Corte di Giustizia Europea: incentivo all'esodo - parità trattamento tra uomo e donna
La Corte di Giustizia Europea, con sentenza n. C-207/04 del 21 luglio 2005 (sotto riportata), ha ritenuto che la norma contenuta nel DPR n. 917/86 che concede sgravi fiscali alle lavoratrici con più di 50 anni e hai lavoratori con oltre i 55 anni, al fine di incentivare l'esodo, è contraria alla Direttiva CEE 76/207/CEE, nella misura in cui opera un discrimine a favore delle donne e a sfavore degli uomini.
L'incentivo previsto dalla suddetta norma consiste nel beneficio della tassazione dell'aliquota ridotta alla metà delle somme erogate in occasione dell'interruzione del rapporto di lavoro. In sostanza la Corte ritiene che il beneficio spetti anche agli uomini a partire dai 50 anni.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 21 luglio 2005 (*) «Politica sociale – Parità di retribuzione e di trattamento tra uomini e donne – Indennità di esodo – Tassazione stabilita in funzione dell’età – Agevolazione fiscale» Nel procedimento C-207/04, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Commissione tributaria provinciale di Novara con decisione 26 aprile 2004, pervenuta in cancelleria il 10 maggio 2004, nella causa Paolo Vergani contro Agenzia delle Entrate, Ufficio di Arona, LA CORTE (Prima Sezione), composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric (relatore), dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász e E. Levits, giudici, avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 aprile 2005, considerate le osservazioni presentate: – per il sig. Vergani, dagli avv.ti S. Monguzzi e P. Fasano; – per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato; – per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra N. Yerrell, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2005, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 141 CE e della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Vergani e l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Arona (in prosieguo: l’«amministrazione fiscale») in merito alla tassazione, stabilita in funzione dell’età del lavoratore, di un incentivo all’interruzione volontaria del rapporto di lavoro (in prosieguo: l’«indennità di esodo»). Contesto normativo La normativa comunitaria 3 L’art. 141, nn. 1 e 2, CE dispone quanto segue: «1. Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra [i] lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo. (…)». 4 Dall’art. 1, n. 1, della direttiva 76/207 risulta che essa è diretta ad attuare negli Stati membri il principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, e l’accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro e, alle condizioni di cui al n. 2 dello stesso articolo, la previdenza sociale. 5 A termini dell’art. 2, n. 1, di tale direttiva: «Ai sensi delle seguenti disposizioni il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia». 6 L’art. 5 della medesima direttiva stabilisce quanto segue: «1. L’applicazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso. 2. A tal fine, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: a) siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento; (…)». 7 A termini dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24): «La presente direttiva si applica: a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti: – malattia, – invalidità, – vecchiaia, – infortunio sul lavoro e malattia professionale, – disoccupazione; b) alle disposizioni concernenti l’assistenza sociale, nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a) o a supplire ad essi». 8 L’art. 4, n. 1, di tale direttiva dispone che il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia. 9 L’art. 7, n. 1, lett. a), della medesima direttiva stabilisce che questa non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni. Normativa nazionale 10 Le disposizioni italiane relative al limite di età per il collocamento a riposo sono enunciate dall’art. 9 della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (supplemento ordinario alla GURI n. 89 del 15 aprile 1952). Secondo tale articolo, i lavoratori di sesso maschile hanno diritto alla pensione al compimento del sessantesimo anno di età e quelli di sesso femminile al compimento del cinquantacinquesimo anno di età, a condizione in entrambi i casi di aver versato i contributi per la durata e nella misura richieste. 11 Vigono disposizioni particolari per i dipendenti di imprese che siano state dichiarate in crisi dal Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale. La legge 23 aprile 1981, n. 155 (supplemento ordinario alla GURI n. 114 del 27 aprile 1981) consente ai detti dipendenti di fruire del collocamento a riposo anticipato all’età di 55 anni se uomini e di 50 anni se donne. 12 L’art. 17, comma 4 bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 31 dicembre 1986), come modificato dal decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314 (supplemento ordinario alla GURI n. 219 del 19 settembre 1997; in prosieguo: il «DPR n. 917/86»), dispone quanto segue: «Per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 se uomini, di cui all’articolo 16, comma 1, lettera a), l’imposta si applica con l’aliquota pari alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 16». 13 Dopo i fatti della causa principale, l’art. 17 del DPR n. 917/86 è diventato, in seguito al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (supplemento ordinario alla GURI n. 291 del 16 dicembre 2003), l’art. 19 del medesimo DPR. Controversia principale e questione pregiudiziale 14 Dall’ordinanza di rinvio risulta che il sig. Vergani ha proposto un ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Novara contro l’avviso con cui l’amministrazione fiscale gli ha rifiutato il rimborso dei versamenti a titolo d’imposta sul reddito delle persone fisiche (in prosieguo: l’«IRPEF») cui è stato assoggettato. 15 Dinanzi al giudice del rinvio il sig. Vergani ha sostenuto che l’applicazione dell’aliquota fiscale ai fini dell’IRPEF, secondo il regime tributario previsto all’art. 17, comma 4 bis, del DPR n. 917/86, comporta una disparità di trattamento ingiustificata. Egli ha suggerito che la causa desse luogo ad una domanda di pronuncia pregiudiziale indirizzata alla Corte. 16 Il giudice del rinvio fa notare che il caso di specie non riguarda il regime previdenziale relativo alle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, in quanto il sig. Vergani non è giunto al termine della sua attività lavorativa in applicazione dei limiti di età o a causa dei versamenti contributivi. 17 Tenuto conto delle disposizioni comunitarie in vigore, nessun motivo giustifica, secondo il detto giudice, la disparità di trattamento prevista all’art. 17, comma 4 bis, del DPR n. 917/86. 18 Dalla decisione di rinvio risulta quindi che la controversia principale verte sulla tassazione di un’indennità di esodo versata, in occasione dell’interruzione volontaria del rapporto lavorativo, ad un lavoratore di sesso maschile che aveva superato la soglia minima dei 50 anni di età, ma che non ne aveva ancora 55. 19 Alla luce di ciò, la Commissione tributaria provinciale di Novara ha deciso di sospendere la decisione e di proporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se violi, contrasti o comunque crei condizioni di disparità di trattamento tra uomo e donna vietate dall’art. 141 CE (…) e dalla direttiva 76/207, l’art. 17, comma 4 bis, del D.P.R. n. 917/86, laddove concede, a parità di condizioni, il vantaggio della tassazione dell’incentivo all’esodo e delle somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro con l’aliquota ridotta alla metà (50%) ai lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, e i 55 anni, se uomini». Sulla questione pregiudiziale 20 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 141 CE e la direttiva 76/207 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una norma quale quella controversa nella causa principale che consente, a titolo di incentivo all’esodo, il beneficio della tassazione con aliquota ridotta alla metà delle somme erogate in occasione dell’interruzione del rapporto di lavoro ai lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, e i 55 anni, se uomini. Sui rispettivi ambiti di applicazione dell’art. 141 CE e della direttiva 76/207 21 In via preliminare, occorre verificare se la concessione di un’agevolazione fiscale, stabilita in funzione dell’età del lavoratore, relativa alla tassazione di un’indennità di esodo, quale quella controversa nella causa principale, rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 141 CE o della direttiva 76/207. 22 Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «retribuzione» di cui all’art. 141 CE comprende tutti i vantaggi, in contanti o in natura, attuali o futuri, purché siano pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo (v., in particolare, sentenze 17 maggio 1990, causa C‑262/88, Barber, Racc. pag. I‑1889, punto 12, e 9 febbraio 1999, causa C‑167/97, Seymour-Smith e Perez, Racc. pag. I‑623, punto 23). 23 Il vantaggio di cui trattasi nella causa principale, ossia un’agevolazione fiscale, non è pagato dal datore di lavoro. Un siffatto vantaggio non rientra quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 141 CE. 24 Le sentenze della Corte richiamate dal sig. Vergani a sostegno di una opposta interpretazione (sentenze 9 febbraio 1982, causa 12/81, Garland, Racc. pag. 359, punto 4; Barber, citata, punto 10, e 27 giugno 1990, causa C‑33/89, Kowalska, Racc. pag. I‑2591, punto 7) non ostano a tale valutazione dato che riguardano vantaggi pagati dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo. 25 Quanto al problema se la concessione di un’agevolazione fiscale stabilita in funzione dell’età del lavoratore, relativa alla tassazione di un’indennità di esodo, quale quella controversa nella causa principale, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 76/207, occorre rammentare che, secondo l’art. 5, n. 1, di tale direttiva, l’applicazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso. 26 Letto alla luce dell’art. 5, n. 2, lett. a), della direttiva 76/207, in forza del quale gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento, l’art. 5, n. 1, di tale direttiva va inteso nel senso che esso riguarda anche le condizioni di licenziamento stabilite dai detti Stati. 27 Nell’ambito della direttiva 76/207, il termine «licenziamento» va inteso in senso ampio, in maniera da comprendervi la cessazione del rapporto di lavoro fra il lavoratore e il suo datore di lavoro, anche nell’ambito di un regime di interruzione volontaria del rapporto (v., in tal senso, sentenza 16 febbraio 1982, causa 19/81, Burton, Racc. pag. 555, punto 9). 28 Rimandando all’art. 17, comma 4 bis, del DPR n. 917/86, il giudice del rinvio ha spiegato che l’agevolazione fiscale di cui trattasi nella causa principale è concessa «al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 se uomini». 29 Da tutto quanto precede risulta che un regime di tassazione stabilito in funzione dell’età del lavoratore, come quello di cui trattasi nella causa principale, costituisce una condizione inerente al licenziamento ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 76/207. Sulla sussistenza di una discriminazione 30 A norma dell’art. 5, n. 1, della direttiva 76/207, gli uomini e le donne devono fruire delle medesime condizioni di licenziamento senza discriminazioni fondate sul sesso. 31 Una differenza di trattamento risultante dalla tassazione con aliquota ridotta alla metà delle somme erogate in occasione dell’interruzione del rapporto di lavoro a carico dei lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, e i 55 anni, se uomini, costituisce una disparità di trattamento fondata sul sesso dei lavoratori. 32 Considerate le osservazioni presentate dal governo italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, bisogna esaminare se una siffatta differenza di trattamento sia giustificata in forza della deroga prevista all’art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7, secondo la quale tale direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni. 33 Da una giurisprudenza costante risulta che, tenuto conto dell’importanza fondamentale del principio della parità di trattamento, l’eccezione al divieto di discriminazioni fondate sul sesso prevista dall’art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7 dev’essere interpretata restrittivamente (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 36, e 30 marzo 1993, causa C‑328/91, Thomas e a., Racc. pag. I‑1247, punto 8). Tale disposizione può applicarsi soltanto alla fissazione dell’età del pensionamento per la corresponsione delle pensioni di vecchiaia e di anzianità ed alle conseguenze che ne derivano per altre prestazioni previdenziali (sentenza 26 febbraio 1986, causa 151/84, Roberts, Racc. pag. 703, punto 35; in tal senso anche sentenza 4 marzo 2004, causa C‑303/02, Haackert, Racc. pag. I‑2195, punto 30). Tale eccezione al divieto di discriminazioni fondate sul sesso non è dunque applicabile a un’agevolazione fiscale quale quella di cui trattasi nella causa principale, la quale non costituisce una prestazione previdenziale. 34 Posto che, da un lato, la differenza di trattamento prevista dalla disposizione controversa nella causa principale è direttamente fondata sul sesso e che, dall’altro, la direttiva 76/207 non prevede deroghe, applicabili alla fattispecie, al principio della parità di trattamento, occorre dichiarare che tale differenza di trattamento costituisce una discriminazione fondata sul sesso. 35 Da tutto quanto precede risulta che la direttiva 76/207 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una norma quale quella controversa nella causa principale che consente, a titolo di incentivo all’esodo, il beneficio della tassazione con aliquota ridotta alla metà delle somme erogate in occasione dell’interruzione del rapporto di lavoro ai lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, e i 55 anni, se uomini. Sulle spese 36 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: La direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una norma quale quella controversa nella causa principale che consente, a titolo di incentivo all’esodo, il beneficio della tassazione con aliquota ridotta alla metà delle somme erogate in occasione dell’interruzione del rapporto di lavoro ai lavoratori che hanno superato i 50 anni, se donne, e i 55 anni, se uomini. Firme |
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