SENTENZA
N. 334
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO;
Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita
SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,
Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 6, comma 4, 25, commi 1 e 2, 28, comma 1, 29, commi 1, 2 e 3,
della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina
dell’apprendistato), promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorso notificato il 13-17 febbraio 2010, depositato in
cancelleria il 23 febbraio 2010 ed iscritto al n. 24 del registro
ricorsi 2010.
Udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2010
il Giudice relatore Sabino Cassese;
udito l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia
Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso in via principale ritualmente
notificato e depositato (reg. ric. n. 24 del 2010), il Presidente del
Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità
costituzionale degli articoli 6, comma 4, 25, commi 1 e 2, 28, comma
1, 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre
2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato), per contrasto con gli
articoli 117, commi secondo, lettere l) e n), e terzo, della
Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.
2. – La suddetta legge contiene la disciplina
regionale delle tre diverse tipologie di apprendistato: per
l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione,
professionalizzante, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi
di alta formazione.
2.1. – In particolare, l’art. 6, comma 4, della
legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, nel regolare la formazione
formale e, dunque, la formazione organizzata e strutturata, attuata
mediante specifica progettazione, fissa alcuni requisiti generali di
esplicazione della stessa con riferimento sia alla formazione esterna
sia a quella interna all’impresa.
Allo stesso modo, l’art. 29, commi 1, 2 e 3,
della medesima legge regionale, relativo all’apprendistato
professionalizzante, indica alcuni requisiti essenziali per la
formazione formale, con particolare riferimento alla formazione
interna all’impresa.
2.2. – L’art. 25, comma 1, della citata legge
regionale prevede che «L’attività di formazione formale esterna
all’impresa, correlata all’apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere d’istruzione e formazione, è riservata ai giovani ed
agli adolescenti che abbiano compiuto i quindici anni di età e che non
siano in possesso di una qualifica professionale».
2.3. – Il comma 2 del medesimo articolo
stabilisce che «La Giunta regionale, nelle more della regolamentazione
dei profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere di istruzione e formazione prevista dall’articolo 48,
comma 4, D.Lgs. n. 276/2003, provvede a disciplinare la formazione
formale esterna all’impresa, indicando la durata, in coerenza con la
qualifica da conseguire, le ore medie per ogni anno del contratto,
nonché la durata minima annuale, secondo le modalità ed i contenuti
rispondenti ai diversi livelli di formazione posseduti dagli
apprendisti al momento dell’avviamento al lavoro».
2.4. – L’art. 28, comma 1, della legge della
Regione Abruzzo n. 30 del 2009, concernente i profili formativi
dell’apprendistato professionalizzante, dispone che «I profili
formativi dell’apprendistato professionalizzante sono disciplinati,
sentita la Commissione regionale per l’Apprendistato, con
provvedimento della Giunta regionale, nel rispetto dei livelli
essenziali stabiliti a livello nazionale e delle disposizioni
contenute nell’articolo 49, comma 5, D.Lgs. n. 276/2003, e successive
modifiche ed integrazioni, tenuto conto di quanto previsto dai
contratti collettivi nazionali e dagli accordi interconfederali. Con
il medesimo provvedimento sono individuati i profili formativi, i
quali sono regolati per competenze ed attività in coerenza con il
repertorio nazionale delle professioni».
3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, solleva
quattro motivi di ricorso.
3.1. – La prima censura investe gli artt. 6,
comma 4, e 29, commi 1, 2, e 3, della legge della Regione Abruzzo n.
30 del 2009. Tali disposizioni violerebbero la competenza legislativa
dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost.), perché, nel regolare la formazione formale, si
riferiscono non soltanto alla formazione esterna, ma anche alla
formazione interna alle aziende, la cui disciplina è rimessa alla
contrattazione collettiva. In particolare, la lettera b) dell’art. 6,
comma 4, interverrebbe a definire la valutazione della capacità
formativa delle aziende, che è rimessa alla contrattazione collettiva.
Allo stesso modo, i primi tre commi dell’art. 29, stabilendo i
requisiti ritenuti necessari per l’erogazione della formazione formale
all’interno delle imprese, finirebbero anch’essi per definire la
valutazione della capacità formativa delle aziende.
3.2. – La seconda censura concerne l’art. 25,
comma 1, della suddetta legge regionale. Questa norma fissa in
quindici anni l’età per iniziare l’attività di formazione formale
esterna all’impresa, correlata all’apprendistato per l’espletamento
del diritto-dovere d’istruzione e formazione. Tale previsione
violerebbe le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma,
lettera n), Cost.) e i principi fondamentali della materia (art. 117,
terzo comma, Cost.), dal momento che contrasterebbe con l’art. 1,
comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria
2007), che ha elevato a sedici anni l’età per l’accesso al lavoro,
estendendo l’obbligo di istruzione a dieci anni.
3.3. – La terza censura riguarda l’art. 25,
comma 2, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009. Tale
disposizione prevede che, nelle more dell’attuazione dell’art. 48,
comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui
alla L. 14 febbraio 2003, n. 30), la Giunta regionale disciplini la
formazione formale esterna all’impresa, indicando anche la durata
dell’attività formativa. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri questa disposizione violerebbe, da un lato, la competenza
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e i principi
fondamentali in materia di istruzione e di tutela e sicurezza del
lavoro e, dall’altro, il principio di leale collaborazione, dal
momento che eluderebbe il meccanismo dell’intesa previsto dal suddetto
art. 48, comma 4.
3.4. – La quarta censura ha ad oggetto l’art.
28, comma 1, della citata legge regionale, la quale stabilisce che sia
la Giunta regionale, con proprio provvedimento, a fissare i profili
formativi dell’apprendistato professionalizzante. La disposizione
impugnata, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri,
invaderebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia
di ordinamento civile, dal momento che i profili formativi
dell’apprendistato professionalizzante atterrebbero al sinallagma
contrattuale e, dunque, sarebbero devoluti alla contrattazione
collettiva. Inoltre, la disposizione impugnata, seguirebbe una
procedura diversa rispetto a quella indicata dalla norma statale
(regioni d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano regionale), pur
richiamando espressamente l’art. 49, comma 5, del d.lgs. n. 276 del
2003, che prevede proprio il meccanismo dell’intesa per comporre gli
interessi compresenti.
4. – Con memoria depositata il 13 ottobre 2010,
il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver ribadito le
argomentazioni sostenute nel ricorso, ha svolto ulteriori
considerazioni a sostegno delle censure prospettate. In particolare,
in riferimento alla prima questione sollevata, ha richiamato, a
sostegno della fondatezza della questione sollevata, l’impianto
motivazionale della sentenza di questa Corte n. 176 del 2010.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma
4, 25, commi 1 e 2, 28, comma 1, 29, commi 1, 2 e 3, della legge della
Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina
dell’apprendistato), per contrasto con gli articoli 117, commi
secondo, lettere l) e n), e terzo, della Costituzione, nonché del
principio di leale collaborazione.
2. – Ad avviso del ricorrente, che solleva
quattro motivi di censura, le suddette norme violerebbero la
competenza legislativa esclusiva dello Stato: in particolare, l’art.
25, comma 1, della citata legge regionale invaderebbe la competenza
statale sulle norme generali sull’istruzione, mentre le restanti
disposizioni impugnate lederebbero la competenza esclusiva dello Stato
in materia di ordinamento civile. Gli artt. 25, comma 2, e 28, comma
1, inoltre, violerebbero i principi fondamentali in materia di
istruzione e di tutela e sicurezza del lavoro e il principio di leale
collaborazione.
3. – Prima di esaminare le singole censure, è
opportuno ricostruire la disciplina legislativa relativa
all’apprendistato e la giurisprudenza di questa Corte.
La normativa statale di riferimento in materia è
contenuta nel d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L.
14 febbraio 2003, n. 30), nel titolo VI (artt. 47-53). In particolare,
l’art. 47 di tale decreto legislativo contempla tre tipologie di
apprendistato: a) qualificante, per l’espletamento del diritto-dovere
di istruzione e formazione, volto al conseguimento di una qualifica
professionale; b) professionalizzante (attivabile tra i 18 e i 29
anni), diretto al conseguimento di una qualificazione attraverso una
formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; c)
specializzante, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di
alta formazione.
L’attività formativa in apprendistato consta di
una parte interna all’azienda e di una parte esterna ad essa, presso
istituti di istruzione e formazione e soggetti accreditati (la sola
eccezione è contemplata dall’art. 49, comma 5-ter, del d.lgs. n. 276
del 2003, che ha previsto forme di apprendistato con formazione
esclusivamente interna all’azienda).
Nella disciplina dell’apprendistato si
incrociano più materie (sentenza n. 24 del 2007): ordinamento civile
per ciò che attiene al rapporto contrattuale e alla formazione interna
all’azienda (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.); per ciò che
attiene, in particolare, l’apprendistato qualificante e quello
specializzante, istruzione per le norme generali e i principi
fondamentali (art. 117, commi secondo, lettera n), e terzo, Cost.);
istruzione e formazione professionale per quanto riguarda la
formazione esterna all’azienda (art. 117, quarto comma, Cost.); tutela
e sicurezza del lavoro per quanto concerne la tutela degli apprendisti
(art. 117, terzo comma, Cost.).
Le competenze statali e regionali in materia non
si presentano «allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro
e da altri aspetti dell’istituto. Occorre perciò tener conto di tali
interferenze» (sentenza n. 50 del 2005). A queste ultime si provvede
attraverso il criterio della prevalenza, oppure tramite gli strumenti
della leale collaborazione, laddove non sia possibile procedere con il
primo criterio. Nel caso in cui il legislatore opti per lo strumento
dell’intesa, occorre rispettarne il regime giuridico, fondato
essenzialmente sui criteri di codeterminazione dell’atto e di
equivalenza delle volontà dei soggetti coinvolti (sentenza n. 24 del
2007).
Alle Regioni è, dunque, attribuito, in materia,
un ruolo significativo, sia per ciò che attiene alla definizione dei
profili formativi, sia per quanto riguarda i compiti di verifica e di
controllo degli standard che le aziende devono rispettare. Questa
Corte (sentenza n. 176 del 2010) ha precisato che, anche nei casi di
formazione formale esclusivamente interna all’azienda, la disciplina
dei profili formativi dell’apprendistato non possa essere rimessa
«integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello
nazionale». Di qui la declaratoria di illegittimità costituzionale del
termine «integralmente», contenuto nell’art. 49, comma 5-ter, del
d.lgs. n. 276 del 2003.
La legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009
riproduce sia nell’art. 6, comma 7, sia nell’art. 28, comma 2,
l’originaria formulazione («sono rimessi integralmente ai contratti
collettivi di lavoro») dell’art. 49, comma 5-ter, del d.lgs. n. 276
del 2003. Il termine «integralmente» rimosso dall’atto legislativo
statale, a seguito della sentenza n. 176 del 2010, è tuttora in vigore
nella citata legge regionale.
4. – Ciò premesso, può passarsi all’esame delle
singole censure.
4.1. – La prima questione non è fondata.
Ad avviso del ricorrente, gli artt. 6, comma 4,
e 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del
2009, nella parte in cui disciplinano la «formazione formale interna»
all’azienda, avrebbero invaso la sfera di competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost.).
L’art. 48, comma 4, lettera c), del d.lgs. n.
276 del 2003 stabilisce, in relazione all’apprendistato qualificante,
che la disciplina delle «modalità di erogazione della formazione
aziendale» è rimessa ai contratti collettivi di lavoro. L’art. 49,
comma 5, lettera b), del medesimo decreto legislativo, in relazione
all’apprendistato professionalizzante, rinvia alla contrattazione
collettiva la determinazione «delle modalità di erogazione e della
articolazione della formazione, esterna e interna alle singole
aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a
quella offerta dai soggetti esterni».
Gli stessi artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del
d.lgs. n. 276 del 2003 prevedono che i contratti collettivi di lavoro,
nel definire le modalità di erogazione della formazione aziendale per
l’apprendistato qualificante, rispettino gli «standard generali
fissati dalle regioni competenti» (art. 48, comma 4, lettera c), del
d.lgs. n. 276 del 2003). Alle Regioni deve essere riconosciuto un
ruolo «di stimolo e di controllo dell’attività formativa» (sentenza n.
176 del 2010).
Le disposizioni impugnate non invadono le
competenze legislative esclusive dello Stato. Da un lato, sia l’art.
6, comma 4, lettere da a) a d), sia l’art. 29, commi 1 e 2, della
legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009 si limitano a formulare
indicazioni generali relative alla capacità formativa dell’azienda,
che riprendono, a grandi linee, criteri e requisiti già previsti dalla
legislazione statale (nei più volte citati artt. 48, comma 4, e 49,
comma 5, del d.lgs. n. 276 del 2003). Dall’altro, gli artt. 6, comma
4, lettera e), e 29, comma 3, sono espressione del potere di controllo
delle Regioni in materia (come indicato dalla sentenza n. 176 del
2010), perché definiscono i criteri e le modalità di verifica della
formazione aziendale, non la capacità formativa dell’impresa.
4.2. – La seconda questione è fondata.
Ad avviso del ricorrente, l’art. 25, comma 1,
della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, nel prevedere che
l’apprendistato qualificante, mediante «formazione formale esterna»
all’azienda, possa essere svolto da chi abbia compiuto il quindicesimo
anno di età e non sia in possesso di una qualifica professionale,
avrebbe invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di norme
generali sull’istruzione.
L’art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), nell’estendere a dieci anni
l’obbligo di istruzione, da assolvere nel percorso liceale o in quello
di istruzione e formazione professionale, ha portato da quindici a
sedici anni l’età per l’accesso al lavoro. In tal modo, il legislatore
statale, seguendo l’esperienza di altri paesi europei, ha inteso
elevare il livello di istruzione dei cittadini.
Da ciò deriva che si può accedere
all’apprendistato qualificante soltanto dopo il compimento del
sedicesimo anno di età e, cioè, dopo aver assolto l’obbligo di
istruzione. La disposizione impugnata, dunque, fissando in quindici
anni l’età minima per accedere all’apprendistato, è in contrasto con
la su richiamata disciplina statale sull’obbligo di istruzione, che
rientra tra le norme generali sull’istruzione (sentenza n. 309 del
2010). Ne discende la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera
n), della Costituzione.
4.3. – La terza e la quarta questione sono
fondate.
Ad avviso del ricorrente, gli artt. 25, comma 2,
e 28, comma 1, della legge regionale abruzzese, nel prevedere che la
Giunta regionale possa disciplinare in via autonoma i profili
formativi dell’apprendistato, violerebbero la competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e quella
concorrente relativa ai principi fondamentali dell’istruzione e della
tutela e sicurezza del lavoro, nonché il principio di leale
collaborazione. In particolare, le disposizioni impugnate
contrasterebbero con gli artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del d.lgs.
n. 276 del 2003, che richiedono l’intesa tra la Regione, il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, nonché le associazioni dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale.
Le disposizioni censurate violano, in effetti,
il principio di leale collaborazione, in quanto dispongono che la
Regione possa provvedere unilateralmente a regolare la materia,
anziché codeterminare i profili formativi dell’apprendistato per il
tramite dello strumento (l’intesa) appositamente contemplato dalla
legislazione statale.
Le altre censure restano assorbite.
per questi motivi
La CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli
art. 25, commi 1 e 2, e 28, comma 1, della legge della Regione Abruzzo
4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato);
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 6, comma 4, e 29, commi 1, 2 e 3, della
legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina
dell’apprendistato), promossa, in riferimento agli articoli 117, comma
secondo, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio
dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA |