SENTENZA N. 207
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE;
Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17,
comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui
aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter, promosso con ricorso della
Regione Toscana notificato il 2 ottobre 2009, depositato in
cancelleria l’8 ottobre 2009 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi
2009.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana e
l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 2 ottobre 2009 e depositato
il successivo 8 ottobre, la Regione Toscana ha promosso, tra le altre,
la questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt.
117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché
proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l.
25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguente commi:
«5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal
servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su
richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei
compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale;
conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle
aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in
sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio
sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata
agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo
conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi
territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono
effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale
scopo».
2.– Osserva la ricorrente che le disposizioni impugnate,
cosi come formulate, obbligano le Regioni a sostenere, per il tramite
del fondo sanitario, l’onere delle visite fiscali ai dipendenti
assenti dal servizio per malattia. Infatti, se è vero che gli
accertamenti medico-legali effettuati dalle Aziende sanitarie
rientrano nei compiti istituzionali del Servizio Sanitario, ciò non
comporta la conseguenza che le relative prestazioni siano effettuate a
titolo gratuito.
La Regione Toscana ricorda che, nell’esercizio delle
proprie competenze in materia di tutela della salute ed organizzazione
del servizio sanitario regionale, nel 2005 ha emanato una delibera di
Giunta (n. 622 del 6 giugno 2005) in base alla quale le visite fiscali
richieste dai datori di lavoro pubblici per i propri dipendenti
assenti per malattia venivano poste a carico dell’amministrazione
richiedente, trattandosi di certificazioni mediche da effettuare non
nell’interesse del lavoratore, ma del datore di lavoro per accertare
la legittimità dell’assenza del dipendente.
Tale delibera, prosegue la ricorrente, è stata oggetto di
impugnazione dall’Amministrazione statale sulla base del presupposto
che per il datore di lavoro «pubblica amministrazione» il servizio di
visita fiscale fosse gratuito in quanto prestazione rientrante nei
livelli essenziali di assistenza (LEA) dovuti al lavoratore. Il
Tribunale amministrativo della Regione Toscana (sentenze n. 43531 del
2004 e n. 60381 del 2006) e il Consiglio di Stato poi (Sez. V, n. 5690
del 2008) hanno riconosciuto la legittimità dell’operato della
Regione, rilevando che le suddette visite «si sostanziano in un
momento procedimentale tecnico volto a tutelare un interesse specifico
dell’Amministrazione istante ed il loro espletamento non risponde,
quindi, all’interesse diffuso della salute collettiva. Pertanto la
visita fiscale disposta nell’interesse dell’Amministrazione non
integra un L.E.A.». Lo stesso principio, peraltro, è stato affermato
anche dalla Corte di cassazione con la sentenza della Sez. I, n.
13992, del 28 maggio 2008.
A parere della ricorrente, la norma impugnata
vanificherebbe la legittima scelta organizzativa regionale: imponendo
la gratuità delle visite fiscali, il relativo onere verrebbe a
ricadere sulle aziende sanitarie e, quindi, sul fondo sanitario
regionale.
Le norme impugnate, dunque, sarebbero lesive delle
attribuzioni regionali di cui all’art. 117 Cost, in materia di tutela
della salute e di organizzazione del servizio sanitario. Infatti,
l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei
lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore
di lavoro, la legittimità dell’assenza dal lavoro, pur rientrando
nelle competenze delle ASL, non costituisce prestazione di cura e
prevenzione e, pertanto, non risponde ai fini di tutela della salute
collettiva garantiti dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione
del servizio sanitario nazionale). Non sarebbe, quindi, precluso alle
Regioni richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa
determinata.
Il finanziamento sanitario, prosegue la ricorrente, è,
infatti, finalizzato al soddisfacimento dei LEA, determinati sulla
base di accordi Stato-Regioni e deve essere utilizzato per far fronte
alle prestazioni dirette alla tutela della salute. Ciò sarebbe
ulteriormente dimostrato, secondo la Regione Toscana, dal d.P.C.m. 29
novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e
dalle sue successive modificazioni (d.P.C.m. 28 novembre 2003 e
d.P.C.m. 21 aprile 2008) che escludono totalmente dai LEA le
prestazioni rappresentate da «certificazioni mediche, comprese le
prestazioni diagnostiche necessarie per il loro rilascio, non
rispondenti ai fini della tutela della salute collettiva, anche quando
richieste da disposizioni di legge».
La Regione Toscana evidenzia anche che «le norme impugnate
individuano la quota necessaria a finanziare gli accertamenti
medico-legali in riferimento all’espletamento delle visite fiscali,
quale parte del Fondo Sanitario e non come fondo aggiuntivo da
destinare agli scopi di cui sopra, pertanto la prestazione richiesta
si configura come un L.E.A., per la cui definizione risulta necessario
l’accordo in conferenza Stato-Regione (secondo quanto la Corte
Costituzionale, con le sentenze n. 134 del 2006 e n. 88 del 2003, ha
ritenuto costituzionalmente necessitato)».
Le disposizioni impugnate oltre a ledere la competenza
legislativa regionale in materia di tutela della salute di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost. si porrebbero in contrasto anche con
l’art. 119 Cost. in quanto la Regione, per garantire invariato il
livello di assistenza sanitaria, si troverebbe nella condizione di
dover integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse
finanziarie.
In altri termini, il legislatore statale, con le
disposizioni oggetto di impugnativa, impone di utilizzare il
finanziamento sanitario per prestazioni del tutto estranee alla
finalità del finanziamento stesso, riducendo le risorse per i LEA, che
restano così a carico delle Regioni.
3.– In data 10 novembre 2009 si è costituito il Presidente
del Consiglio dei ministri concludendo per la declaratoria di
infondatezza del ricorso.
La parte resistente precisa che fin dall’anno 1988 i fondi
per gli accertamenti medico-legali sono stati trasferiti dagli stati
di previsione dei singoli Ministeri al Fondo Sanitario Nazionale, come
evidenziato nella relazione del 16 maggio 2004 del Tavolo di
monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza sanitaria istituito
presso la Segreteria della Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome.
Pertanto, le norme oggetto di impugnazione, nel prevedere
che gli accertamenti medico-legali rientrano nei compiti istituzionali
del servizio sanitario nazionale, non dispongono un incremento del
livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale stesso, in
quanto il fondo sanitario nazionale già ingloba le risorse destinate a
tale scopo.
La disposizione impugnata si limita a prevedere che sia
individuata, all’interno del Fondo Sanitario Nazionale, la quota
complessiva di risorse che consente la copertura degli oneri connessi
all’espletamento delle visite fiscali e che sia ripartita tra le
Regioni sulla base del numero di dipendenti pubblici presenti nelle
Regioni medesime.
Qualora la spesa effettiva per gli accertamenti
medico-legali risulti inferiore alla quota individuata in sede di
riparto, le Regioni potranno utilizzare le restanti risorse per altre
finalità sanitarie. L’individuazione di tale quota, pertanto, non si
configurerebbe come un vincolo di bilancio, ma come un’indicazione per
la programmazione regionale.
L’Avvocatura dello Stato sottolinea, infine, che
l’ammontare delle predette risorse sarà definito congiuntamente con le
Regioni, perché sul riparto del fondo sanitario nazionale è prevista
l’adozione dell’intesa nella Conferenza Stato-Regioni.
4.– Con memoria illustrativa depositata in data 7 aprile
2010 la difesa del Presidente del Consiglio ha ribadito le
argomentazioni esposte nell’atto di costituzione, insistendo nella
richiesta di rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1.– La Regione Toscana ha promosso, tra le altre, la
questione di legittimità costituzionale – per violazione degli artt.
117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché
proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l.
25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguenti commi:
«5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal
servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su
richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei
compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale;
conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle
aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in
sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio
sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata
agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo
conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi
territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono
effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale
scopo».
2.– In particolare, secondo la ricorrente, sarebbe violata
la competenza legislativa concorrente della Regione in materia di
tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le norme impugnate,
imponendo la gratuità delle visite fiscali, gravano del relativo onere
le aziende sanitarie e, quindi, il fondo sanitario regionale, così
vanificando la scelta organizzativa regionale di richiedere il
pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.
Infatti, l’attività di controllo medico-legale sulle
condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare,
su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza del
lavoratore, pur rientrando nelle competenze delle ASL, non costituisce
un livello essenziale di assistenza, non essendo una prestazione di
cura e prevenzione e, tanto meno, avendo la finalità di tutelare la
salute collettiva.
Inoltre, secondo la Regione Toscana, sarebbe lesa anche
l’autonomia finanziaria regionale di cui all’art. 119 Cost. perché la
Regione, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria,
si troverebbe costretta ad integrare il fondo sanitario regionale con
proprie risorse finanziarie.
2.1.– È riservata a separate pronunce ogni decisione sulle
ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto legge 1°
luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.
102, proposte dalla Regione Toscana con il presente ricorso.
3.– La questione innanzi indicata è fondata.
3.1.– Il legislatore statale nell’ultimo biennio è
intervenuto ripetutamente in tema di assenze per malattia dei
dipendenti pubblici. In un primo momento, l’art. 71, comma 3, del d.l.
n. 112 del 2008, ha previsto che l’Amministrazione «dispone il
controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente
anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle
esigenze funzionali e organizzative». Successivamente, l’art. 17,
comma 23, lettera e), del decreto-legge n. 78 del 2009, oggetto del
presente giudizio, ha modificato l’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008,
da un lato aggiungendovi i commi 5-bis e 5-ter, e, dall’altro,
abrogando il citato comma 3.
Tale ultima disposizione è stata poi trasfusa, ad opera
dell’art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150
(Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di
ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza
e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), senza alcuna modifica,
nell’art. 55-septies, comma 5, primo periodo, del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
A sua volta, l’art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009
afferma che numerosi articoli del medesimo decreto legislativo, tra i
quali l’art. 69, che come si è visto, contiene il nuovo art.
55-septies ora citato, sono espressione della potestà legislativa
esclusiva attribuita allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettere
l) ed m), della Costituzione
3.2.– Così delineato il quadro normativo di riferimento, è
necessario, ai fini del presente giudizio, individuare l’ambito
materiale al quale ricondurre la disciplina oggetto dell’impugnazione
della Regione Toscana. Tale materia è quella della «tutela della
salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Infatti, nonostante l’autoqualificazione compiuta dal
legislatore statale con il citato art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150
del 2009, la disciplina in esame non è riconducibile alla materia
della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale», attribuita dall’articolo 117, secondo
comma, lettera m), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato.
Nella giurisprudenza di questa Corte si è costantemente
affermato che «ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la
qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle norme una
natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro
oggettiva sostanza» (ex plurimis, sentenze n. 447 del 2006 e n. 482
del 1995).
In altri termini, per individuare la materia alla quale
devono essere ascritte le disposizioni oggetto di censura, non assume
rilievo la qualificazione che di esse dà il legislatore, ma occorre
fare riferimento all’oggetto ed alla disciplina delle medesime,
tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli aspetti marginali e
gli effetti riflessi, così da identificare correttamente e
compiutamente anche l’interesse tutelato (sentenze n. 430, n. 169 e n.
165 del 2007).
La fissazione dei livelli essenziali di assistenza si
identifica, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella
«determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle
prestazioni da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio
nazionale», non essendo «pertanto inquadrabili in tale categoria le
norme volte ad altri fini, quali, ad esempio, l’individuazione del
fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di
interi settori materiali o la regolamentazione dell’assetto
organizzativo e gestorio degli enti preposti all’erogazione delle
prestazioni» (sentenza n. 371 del 2008).
Si è già avuto modo di affermare che, in tema di tutela
della salute, la disciplina statale che determina i livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale comporta una forte
compressione della sfera di autonomia regionale. Pertanto, con
riferimento alle prestazioni richieste alle aziende sanitarie, la
deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella
dello Stato, è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, in
parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un
regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a
quello ritenuto intangibile dallo Stato (sentenza n. 387 del 2007).
Così delineata la nozione di prestazione sanitaria che
possieda le caratteristiche per rientrare nell’ambito dei livelli
essenziali di assistenza, deve ritenersi condivisibile la
ricostruzione operata dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa,
secondo cui l’accertamento medico-legale sui dipendenti pubblici
assenti dal servizio per malattia è un’attività strumentale al
controllo della regolarità dell’assenza del dipendente, volta
principalmente alla tutela di un interesse del datore di lavoro, la
quale trova solo indirettamente un collegamento con prestazioni poste
a tutela della salute del lavoratore (Cass. Sez. 1, sentenza n. 13992
del 28 maggio 2008 e Cons. di Stato Sez. V, sentenza n. 5690 del 29
gennaio 2008).
Inoltre, sarebbe del tutto irragionevole, qualora si
volesse riconoscere agli accertamenti medico-legali sui dipendenti
assenti dal servizio per malattia il carattere di livello essenziale
di assistenza, limitare tale qualificazione alla sola ipotesi delle
visite fiscali richieste dalle amministrazioni pubbliche e non anche
riconoscere pari natura a quelle richieste dai datori di lavoro
privati, dato che si attribuirebbe a questo tipo di verifiche il
carattere di prestazione diretta a realizzare uno standard strutturale
e qualitativo tale da dover essere garantito in modo uniforme a tutti
gli aventi diritto sul territorio nazionale.
3.4.– Le norme in esame, dunque, devono essere
correttamente ricondotte alla materia di competenza legislativa
concorrente della «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della
Costituzione) che, come la Corte ha più volte ribadito, è «assai più
ampia» rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera»
(sentenze n. 134 del 2006 e n. 270 del 2005), ed esprime «l’intento di
una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in
queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione
dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 162 del
2007).
Infatti, la disciplina degli accertamenti medico-legali sui
dipendenti assenti per malattia, anche se viene attivata per
soddisfare l’interesse del datore di lavoro volto a controllare e
verificare la regolarità e legittimità dell’assenza per malattia del
lavoratore, viene altresì a configurare una prestazione di tipo
sanitario che si sostanzia, quanto meno, in una diagnosi sulla salute
del lavoratore conforme o difforme rispetto a quella effettuata dal
medico curante o alla condizione denunciata dal lavoratore e che può
anche determinare l’adozione di misure che eccedono la persona del
dipendente, qualora l’accertamento evidenzi patologie che presentino
rischi di contagio.
Inoltre, questa Corte ha più volte affermato che le norme
che disciplinano gli aspetti organizzativi dell’attività sanitaria
vanno anch’esse ricondotte alla materia della tutela della salute,
quando sono idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo
le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice
funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza
delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006).
Nel caso in questione, risulta evidente la stretta inerenza
che tutte le norme de quibus presentano con l’organizzazione del
servizio sanitario e con il relativo finanziamento, tenendo, tra
l’altro, conto che è stato legislativamente previsto che tale tipo di
prestazioni possa essere effettuato solo mediante le aziende sanitarie
locali.
3.5.– Una volta stabilito che le norme impugnate dalla
Regione Toscana rientrano nella materia «tutela della salute», occorre
verificare, trattandosi di una materia rimessa alla competenza
legislativa concorrente, se alle stesse possa essere riconosciuta la
natura di normativa di principio.
La risposta deve essere negativa, in quanto la disciplina
introdotta dai commi 5-bis e 5-ter non lascia alcuno spazio di
intervento alla Regione non solo per un’ipotetica legiferazione
ulteriore, ma persino per una normazione secondaria di mera
esecuzione, con l’effetto, peraltro, di vincolare risorse per
l’effettuazione di una prestazione che non rientra nella materia di
competenza esclusiva dello Stato di cui al già citato art. 117,
secondo comma, lettera m), Cost., incidendo, in tal modo, anche
sull’autonomia finanziaria della Regione, tutelata dall’art. 119 Cost.
In conclusione, il comma 5-bis dell’art. 71 del d.l. 25
giugno 2008, n. 112, il quale dispone che le visite fiscali sul
personale dipendente delle pubbliche amministrazioni rientrano tra i
compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale e che i
relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, non è
ascrivibile ad alcun titolo di competenza legislativa esclusiva dello
Stato e, trattandosi di normativa di dettaglio in materia di «tutela
della salute», si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma,
Cost., mentre il comma 5-ter, che vincola una quota delle risorse per
il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandole a
sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata
come livello essenziale di assistenza, si pone in contrasto con l’art.
119 Cost., ledendo l’autonomia finanziaria delle Regioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce ogni decisione sulle
ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 1°
luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di
termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.
102, proposte dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17,
comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui
aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA |