Cambio appalto e tutela dei diritti dei lavoratori
La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 22 del 1° agosto 2012, ha risposto ad un quesito dell'Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi, per conoscere “quale possa essere lo strumento legale assimilabile al cambio d’appalto e che ne qualifichi lo spessore giuridico-contrattuale” e quale tutela sia esperibile “al fine di garantire i diritti dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro”.
La risposta in sintesi:
"...
Alla luce di quanto sopra va rilevato che l’ordinamento, pur non disciplinando
direttamente il meccanismo del cambio appalto previsto dalla contrattazione
collettiva, concede comunque sufficienti tutele al lavoratore, sia nei confronti
del datore di lavoro che ne intima il licenziamento per la conclusione
dell’appalto, sia nei confronti della società nuova appaltatrice.
Va da
ultimo osservato che, sebbene l’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 non
ammetta la riconduzione del cambio appalto al trasferimento d’azienda o di un
ramo di essa, ciò non esclude che, se in sede giudiziaria si accerta che in
concreto si tratta di ipotesi riconducibili alla previsione dell’art. 2112 c.c.,
occorrerà applicare la relativa disciplina con riconoscimento, quindi, della
continuità dei rapporti di lavoro tra impresa cedente e cessionaria (v. Cass.
civ., sez. lav., n. 493/2005 che ha ravvisato il trasferimento d’azienda in
un’ipotesi di successione nell’appalto di servizi con passaggio di beni di non
trascurabile entità; v. anche Trib. Roma, sent. 20 novembre 2007 e Trib. Roma,
ordinanza 9 giugno 2005 secondo cui l’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003 “non
può interpretarsi nel senso che in ogni ipotesi di subentro di un appaltatore a
un altro debba escludersi ex lege il trasferimento di azienda, piuttosto tale
norma va intesa nel senso che nei cambi di gestione non vi è trasferimento
d’azienda per il solo fatto che via acquisizione di personale”).".
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