Ipotesi di legittimo demansionamento del lavoratore
La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 39 del 21 settembre 2011, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito alla corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 56 del D.Lgs. n. 151/2001, con riferimento alle modalità di esercizio del diritto della lavoratrice al rientro e alla conservazione del posto di lavoro successivamente alla fruizione del periodo di astensione per maternità.
La risposta in sintesi:
"...Ciò premesso, fermo restando il
divieto di licenziamento della lavoratrice madre sancito dall’art. 54, comma 1,
D.Lgs. n. 151/2001 – ai sensi del quale “le lavoratrici non possono essere
licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine del periodo di
interdizione dal lavoro (…) nonché fino al compimento di un anno di età del
bambino” – appare opportuno esaminare i presupposti indispensabili per il
corretto esercizio del ius variandi datoriale, nonché tracciare i
confini entro i quali il datore di lavoro possa proporre legittimamente alla
lavoratrice l’attribuzione di mansioni inferiori alle ultime svolte.
In linea
con il richiamato orientamento giurisprudenziale, sembra potersi considerare
lecito il patto di demansionamento sottoscritto tra il datore e la lavoratrice
madre, rientrante in servizio in epoca antecedente al compimento di un anno di
età del bambino. In tal caso, occorre tuttavia verificare che il contesto
aziendale sia tale che, per fondate e comprovabili esigenze tecniche,
organizzative e produttive o di riduzione di costi, non sussistano alternative
diverse per garantire la conservazione del posto di lavoro e per consentire
aliunde l’esercizio delle mansioni.
Non appare invece lecito, finché dura il
periodo in cui vige il divieto di licenziamento, che dalla soluzione innanzi
prospettata consegua anche la decurtazione della retribuzione, in quanto tale
soluzione appare in contrasto con la finalità della norma che comunque preclude
il recesso datoriale anche nelle ipotesi di soppressione del posto di lavoro (a
meno che non si verifichi la cessazione dell’attività dell’azienda).
Con
riferimento al secondo quesito, nella misura in cui l’azienda dovesse adottare,
quale extrema ratio, il provvedimento di licenziamento nei confronti di alcuni
lavoratori in solidarietà per soppressione della funzione, ciò potrebbe
comportare il venir meno dell’erogazione dei benefici di cui all’art. 5, comma
5,
Legge n. 236/1993, considerando che non sussisterebbero più, in tale
ipotesi, le condizioni in forza delle quali è stata avviata la procedura per la
stipulazione dei contratti di solidarietà stessi.
Inoltre, in ogni caso,
qualora il datore di lavoro proponga un demansionamento ai lavoratori occupati
con contratti di solidarietà nell’ambito di reparti soppressi, dovrà
evidentemente predisporre un nuovo piano di risanamento e procedere alla
successiva stipulazione di un nuovo accordo sindacale per la solidarietà.".
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - www.dplmodena.it