata per le medesime ragioni già
espresse nell'atto di intervento relativo al giudizio promosso
dalla Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna.
Considerato in diritto
1. –
La Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna dubita
della legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in
cui – secondo il diritto vivente – «non esclude dalla
giurisdizione tributaria le controversie riguardanti le sanzioni»
previste dall'art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002,
n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni
di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro
irregolare) per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti
dalle scritture o altra documentazione obbligatorie.
In
particolare, il rimettente ritiene che la disposizione censurata
violi l'art. 102 e la VI disposizione transitoria della
Costituzione in quanto assegna alla giurisdizione delle
Commissioni tributarie controversie che «nulla hanno a che fare
con i tributi», sulla base della mera attribuzione ad un organo
finanziario della competenza ad irrogare le sanzioni, così
trasformando il giudice tributario in giudice speciale
dell'amministrazione tributaria. La disposizione censurata
violerebbe, inoltre, gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal
momento che sarebbe irrazionale e lesiva del diritto di difesa del
cittadino l'attribuzione al giudice tributario della cognizione di
controversie che, avendo ad oggetto l'accertamento dell'esistenza
di un rapporto di lavoro irregolare, richiederebbero lo
svolgimento di un'attività istruttoria basata sulla prova
testimoniale, non consentita nel processo tributario.
Anche
la Commissione tributaria provinciale di Udine ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del
d.lgs. n. 546 del 1992, in riferimento all'art. 102 e alla VI
disposizione transitoria della Costituzione. Il rimettente censura
la suddetta disposizione nella parte in cui attribuisce alla
giurisdizione del giudice tributario le controversie aventi ad
oggetto le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici
finanziari, «anche a prescindere dalla natura tributaria degli
illeciti sanzionati e delle relative sanzioni».
2. –
Preliminarmente, deve essere disattesa la richiesta di
restituzione degli atti ai rimettenti formulata dall'Avvocatura
dello Stato in ragione del sopravvenuto mutamento del quadro
normativo di riferimento.
L'art.
36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché
interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione
fiscale), introdotto in sede di conversione dalla legge 4 agosto
2006, n. 248, ha modificato in più parti l'art. 3 del
decreto-legge n. 12 del 2002, tra l'altro attribuendo alla
direzione provinciale del lavoro – anziché alla Agenzia delle
entrate – la competenza ad irrogare la sanzione ivi prevista per
l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture
obbligatorie.
Tale
modifica normativa è entrata in vigore il 12 agosto del 2006, cioè
in data successiva alle ordinanze di rimessione della Commissione
tributaria regionale dell'Emilia-Romagna emesse in data 3 agosto
2006.
Ritiene l'Avvocatura che la modifica in questione avrebbe
determinato la devoluzione delle controversie relative alle
sanzioni per l'impiego di lavoratori irregolari alla giurisdizione
del giudice ordinario e che pertanto dovrebbe essere disposta la
restituzione degli atti al rimettente.
In
realtà, ai sensi dell'art. 5 del codice di procedura civile, la
giurisdizione si determina «con riguardo alla legge vigente (…) al
momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza
rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge».
Conseguentemente, la perpetuatio jurisdictionis impedisce
che la modifica normativa in base alla quale, secondo
l'Avvocatura, si determina l'effetto di attribuire al giudice
ordinario la giurisdizione sulle controversie in questione, incida
sui giudizi a quibus, in quanto al momento della
proposizione della domanda sussisteva – secondo la prospettazione
del rimettente – la giurisdizione del giudice tributario
(ordinanza n. 297 del 2007).
Quanto
all'ordinanza di rimessione della Commissione tributaria
provinciale di Udine, essa risulta pubblicata, mediante deposito
in cancelleria, in data 29 novembre 2006, dunque successivamente
alla modifica dell'art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del
2002. Di conseguenza, non vi è alcun mutamento del quadro
normativo successivo alla proposizione della questione di
legittimità costituzionale, che abbia effetti sui giudizi a
quibus e possa perciò giustificare una pronuncia di
restituzione degli atti ai rimettenti.
3. –
La questione sollevata dai rimettenti in riferimento all'art. 102,
secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della
Costituzione è fondata nei termini di seguito specificati.
L'art.
2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 individua l'oggetto della
giurisdizione tributaria stabilendo che appartengono ad essa
«tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere
e specie comunque denominati, compresi quelli regionali,
provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario
nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali». Stabilisce,
inoltre, che appartengono alla medesima giurisdizione «le sanzioni
amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli
interessi e ogni altro accessorio».
La
giurisprudenza di legittimità – come rilevato dai rimettenti –
interpreta tale disposizione nel senso di attribuire alla
giurisdizione tributaria non solo le controversie concernenti i
tributi, ma anche, in via residuale, le controversie concernenti
le sanzioni irrogate in relazione ad infrazioni connesse alla
violazione di norme le quali non necessariamente attengono a
tributi. In tal caso, sufficiente a radicare la giurisdizione
tributaria, in forza dell'esplicito disposto dell'art. 2, comma 1,
del d.lgs. n. 546 del 1992, è ritenuta la natura finanziaria
dell'organo competente ad irrogare la sanzione.
3.1 –
Questioni analoghe a quelle in esame sono già state sottoposte al
vaglio di questa Corte la quale le ha dichiarate inammissibili,
dal momento che i rimettenti non avevano verificato la possibilità
di dare dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 un'interpretazione
conforme a Costituzione, la quale valorizzasse «la natura
tributaria del rapporto cui deve ritenersi imprescindibilmente
collegata la giurisdizione del giudice tributario», limitandosi,
invece, a considerare unicamente il profilo soggettivo concernente
la natura dell'organo competente ad irrogare la sanzione
(ordinanza n. 34 del 2006; si vedano, inoltre, le ordinanze n. 395
del 2007; n. 94 e n. 35 del 2006).
La
Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna e la
Commissione tributaria provinciale di Udine, pur conoscendo le
citate decisioni, ritengono di doversi adeguare
all'interpretazione data dalla Corte di cassazione, a sezioni
unite, nell'ordinanza 10 febbraio 2006, n. 2888, ritenendola,
tuttavia, in contrasto con l'art. 102, secondo comma, della
Costituzione.
In
particolare, il giudice di legittimità ha ritenuto che
appartengono alla giurisdizione delle Commissioni tributarie le
controversie concernenti l'irrogazione della sanzione per
l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture
o altra documentazione obbligatorie prevista dall'art. 3, comma 3,
del decreto-legge n. 12 del 2002. Infatti, poiché il comma 5
dell'art. 3 citato – nel testo originario – stabilisce che
«competente alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui
al comma 3 è l'Agenzia delle entrate», troverebbe applicazione
l'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale
rientrano nella giurisdizione tributaria le sanzioni comunque
irrogate da uffici finanziari. A tale conclusione la Cassazione è
pervenuta pur affermando espressamente che le controversie
relative alle sanzioni di cui all'art. 3 del decreto-legge n. 12
del 2002 non hanno natura tributaria, in considerazione delle
finalità perseguite da tale normativa, volta a favorire
l'emersione del lavoro irregolare.
Tale
interpretazione della disposizione censurata è stata confermata
dalla Suprema Corte anche in decisioni successive a quella
richiamata dai rimettenti, e successive, altresì, alle ordinanze
di questa Corte sopra citate.
3.2 –
Questa Corte ha, anche di recente, ribadito che «la giurisdizione
tributaria deve essere considerata un organo speciale di
giurisdizione preesistente alla Costituzione» (sentenza n. 64 del
2008). Ha, poi, riconosciuto che l'oggetto di tale giurisdizione,
così come la disciplina degli organi speciali, ben possano essere
modificati dal legislatore ordinario, il quale, tuttavia, incontra
precisi limiti costituzionali consistenti nel «non snaturare (come
elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale)
le materie attribuite» a dette giurisdizioni speciali e
nell'«assicurare la conformità a Costituzione» delle medesime
giurisdizioni (ordinanza n. 144 del 1998). «Da tale giurisprudenza
si desume che il menzionato duplice limite opera con riferimento
ad ogni modificazione legislativa riguardante l'oggetto delle
giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione (sia in sede
di prima revisione, sia successivamente) e, altresì, che il
mancato rispetto del limite di “non snaturare” le materie
originariamente attribuite alle indicate giurisdizioni si traduce
nell'istituzione di un “nuovo” giudice speciale, espressamente
vietata dall'art. 102 Cost. L'identità della “natura” delle
materie oggetto delle suddette giurisdizioni costituisce, cioè,
una condizione essenziale perché le modifiche legislative di tale
oggetto possano qualificarsi come una consentita “revisione” dei
giudici speciali e non come una vietata introduzione di un “nuovo”
giudice speciale» (ancora sentenza n. 64 del 2008).
Con
specifico riguardo alla giurisdizione tributaria, questa Corte ha
poi precisato con riguardo a questioni di legittimità analoghe a
quelle in esame, che essa «deve ritenersi imprescindibilmente
collegata» alla «natura tributaria del rapporto» e che la medesima
non può essere ancorata «al solo dato formale e soggettivo,
relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione»
(ordinanza n. 34 del 2006).
Sulla
base di tali considerazioni, nella più volte citata sentenza n. 64
del 2008 si è affermato che «l'attribuzione alla giurisdizione
tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta
la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici
speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare,
direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli
la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero,
indirettamente, dall'erronea qualificazione di “tributaria” data
dal legislatore (o dall'interprete) ad una particolare materia
(come avviene, ad esempio, allorché si riconducano indebitamente
alla materia tributaria prestazioni patrimoniali imposte di natura
non tributaria)».
3.3 –
Non c'è dubbio che la lettura che dell'art. 2, comma 1, del d.lgs.
n. 546 del 1992, dà il diritto vivente, finisce per attribuire
alla giurisdizione tributaria le controversie relative a sanzioni
unicamente sulla base del mero criterio soggettivo costituito
dalla natura finanziaria dell'organo competente ad irrogarle e,
dunque, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui
tali sanzioni ineriscono. Essa, dunque, si pone in contrasto con
l'art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria
della Costituzione, risolvendosi nella creazione di un nuovo
giudice speciale.
4. –
Resta assorbita la questione sollevata dalla Commissione
tributaria regionale dell'Emilia-Romagna con riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione.
per questi
motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in
cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari,
anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non
aventi natura tributaria.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 5 maggio 2008.
F.to:
Franco
BILE, Presidente
Ugo DE
SIERVO, Redattore
Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 14 maggio 2008.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to:
DI PAOLA |