Il Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, con nota del 2 agosto 2004,
portando a conoscenza i contenuti della sentenza di Cassazione n.
3115 del 17 febbraio 2004, ha fornito alcune indicazioni in ordine
al concetto di “accertamento”. In particolare, ha sottolineato il
punto ove la Suprema Corte afferma che “i limiti temporali entro i
quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento,
l’amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione,
sono collegati all’esito del procedimento di accertamento, la
legittimità della cui durata va valutata dal giudice di merito in
relazione al caso concreto e sulla base delle complessità delle
indagini”. Da ciò ne consegue che la “mera notizia del fatto
temporale” non coincide con la nozione di accertamento che si
realizza allorquando l’organo di vigilanza acquisisce la piena
conoscenza dell’illecito idonea a giustificare la redazione del
rapporto. Tale principio vale anche nella ipotesi in cui i
provvedimenti sanzionatori si fondino sugli accertamenti compiuti
dal personale di vigilanza degli Enti previdenziali, in quanto,
per effetto dell’art. 10, comma 5, del D. L.vo n. 124/2004, i loro
verbali sono fonti di prova “relativamente agli elementi di fatto
acquisiti e documentati”.
Cass. sez. lav.
n. 3115 del 17 febbraio 2004 - Pres. Ciciretti - Rel. Picone -
P.M. Finocchi Ghersi - Ministero del lavoro e delle politiche
sociali c. Mazzoni ed altri
Svolgimento del processo
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (poi Ministero
del lavoro e delle politiche sociali) - Direzione provinciale del
lavoro di Vercelli - domanda per un unico motivo la cassazione
della sentenza con la quale il Tribunale di Vercelli, in
composizione monocratica, ha accolto l'opposizione proposta da W.
M., L. C. e M. F. avverso le ordinanze - ingiunzioni n.
115/99/810, 114/99 - bis/810 e 114/99 - bis 2/810, notificate il
28.10.1999, emesse dall'amministrazione ricorrente per il
pagamento, in solido, di sanzioni amministrative pecuniarie per
omessa comunicazione alla sezione circoscrizionale per l'impiego
dell'assunzione del lavoratore R. S., mancata consegna dei
prospetti paga e omessa registrazione nel libretto di lavoro.
Resistono con controricorso gli opponenti.
La sentenza impugnata ha accolto il motivo di opposizione fondato
sull'avvenuta estinzione delle obbligazioni per mancata osservanza
del termine stabilito per la contestazione dell'accertamento
mediante notificazione dall'art. 14 della legge 24 novembre 1981,
n. 689, dichiarando assorbiti gli altri motivi.
Ha accertato il Tribunale che, a seguito di denuncia del
lavoratore, venivano disposti accertamenti in data 15 gennaio
1998, all'esito dei quali, il successivo giorno 19, il denunciante
veniva invitato ad indicare ulteriori elementi di prova, in
difetto dei quali la denuncia sarebbe stata archiviata; il
lavoratore aveva poi richiesto un ulteriore intervento con scritto
del 15 maggio e il nuovo accertamento ispettivo si era concluso
con verbale del 20 maggio, cui faceva seguito la contestazione
delle infrazioni in data 13 luglio. Sulla base di questo
accertamento di fatto, ha ritenuto tardiva la contestazione sul
rilievo che dei fatti materiali l'autorità era stata messa
conoscenza con la denuncia del lavoratore (in data 3 dicembre
1997), cosicché il tempo ragionevole per verificare l'esistenza
dell'infrazione doveva ritenersi trascorso già all'epoca del
secondo accertamento (consistito semplicemente nel sentire il
denunciante e altra persona informata dei fatti).
Motivi della decisione
1. Prima ancora di esaminare le questioni specificamente
sottoposte al vaglio della Corte dal ricorso, va premesso che non
può farsi applicazione nella controversia dello ius superveniens
di cui all'art. 116, comma dodicesimo, della legge n. 388 del
2000, che, ferme restando le sanzioni penali, ha abolito tutte le
sanzioni amministrative relative a violazioni in materia di
previdenza e assistenza obbligatorie consistenti nella omissione
totale o parziale del versamento di contributi o premi o dalle
quali comunque derivi la omissione totale o parziale del
versamento di contributi o premi (ai sensi dell'art. 35, commi
secondo e terzo, della legge n. 689 del 1981), nonché quelle
relative a violazioni di carattere formale di norme sul
collocamento.
1.1. La giurisprudenza della Corte (Cass., sez. un., 890/1994;
Cass. 6405/2002; 7328/2002), infatti, ha precisato che, in materia
di illeciti amministrativi, l'operatività dei principi di
legalità, di irretroattività e di divieto di analogia, risultante
dall'art. 1 della legge n. 689 del 1981, comporta
l'assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo
del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della
disciplina posteriore più favorevole.
1.2. Né il menzionato art. 116, comma dodicesimo, l. 388/2000, nel
limitarsi a disporre l'abolizione delle sanzioni, contiene
elementi che possano indurre a ritenere che sia stata conferita
una qualche forma di retroattività alla disposizione secondo cui
determinati fatti, a seguito dell'entrata in vigore della legge,
non concretano più violazioni amministrative (cfr. Cass.
12654/2003, 12758/2003).
In particolare, la retroattività deve escludersi in relazione ai
rapporti non esauriti per essere in corso i relativi procedimenti,
anche in sede giurisdizionale (come, invece, ritenuto da Cass. 9
maggio 2002, n. 6680), nonché in relazione alle violazioni
commesse precedentemente ma per le quali l'ordinanza - ingiunzione
è stata emanata dopo l'entrata in vigore della legge (così Cass.
22 maggio 2002, n. 7524), atteso che l'ordinanza - ingiunzione non
è esercizio di un potere e provvedimento amministrativo
costitutivo, ma atto, puramente esecutivo, preordinato
semplicemente alla riscossione di un credito già sorto per effetto
della commessa violazione, momento a partire dal quale, infatti,
inizia a decorrere la prescrizione ai sensi dell'art. 28, comma
primo, legge n. 689 del 1981 (cfr. Cass., sez. un., 3271/1990;
890/1994, cit., nonché le altre sentenze richiamate sopra).
1.3. Conferma ulteriore si trae dalla ben diversa disciplina che
opera per le infrazioni di carattere valutario, per le quali,
conformemente ai principi propri del settore tributario, l'art. 1,
comma 1, legge 7 novembre 2000, n. 326, ha abrogato l'art. 23,
comma 2, D.P.R. 31 marzo 1988 n. 148, che sanciva esplicitamente
il principio della cosiddetta "ultrattività" delle norme vigenti
alla data della commissione dell'illecito, mentre il comma 2 dello
stesso articolo ha inserito - dopo l'art. 23 del D.P.R. n. 148 del
1988 - l'art. 23-bis, che introduce il cd. favor rei, sia con
riguardo all'ipotesi della cd. abolitio criminis, sia a quella
della successione di legge più favorevole.
2. Va, quindi, esaminato l'unico motivo di ricorso
dell'amministrazione con il quale è denunciata violazione e falsa
applicazione degli art 14, 22 e 23 della legge n. 689 del 1981,
nonché vizio della motivazione, per avere la sentenza impugnata
ritenuto che fosse intempestiva la notificazione dell'accertamento
eseguita il 17 luglio 1998, senza considerare che le indagini
avviate nel gennaio 1998, a seguito della denuncia del lavoratore,
si erano concluse negativamente per mancanza di qualsiasi prova
sull'esistenza del rapporto di lavoro; cosicché, quando il
lavoratore aveva fornito nuovi elementi, indicando in particolare
un testimone, erano stati disposti accertamenti completamente
nuovi, che si erano conclusi il 20 maggio 1998 e rispetto ai quali
la contestazione era stata certamente tempestiva.
3. La Corte giudica il motivo fondato.
Invero, i pertinenti principi di diritto sono stati esattamente
individuati dalla sentenza impugnata, che tuttavia, nel fame
applicazione alla fattispecie, è incorsa nel vizio di motivazione
insufficiente e contraddittoria.
3. 1. È indiscutibile che l'art. 14 legge n. 689/1981, nel
riferirsi all'accertamento e non al "giorno in cui è stata
commessa la violazione" (che, segna, invece, il dies a quo della
prescrizione del credito sanzionatorio ai sensi dell'art. 28 della
stessa legge), va inteso nel senso che il termine di novanta
giorni comincia a decorrere dalla percezione che del fatto abbiano
i pubblici ufficiali competenti (secondo le disposizioni dell'art.
13), percezione che conferisce ai medesimi lo specifico potere di
documentazione, mediante processo verbale cui sono collegati dalla
legge effetti costitutivi sostanziali (cfr. Cass., sez. un,
12545/1992), tanto è vero che il luogo dove è stata commessa
l'infrazione si identifica con il luogo in cui è stata accertata (Cass.,
sez. un., 4131/1988).
3.2. Orbene, si ricava agevolmente dal testo dell'art. 13 legge n.
689/1981 che l'accertamento non coincide con la generica e
approssimativa percezione del fatto nella sua materialità, ma con
il compimento di tutte le indagini necessarie al fine della piena
conoscenza di esso e della congrua determinazione della pena
pecuniaria, fermo restando che l'accertamento deve intendersi
compiuto ad ogni effetto quando si tratta soltanto di valutare
dati di fatto già acquisiti, ancorché caratterizzati da
complessità sotto il profilo tecnico - giuridico (cfr. Cass.
11129/1999). Donde il principio enunciato dalla giurisprudenza
della Corte, secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative,
i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione
dell'obbligazione di pagamento, l'amministrazione procedente deve
provvedere alla contestazione, sono collegati all'esito del
procedimento di accertamento, la legittimità della cui durata va,
di conseguenza, valutata dal giudice del merito in relazione al
caso concreto e sulla base della complessità delle indagini, e non
anche alla data di commissione della violazione, dalla quale
decorre solo il termine iniziale di prescrizione di cui all'art.
28 della legge citata (Cass. 11308/1998; 1866/2000; 2088/2000;
3254/2003).
3.3. Il principio suddetto è stato specificamente applicato dalla
giurisprudenza della Corte a fattispecie di violazione della
disciplina del collocamento, chiarendo, tra l'altro, che
l'accertamento non poteva essere fatto coincidere con la mera
notizia del fatto materiale, bensì con l'epoca in cui la piena
conoscenza dell'illecito era idonea a giustificare la redazione
del rapporto previsto dall'art. 17 legge n. 689/1981, rapporto da
presentare anche quando l'organo che ha accertato l'illecito sia
anche competente per l'applicazione della sanzione (Cass.
2092/1995; 1502/1996). Tra i precedenti va, in particolare,
richiamata la pronuncia che ha fatto applicazione del principio ad
un caso in cui il sindaco di un comune aveva fatto ricorso
all'assunzione diretta di dipendenti senza il previo nulla osta
dell'ufficio di collocamento per l'urgente necessità di evitare
danni alle persone e agli impianti, confermando la pronuncia di
merito che aveva ritenuto che l'accertamento si era avuto con la
visita ispettiva effettuata per verificare la sussistenza, o meno,
di tale presupposto (Cass. 12724/1998).
4. Il problema, dunque, è di verificare se nella fattispecie
concreta, il Tribunale abbia correttamente applicato il suddetto
principio di diritto, attribuendo rilevanza al momento a partire
dal quale l'amministrazione era stata posta in grado di accertare
gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito.
La risposta è di segno negativo perché l'affermazione secondo cui
mediante la denuncia del lavoratore i fatti nella loro materialità
erano stati portati compiutamente a conoscenza
dell'amministrazione è motivata in modo insufficiente e illogico;
ed ancora è mancata indagine sul punto decisivo costituito dalla
possibilità dell'amministrazione di acquisire elementi di prova
indipendentemente dalle indicazioni fornite dal denunciante.
4.1. Quanto al primo dei vizi riscontrati, va osservato, sotto il
profilo logico - giuridico, che una denuncia di parte circa la
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, consente l'avvio
di indagini ma non fornisce certo la conoscenza dei fatti
denunciati, considerato che, ai fini della contestazione, devono
essere accertati dall'autorità e non è certo questione di mera
qualificazione tecnico - giuridica dei fatti stessi. Ne consegue
la palese illogicità della valutazione sul punto del giudice del
merito, il quale inoltre ha omesso di considerare adeguatamente il
comportamento successivo dell'amministrazione, di mancato
riscontro delle irregolarità denunciate e di chiusura conseguente
in senso negativo dell'accertamento preliminare.
4.2. In ordine al secondo rilievo, doveva ritenersi decisiva
l'indagine, del tutto omessa dal giudice del merito, se il nuovo
scritto del lavoratore, del maggio successivo, contenesse
effettivamente elementi che l'amministrazione non conosceva e non
poteva conoscere in precedenza, tanto da giustificare l'avvio di
nuovi accertamenti che non era stato possibile effettuare in
precedenza.
5. Per effetto dei vizi riscontrati, la sentenza impugnata va
cassata con rinvio al Tribunale di Alessandria, in composizione
monocratica, perché, uniformandosi ai richiamati principi di
diritto, provveda ad accertare la tempestività della contestazione
dell'infrazione, ponendo rimedio ai riscontrati vizi di
motivazione, Dall'esito dell'indagine dipenderà ovviamente l'esame
dei motivi di opposizione rimasti assorbiti.
Il giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese del
giudizio di cassazione (art. 385 c.p.c.).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di
cassazione, al Tribunale di Alessandria in composizione
monocratica. |