Trattamento di trasferta e computo delle ore di viaggio
La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 15 del 2 aprile 2010, ha risposto ad un quesito dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), in merito alla possibilità di considerare quale orario di lavoro le ore di viaggio per trasferte e per conoscere l’eventuale trattamento economico delle stesse alla luce della vigente legislazione in materia.
La risposta in sintesi:
"...Pertanto il tempo impiegato dal
lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante la trasferta non
costituisce esplicazione dell’attività lavorativa ed il disagio che deriva al
lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta.
D’altro canto la giurisprudenza, seppure con riferimento alla nozione di orario
di lavoro effettivo dettata dal R.D. n. 692/1923, ha negato costantemente che il
tempo di viaggio in occasione della trasferta possa rientrare nell’esplicazione
dell’attività lavorativa (si vedano in tal senso le sentenze della Cassazione n.
1202 del 3 febbraio 2000; n. 5359 del 10 aprile 2001; n. 1555 del 3 febbraio
2003 e del Consiglio di Stato n. 8522 del 24 dicembre 2003) evidenziando che il
disagio psico-fisico e materiale del lavoratore viene compensato dall’indennità
di trasferta.
Più recentemente, con la sentenza n. 5701 del 22 marzo 2004, la Cassazione ha
affermato che “il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro rientra
nell’attività lavorativa vera e propria (con sommatoria al normale orario di
lavoro), allorché sia funzionale rispetto alla prestazione. Tale requisito
sussiste quando il dipendente, obbligato a presentarsi alla sede dell’impresa,
sia inviato, di volta in volta, in varie località per svolgere la prestazione
lavorativa”.
Tuttavia, sempre nella stessa sentenza, la giurisprudenza di legittimità ha
precisato che “salvo diverse previsioni contrattuali, il tempo impiegato
giornalmente per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della
trasferta non può considerarsi come impiegato nell’esplicazione dell’attività
lavorativa vera e propria, non facendo parte dell’orario di lavoro effettivo, e
non si somma quindi al normale orario di lavoro”.
Le decisioni giurisprudenziali citate confermano quanto già disposto dal dettato
legislativo ovvero che, in caso di trasferta, le relative ore di viaggio non
possono essere computate nell’orario di lavoro e il trattamento economico che ne
deriva non può che essere di natura indennitaria, nei limiti di quanto disposto
dall’art. 51, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).
Si ricorda comunque che proprio l’art. 8,
comma 3 del D.Lgs. n. 66/2003 consente alla contrattazione collettiva una
differente disciplina delle trasferte che stabilisca in quali casi il tempo di
viaggio possa essere considerato come servizio a tutti gli effetti in quanto
modalità di espletamento delle prestazioni lavorative (v. ad es. art. 44, comma
1 lett. f, CCNL del 16 maggio 2001 integrativo del CCNL del personale del
comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999).
L’eventuale deroga effettuata in sede di contrattazione collettiva, d’altra
parte, risulta in linea con la nozione di orario di lavoro, nel quale è logico
ricomprendere tutto quanto svolto dal lavoratore nell’esercizio della sua
attività o delle sue funzioni nel periodo in cui si trova al lavoro e a
disposizione del datore di lavoro.
A parere della scrivente, inoltre, sembra opportuno valutare le eventuali
deroghe anche alla luce di quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza n.
5701 del 22 marzo 2004 da ultimo citata, nella quale l’evidente apertura nel
considerare le ore di viaggio quale esplicazione dell’attività lavorativa
risiede nella funzionalità del tempo impiegato per il viaggio rispetto alla
prestazione).".
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - www.dplmodena.it