Corte Costituzionale: spoyl sistem ed equo indennizzo
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 351 del 22 ottobre, dichiarando illegittimi gli articoli 1 e 2 della legge regionale del Lazio n. 8/2007, ha affermato che l’offerta dell’equo indennizzo al posto del reintegro nel posto di lavoro per un dirigente pubblico, non tutela l’imparzialità amministrativa, in quanto la tutela legale nel settore pubblico coinvolge anche la collettività sotto il profilo “della protezione dei più generali interessi”.
SENTENZA N. 351 ANNO 2008 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Giovanni Maria FLICK Presidente - Francesco AMIRANTE Giudice - Ugo DE SIERVO " - Paolo MADDALENA " - Alfio FINOCCHIARO " - Alfonso QUARANTA " - Franco GALLO " - Luigi MAZZELLA " - Gaetano SILVESTRI " - Sabino CASSESE " - Maria Rita SAULLE " - Giuseppe TESAURO " - Paolo Maria NAPOLITANO " ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), promosso con ordinanza del 16 ottobre 2007 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Franco Condò contro la Regione Lazio ed altri, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2008. Visti gli atti di costituzione di Franco Condò e Pietro Grasso; udito nell'udienza pubblica del 21 ottobre 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli
avvocati Francesco Castiello e Guido De Santis per Franco Condò e Rosaria
Russo Valentini per Pietro Grasso. Ritenuto in fatto 1. - Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazione degli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 1.1. - Le disposizioni impugnate stabiliscono che: «1. La Giunta regionale, nei confronti dei componenti di organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti, i quali siano decaduti dalla carica ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime a seguito di sentenze della Corte costituzionale, con conseguente risoluzione dei contratti di diritto privato disciplinanti i relativi rapporti di lavoro, è autorizzata a deliberare in via alternativa: a) il reintegro nelle cariche e il ripristino dei relativi rapporti di lavoro; b) un'offerta di equo indennizzo. 2. La soluzione di cui al comma 1, lettera b), è comunque adottata qualora il rapporto di lavoro sia stato interrotto, di fatto, per oltre sei mesi». 1.2. - Il collegio rimettente ricostruisce le vicende del giudizio principale nei termini che seguono. Il ricorrente, in applicazione della disciplina normativa regionale in base alla quale i vertici degli organi istituzionali vengono meno con l'insediamento del nuovo Consiglio regionale (cosiddetto spoils system), è stato dichiarato decaduto dall'incarico di direttore generale della Azienda USL Rm/E. Avverso tale decisione egli ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, proponendo in via incidentale domanda cautelare, che è stata rigettata dal giudice di primo grado. Il ricorrente ha successivamente proposto appello cautelare per l'annullamento e la riforma dell'ordinanza di reiezione del Tar Lazio. Chiamato a pronunciarsi su tale appello cautelare, il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative regionali istitutive del predetto sistema di spoils system. Tale disciplina legislativa (art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9, recante «Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2005»; art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, recante «Nuovo Statuto della Regione Lazio») è stata dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 104 del 2007. Prima della prosecuzione dell'appello cautelare, tuttavia, sono entrate in vigore le disposizioni legislative regionali impugnate, in applicazione delle quali la Regione Lazio, non essendo possibile disporre la reintegrazione a causa del decorso del periodo di sei mesi di interruzione di fatto del rapporto (art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 8 del 2007), ha “convenuto” un indennizzo pari a 15 mensilità, benché nessun accordo – chiarisce il collegio rimettente – sia stato formalizzato con il ricorrente, il quale ha invece insistito per l'adozione di ogni opportuna misura cautelare che valga a rendere effettiva la sentenza n. 104 del 2007 della Corte costituzionale. Nella camera di consiglio fissata per la ripresa dell'incidente cautelare, il Consiglio di Stato ha quindi nuovamente sospeso il giudizio, rimettendo alla Corte la questione di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni legislative regionali, introdotte, nelle more del giudizio, per disciplinare la posizione dei soggetti decaduti dall'incarico sulla base della disciplina già dichiarata illegittima con la citata sentenza n. 104 del 2007. 1.3. - In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che la disciplina impugnata risulta preclusiva dell'adozione di misure di tutela cautelare in forma specifica, le quali, in mancanza di tale disciplina, sarebbero invece accordate al ricorrente, come del resto sono state accordate a favore di altri direttori generali decaduti in base alla disciplina dichiarata illegittima con la medesima sentenza n. 104 del 2007. Per un verso, infatti, il venir meno ex tunc della base legislativa dei provvedimenti impugnati renderebbe scontato il giudizio prognostico sull'esito del ricorso, di cui all'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali). Per altro verso, la natura del pregiudizio subìto dal ricorrente, che ne mette in discussione la stessa identità professionale, giustificherebbe l'applicazione della tutela cautelare in forma specifica. Quest'ultima, tuttavia, risulta appunto preclusa dalla norma impugnata, la quale, in caso di interruzione di fatto del rapporto per oltre sei mesi, impone la soluzione dell'offerta di equo indennizzo, escludendo quella, che rappresenterebbe peraltro una solo apparente alternativa, del reintegro nella carica. 1.4. - In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente ritiene che la disciplina legislativa regionale impugnata contrasti con una pluralità di parametri costituzionali. In primo luogo, prevedendo la possibilità (e in certe condizioni la necessità) dell'indennizzo in luogo della reintegrazione, essa reintrodurrebbe, sebbene in una «forma onerosa», lo stesso meccanismo di spoils system che la Corte costituzionale ha già ritenuto non conforme a Costituzione, incorrendo, pertanto, nella stessa violazione dell'art. 97 Cost. rilevata dalla sentenza n. 104 del 2007. In secondo luogo, le disposizioni legislative regionali impugnate contrasterebbero con gli artt. 3, 24, 103 e 113 Cost. sotto un duplice profilo. Per un verso, esse risulterebbero lesive del principio di effettività della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, limitando tale tutela al solo profilo risarcitorio. Per altro verso, tale limitazione sarebbe irragionevolmente disposta soltanto a carico dei dirigenti decaduti in base a norme regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale e non anche a carico di dirigenti revocati dall'incarico con provvedimenti giudicati illegittimi nelle competenti sedi. Ciò rappresenterebbe una violazione dell'art. 3 Cost., «in termini di ragionevolezza della classificazione legislativa». In terzo luogo, secondo il Collegio rimettente, le modalità e i tempi di approvazione della normativa impugnata (in pendenza dei giudizi che avevano dato luogo alla pronuncia della Corte costituzionale n. 104 del 2007 e immediatamente dopo che il Consiglio di Stato aveva accordato la tutela cautelare in forma specifica in uno di tali giudizi) farebbero supporre che essa sia stata introdotta non per regolare in astratto la materia, ma per incidere sulle sorti del procedimento giurisdizionale in corso, con eccesso di potere legislativo e conseguente violazione dell'art. 101 Cost. Infine, la disciplina regionale, della cui costituzionalità il Consiglio di Stato dubita, riguarderebbe oggetti «(limiti agli effetti delle sentenze della Corte costituzionale e alla gamma delle misure cautelari nel processo amministrativo)» che rientrano nelle materie riservate dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. alla competenza esclusiva dello Stato: «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa». 2. - Si è costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio principale, che, aderendo pienamente agli argomenti sviluppati nell'ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, insiste per la fondatezza della questione di legittimità costituzionale nei termini prospettati dal Collegio rimettente. 3. - Si è costituito in giudizio il controinteressato nel giudizio principale, chiedendo il rigetto della sollevata questione di legittimità costituzionale. 4. - In prossimità dell'udienza pubblica, lo stesso controinteressato ha presentato istanza di rinvio dell'udienza, motivata come segue: «La Regione Lazio ha presentato una proposta di legge (n. 408 del 7.10.2008), messa all'ordine del giorno per l'approvazione del plenum del Consiglio del giorno 20 p.v. e che tale legge sostituirà la l. r. n. 8/07 sottoposta al vostro giudizio la cui udienza è fissata per il 21 ottobre p.v».
5. - Nel corso
dell'udienza, la difesa del controinteressato ha insistito per il rinvio
dell'udienza e prodotto copia della citata proposta di legge, approvata in
data 20 ottobre 2008 dal Consiglio della Regione Lazio, chiedendo che
siano rimessi gli atti al giudice a quo affinchè rivaluti la rilevanza
della questione alla luce del mutato quadro normativo di riferimento. Considerato in diritto 1. - Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazione degli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. In particolare, secondo il Collegio rimettente, la violazione dell'art. 97 della Costituzione deriverebbe dalla circostanza che le disposizioni impugnate escludono la obbligatoria reintegrazione del dirigente che sia automaticamente decaduto dall'incarico in base ad una disposizione dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Tali disposizioni, nel prevedere la facoltà della Giunta regionale di offrire al dirigente un indennizzo in luogo della reintegrazione e, soprattutto, nel disporre l'obbligo della Giunta stessa di offrire l'indennizzo nel caso di interruzione di fatto del rapporto per un periodo superiore a sei mesi, avrebbero l'effetto – secondo il rimettente – di «reintrodurre la possibilità di far luogo a quel meccanismo di spoils system che la Corte costituzionale ha già rilevato non conforme a Costituzione», dal momento che, «a ben vedere, la l. r. n. 8 del 2007 non è altro che una forma onerosa di spoils system». 1.2. - In via preliminare, va rilevato che risulta ininfluente, ai fini di questa decisione, la proposta di legge regionale di modifica delle disposizioni censurate, già approvata e non ancora pubblicata, cui ha fatto riferimento la difesa della parte privata costituita (controinteressata nel giudizio a quo), nella sua richiesta, non accolta, di rinvio dell'udienza di discussione. La Corte, infatti, ritiene che il contenuto di tale proposta – che riguarda la sostituzione della originaria previsione alternativa dell'offerta di equo indennizzo (di cui alla lettera b, dell'articolo 1, comma 1, della legge regionale Lazio n. 8 del 2007) con il risarcimento del danno, nonché la ridefinizione dell'ambito temporale di operatività della possibilità della deliberazione alternativa da parte della Giunta regionale (di cui all'art. 1, comma 2) – lascerebbe inalterato, per quanto rileva ai fini della presente questione, l'assetto normativo denunciato come costituzionalmente illegittimo dal giudice a quo e non inciderebbe, in considerazione dei profili di legittimità costituzionale prospettati, sulla decisione che il giudice rimettente è chiamato ad adottare. 1.3. - Vanno inoltre disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate, nel corso dell'udienza, dalla difesa del controinteressato nel giudizio principale, secondo la quale la questione posta dal rimettente sarebbe priva di rilevanza, da un lato, in ragione dell'intervenuto decorso, nelle more del giudizio, dell'originario termine di durata dell'incarico, e, dall'altro lato, in virtù dell'intervenuta approvazione dell'art. 1, comma 79, della legge regionale 11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio), per cui «sono prorogati sino al 30 giugno 2010 i contratti dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere attualmente in carica». Con riferimento alla prima eccezione di inammissibilità, il giudice rimettente, argomentando in modo non irragionevole, ha ritenuto che il suo potere di concedere la tutela cautelare resti insensibile rispetto alla circostanza di fatto del decorso del termine originariamente fissato per l'incarico, dal momento che «il lasso di tempo occorrente ad ottenere tutela giurisdizionale [...] non può mai risolversi in pregiudizio per la parte che la richiede». In relazione alla seconda eccezione di inammissibilità, va osservato che una legge che proroghi la durata degli incarichi dei direttori generali in carica non può avere l'effetto di sanare l'eventuale illegittimità degli atti con cui essi sono stati conferiti. 2. - La questione è fondata con riferimento all'art. 97 Cost.. A differenza di quanto accade nel settore privato, nel quale il potere di licenziamento del datore di lavoro è limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico il potere dell'amministrazione di esonerare un dirigente dall'incarico e di risolvere il relativo rapporto di lavoro, è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell'interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi. Si tratta di interessi che trovano riconoscimento nelle norme costituzionali, come questa Corte ha di recente chiarito con la sentenza n. 103 del 2007 e, con specifico riferimento alla posizione dei direttori generali di aziende sanitarie locali, con la sentenza n. 104 del 2007. In tale ultima pronuncia, in particolare, la Corte ha affermato che «l'imparzialità e il buon andamento esigono che la posizione del direttore generale sia circondata da garanzie». Le garanzie non mirano soltanto a proteggere il direttore generale come dipendente, ma discendono anche da principi costituzionali posti a protezione di interessi pubblici: l'imparzialità amministrativa, con cui, secondo quanto affermato da questa Corte, contrasta un regime di automatica cessazione dell'incarico che non rispetti il giusto procedimento; il buon andamento, che risulta pregiudicato, sempre in base alla giurisprudenza di questa Corte, da un sistema di automatica sostituzione dei dirigenti che prescinda dall'accertamento dei risultati conseguiti. Da tutto ciò deriva, sul piano degli strumenti di tutela, che forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno o le indennità riconosciute dalla disciplina privatistica in favore del lavoratore ingiustificatamente licenziato, non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da atti illegittimi di rimozione di dirigenti amministrativi. In particolare, la circostanza che il direttore generale di azienda sanitaria locale, rimosso automaticamente e senza contraddittorio, riceva, in applicazione della disposizione legislativa regionale impugnata, un ristoro economico, non attenua in alcun modo il pregiudizio da quella rimozione arrecato all'interesse collettivo all'imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione. Tale pregiudizio, anzi, appare in certa misura aggravato, dal momento che, come correttamente rileva il Collegio rimettente alludendo ad una «forma onerosa di spoils system», la collettività subisce anche un aggiuntivo costo finanziario: all'obbligo di corrispondere la retribuzione dei nuovi dirigenti sanitari, nominati in sostituzione di quelli automaticamente decaduti, si aggiunge, infatti, quello di corrispondere a questi ultimi un ristoro economico. Gli altri profili di censura restano assorbiti. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale). Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2008. F.to: Giovanni Maria FLICK, Presidente Sabino CASSESE, Redattore Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2008. Il Cancelliere F.to: FRUSCELLA |
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