Parlamento: sanzioni nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

 

Il Parlamento Europeo ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 30 giugno 2009, la Direttiva n. 2009/52/CE del 18 giugno 2009 che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, ciò al fine di contrastare l’immigrazione illegale.

La Stato italiano dovrà porre in vigore - entro il 20 luglio 2011 - le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva.

 

Articolo 1

Oggetto e ambito di applicazione

 

La presente direttiva vieta l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare al fine di contrastare l’immigrazione illegale. A tal fine essa stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto.

 

Articolo 2

Definizioni

 

Ai fini specifici della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

a) «cittadino di un paese terzo»: chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 del trattato, né un beneficiario del diritto comunitario alla libera circolazione, quale definito all’articolo 2, paragrafo 5 del codice frontiere Schengen;

b) «cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare»: un cittadino di un paese terzo presente nel territorio di uno Stato membro che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

c) «lavoro»: l’esercizio di attività comprendenti qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale o conformemente a una prassi consolidata per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro;

d) «lavoro illegale»: l’impiego di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare; IT 30.6.2009 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 168/27 GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1. GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

e) «datore di lavoro»: qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico, comprese le agenzie interinali, per il cui conto o sotto la cui direzione e/o supervisione è assunto l’impiego;

f) «subappaltatore»: qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico cui è affidata l’esecuzione di una parte o dell’insieme degli obblighi di un contratto già stipulato;

g) «persona giuridica»: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche;

h) «agenzia interinale»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarle presso imprese utilizzatrici affinché vi prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse;

i) «condizioni lavorative di particolare sfruttamento»: condizioni lavorative, incluse quelle risultanti da discriminazione di genere e di altro tipo, in cui vi è una palese sproporzione rispetto alle condizioni di impiego dei lavoratori assunti legalmente, che incide, ad esempio, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori ed è contraria alla dignità umana;

j) «retribuzione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare»: il salario o trattamento e tutti gli altri vantaggi, in contanti o in natura, pagati direttamente o indirettamente dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo e che è equivalente a quello di cui beneficerebbero lavoratori analoghi in un rapporto di lavoro legale.

 

Articolo 3

Divieto di assunzione illegale

 

1. Gli Stati membri vietano l’assunzione di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

2. Alla violazione di tale divieto si applicano le sanzioni e i provvedimenti previsti dalla presente direttiva.

3. Uno Stato membro può decidere di non applicare il divieto di cui al paragrafo 1 ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e il cui allontanamento è stato differito e che sono autorizzati a lavorare conformemente alla legislazione nazionale.

 

Articolo 4

Obblighi dei datori di lavoro

 

1. Gli Stati membri obbligano i datori di lavoro:

a) a chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di assumere l’impiego, possieda e presenti al datore di lavoro un permesso di soggiorno valido, o un’altra autorizzazione di soggiorno;

b) a tenere, almeno per la durata dell’impiego, una copia o registrazione del permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri, a fini di un’eventuale ispezione;

c) a informare, entro un termine fissato da ciascuno Stato membro, le autorità competenti designate dagli Stati membri dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo.

2. Gli Stati membri possono prevedere una procedura semplificata di notifica ai sensi del paragrafo 1, lettera c) laddove i datori di lavoro siano persone fisiche e l’impiego sia a fini privati.

Gli Stati membri possono prevedere che la notifica di cui al paragrafo 1, lettera c), non sia richiesta qualora al lavoratore sia stato accordato uno status di soggiornante di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

3. Gli Stati membri assicurano che i datori di lavoro che hanno assolto gli obblighi di cui al paragrafo 1 non siano ritenuti responsabili di una violazione del divieto di cui all’articolo 3 tranne nel caso in cui i datori di lavoro fossero a conoscenza del fatto che il documento presentato come permesso di soggiorno valido o altra autorizzazione di soggiorno era falso.

 

Articolo 5

Sanzioni finanziarie

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i datori di lavoro che violano il divieto di cui all’articolo 3 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

2. Le sanzioni inflitte in caso di violazioni del divieto di cui all’articolo 3 includono:

a) sanzioni finanziarie che aumentano a seconda del numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente; e

b) pagamento dei costi di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nei casi in cui siano effettuate procedure di rimpatrio.

Gli Stati membri possono invece decidere che le sanzioni finanziarie di cui alla lettera a) riflettano almeno i costi medi di rimpatrio.

3. Gli Stati membri possono prevedere sanzioni finanziarie ridotte nei casi in cui il datore di lavoro sia una persona fisica che impiega a fini privati un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare e non sussistano condizioni lavorative di particolare sfruttamento.

 

Articolo 6

Pagamento degli arretrati da parte dei datori di lavoro

 

1. Per ogni violazione del divieto di cui all’articolo 3, gli Stati membri garantiscono che il datore di lavoro sia responsabile del pagamento di:

a) ogni retribuzione arretrata ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente. Il livello di remunerazione concordato è considerato pari almeno alla retribuzione prevista dalle leggi applicabili sui salari minimi, dai contratti collettivi o conformemente a una prassi consolidata nei relativi settori occupazionali, salvo prova contraria fornita dal datore di lavoro o dal lavoratore, nel rispetto, ove opportuno, delle disposizioni nazionali vincolanti in materia salariale;

b) un importo pari a tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un paese terzo, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative;

c) se del caso, tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate al paese in cui il cittadino di un paese terzo assunto illegalmente ha fatto ritorno o è stato rimpatriato.

2. Per assicurare la disponibilità di procedure efficaci di applicazione del paragrafo 1, lettere a) e c), e tenuto debitamente conto dell’articolo 13, gli Stati membri mettono in atto meccanismi volti a garantire che i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente:

a) possano presentare domanda, soggetta ad un termine di prescrizione stabilito dalla legislazione nazionale, e ottenere l’esecuzione di una sentenza nei confronti del datore di lavoro per ogni retribuzione arretrata, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato; o

b) ove previsto dalla legislazione nazionale, possano chiedere all’autorità competente dello Stato membro di avviare le procedure di recupero delle retribuzioni arretrate, senza che il cittadino di un paese terzo debba presentare domanda. I cittadini di paesi terzi assunti illegalmente sono informati sistematicamente e oggettivamente circa i loro diritti ai sensi del presente paragrafo e dell’articolo 13 prima dell’esecuzione di qualsiasi decisione di rimpatrio.

3. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, lettere a) e b), gli Stati membri presuppongono l’esistenza di un rapporto di lavoro di almeno tre mesi salvo prova contraria fornita, tra l’altro, dal datore di lavoro o dal lavoratore.

4. Gli Stati membri assicurano che siano posti in essere i meccanismi necessari a garantire che i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente possano ricevere il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate di cui al paragrafo 1, lettera a), che sono dovute in virtù delle domande di cui al paragrafo 2, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato.

5. Per quanto riguarda i casi in cui sono stati accordati permessi di soggiorno di durata limitata a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri definiscono ai sensi del diritto nazionale le condizioni che consentono l’estensione della durata di tali permessi fino a quando l’interessato non abbia ricevuto il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate dovute ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

 

Articolo 7

Altre misure

 

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché un datore di lavoro sia anche soggetto, se del caso, ai seguenti provvedimenti:

a) esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, per un periodo fino a cinque anni;

b) esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici definiti nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, per un periodo fino a cinque anni;

c) rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, inclusi fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, concessi al datore di lavoro fino a dodici mesi prima della constatazione dell’assunzione illegale;

d) chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione, o ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio dell’attività economica in questione, se giustificata dalla gravità della violazione.

2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1 laddove i datori di lavoro siano persone fisiche e l’impiego sia a fini privati.

 

Articolo 8

Subappalto

 

1. Se il datore di lavoro è un subappaltatore e ferme restando le disposizioni di diritto nazionali riguardanti i diritti di contributo o di regresso o le disposizioni di diritto nazionale in materia di previdenza sociale, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’appaltante di cui il datore di lavoro è un subappaltatore diretto possa essere ritenuto responsabile, congiuntamente al datore di lavoro o in sua vece, del pagamento:

a) delle sanzioni finanziarie irrogate ai sensi dell’articolo 5; e

b) degli arretrati dovuti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere a) e c), paragrafo 2 e paragrafo 3.

2. Se il datore di lavoro è un subappaltatore, gli Stati membri provvedono affinché l’appaltante principale e tutti i subappaltatori intermedi, qualora sapessero che il subappaltatore datore di lavoro impiegava cittadini di paesi terzi il cui soggiorno era irregolare, possano essere ritenuti responsabili dei pagamenti di cui al paragrafo 1 congiuntamente al o al posto del subappaltatore datore di lavoro o dell’appaltante di cui il datore di lavoro è un subappaltatore diretto.

3. Un appaltante che ha adempiuto ai suoi obblighi con la debita diligenza come previsto dalla legislazione nazionale non è ritenuto responsabile ai sensi dei paragrafi 1 e 2.

4. Gli Stati membri possono prevedere norme più rigorose in materia di responsabilità ai sensi del diritto nazionale.

 

Articolo 9

Fattispecie di reato

 

1. Gli Stati membri garantiscono che la violazione del divieto di cui all’articolo 3, se intenzionale, costituisca reato in ciascuno dei seguenti casi, come previsto dalla legislazione nazionale:

a) la violazione prosegue oppure è reiterata in modo persistente;

b) la violazione riguarda l’impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;

c) la violazione è accompagnata da condizioni lavorative di particolare sfruttamento;

d) la violazione è commessa da un datore di lavoro che, pur non essendo accusato o condannato per un reato di cui alla decisione quadro 2002/629/GAI, ricorre al lavoro o ai servizi del un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare nella consapevolezza che lo stesso è vittima della tratta di esseri umani;

e) la violazione riguarda l’assunzione illegale di un minore.

2. Gli Stati membri provvedono affinché siano perseguibili penalmente l’istigazione, il favoreggiamento e la complicità a commettere intenzionalmente gli atti di cui all’articolo 1.

 

Articolo 10

Sanzioni penali

 

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone fisiche che commettono il reato di cui all’articolo 9 siano punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.

2. A meno che ciò non sia precluso dai principi generali del diritto, le sanzioni penali di cui al presente articolo possono essere applicate ai sensi della legislazione nazionale fatte salve altre sanzioni o misure di natura non penale,, e possono essere accompagnate dalla pubblicazione della decisione giudiziaria pertinente al caso.

 

Articolo 11

Responsabilità delle persone giuridiche

 

1. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili del reato di cui all’articolo 9, quando è stato commesso a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che, agendo a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica, detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, in virtù:

a) del potere di rappresentanza della persona giuridica,

b) dell’autorità di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure

c) dell’autorità di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.

2. Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la carenza di sorveglianza o di controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di un reato di cui all’articolo 9 a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.

3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che commettano uno dei reati di cui all’articolo 9, istighino qualcuno a commetterli o vi concorrano.

 

Articolo 12

Sanzioni applicabili alle persone giuridiche

 

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 11 sia punibile con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che possano comprendere misure quali quelle di cui all’articolo 7.

Gli Stati membri possono decidere di rendere pubblico un elenco di datori di lavoro aventi personalità giuridica e dichiarati responsabili del reato di cui all’articolo 9.

 

Articolo 13

Agevolazione delle denunce

 

1. Gli Stati membri provvedono affinché siano disponibili meccanismi efficaci per consentire ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente di presentare denuncia nei confronti dei loro datori di lavoro, sia direttamente sia attraverso terzi designati dagli Stati membri, quali sindacati o altre associazioni o un’autorità competente dello Stato membro, qualora previsto dalla legislazione nazionale.

2. Gli Stati membri provvedono affinché i terzi aventi, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, un interesse legittimo a garantire che la presente direttiva sia rispettata possano, per conto o a sostegno di un cittadino di un paese terzo assunto illegalmente, e con il suo consenso, avviare tutte le procedure amministrative o civili previste ai fini dell’applicazione della presente direttiva.

3. L’assistenza fornita ai cittadini dei paesi terzi per presentare denuncia non è considerata favoreggiamento di soggiorno illegale ai sensi della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

4. Per quanto riguarda il reato di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere c) o e), gli Stati membri definiscono ai sensi della legislazione nazionale le condizioni alle quali possono essere concessi, caso per caso, permessi di soggiorno di durata limitata, commisurata a quella dei relativi procedimenti nazionali, ai cittadini di paesi terzi implicati, con modalità comparabili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/81/CE.

 

Articolo 14

Ispezioni

 

1. Gli Stati membri garantiscono che siano effettuate ispezioni efficaci e adeguate sul loro territorio ai fini del controllo dell’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Tali ispezioni si basano anzitutto su una valutazione dei rischi effettuata dalle autorità competenti degli Stati membri.

2. Al fine di rendere più efficaci le ispezioni, gli Stati membri, sulla base di una valutazione dei rischi, identificano periodicamente i settori di attività in cui si concentra nel loro territorio l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Relativamente a ciascuno di tali settori, gli Stati membri, entro il 1 o luglio di ogni anno, notificano alla Commissione il numero di ispezioni effettuate l’anno precedente, espresso come numero assoluto e come percentuale dei datori di lavoro in ciascun settore, e ne riferiscono i risultati.

 

Articolo 15

Disposizioni più favorevoli

 

La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi cui si applica in relazione agli articoli 6 e 13, purché compatibili con le norme in essa stabilite.

 

Articolo 16

Relazioni

 

1. Entro il 20 luglio 2014, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione contenente, ove appropriato, proposte di modifica degli articoli 6, 7, 8, 13 e 14. Nella relazione la Commissione esamina in particolare l’attuazione da parte degli Stati membri dell’articolo 6, paragrafi 2 e 5.

2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie all’elaborazione della relazione di cui al paragrafo 1. Le informazioni comprendono il numero e i risultati delle ispezioni svolte ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, le misure applicate a norma dell’articolo 13 e, per quanto possibile, le misure adottate ai sensi degli articoli 6 e 7.

 


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