Licenziamento: proporzionalità dello stesso rispetto alla violazione
Con sentenza n. 17058 del 12 novembre 2003 la Cassazione ha affermato che il licenziamento è sanzione estrema, comminabile dal datore di lavoro solo dopo aver valutato in concreto il comportamento del lavoratore, le giustificazioni da quest'ultimo fornite e la proporzionalità fra i fatti e la sanzione stessa. Solo quando risulti l'irrimediabile compromissione del rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra datore di lavoro e lavoratore risulterà giustificata la scelta dell'estrema misura del licenziamento. Nel caso di specie, un dipendente veniva licenziato per aver rifiutato, al ritorno da un'assenza per malattia, di sottoporsi a visita medica del servizio sanitario aziendale, obbligatoria per legge. Il rifiuto era motivato dalla non conformità della visita all'articolo 5 della legge 300/70 - Statuto dei lavoratori - che vieta simili accertamenti da parte dei datori di lavoro. Secondo la Cassazione, che ha cassato la sentenza del giudice di secondo grado, occorreva tenere presenti le differenze fra il comportamento di chi puramente e semplicemente rifiuta di osservare ciò che la legge prescrive e di chi, invece, giustifica l'inosservanza richiamandosi al rispetto di un principio posto da una norma, anch'essa giuridica ma di rango superiore, quale la norma costituzionale, quando la serietà e la non pretestuosità di un tale richiamo sia resa palese dal fatto che della questione sia stato necessario investire il giudice delle leggi, e che questi non l'abbia disattesa con una dichiarazione di manifesta infondatezza.
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