Trasferimento d'azienda e accesso a benefici contributivi

 

La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con interpello n. 18 del 20 marzo 2009, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, in merito alla possibilità, per le società cessionarie di aziende che abbiano proceduto a riduzioni di personale ai sensi degli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991, di accedere alle agevolazioni contributive di cui all’art. 8, commi 2 e 4, della stessa L. n. 223 qualora assumano il medesimo personale posto in mobilità, decorso il termine di sei mesi dall’intimazione di licenziamento.
 

La risposta in sintesi:

 

".... Per quanto specificamente attiene all’ipotesi del trasferimento di azienda, si osserva quanto segue.
La nozione di “azienda” cui fanno riferimento le norme in materia – in conformità sia della complessiva evoluzione indotta dal diritto comunitario, segnatamente attraverso le direttive nn. 77/187/CEE e 98/50/CEE, sia dei numerosi precedenti della Corte di Giustizia – è quella di entità economica, caratterizzata dall’impiego complessivo di mezzi (secondo il dettato dell’art. 2555 c.c.) e di lavoratori stabilmente organizzati al fine di svolgere un’attività produttiva, non rilevando invece il soggetto titolare ovvero l’imprenditore datore di lavoro (cfr. Cass. 20 gennaio 2005 n. 1113).
Ciò premesso, giova sottolineare che l’art. 2112 c.c., comma 5, individua espressamente il concetto di “trasferimento d’azienda”, stabilendo che esso si realizza mediante “qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata (…) che conserva nel trasferimento la propria identità”, a prescindere dalla tipologia negoziale utilizzata. Il comma 1 del citato articolo precisa inoltre che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Con riferimento alle eventuali agevolazioni contributive, la Suprema Corte ha precisato, più volte, che il loro riconoscimento presuppone l’effettiva cessazione dell’azienda originaria e la sussistenza, in caso di nuove assunzioni da parte di altra impresa, di reali esigenze economiche. Ne consegue che ove l’azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare, non rilevando né se titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante né lo strumento negoziale utilizzato per la cessione, “la prosecuzione del rapporto o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l’effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art. 2112 c.c., e succ. mod.), come tale non
meritevole dei benefici della decontribuzione” (ex multis Cass. 9 marzo 2007 n. 5554; Cass. 20 gennaio 2005 n. 1113; Cass. 28 ottobre 2002 n. 15207).
Tenendo dunque in debito conto le precisazioni della Suprema Corte, appare dunque corretto ribadire quanto già chiarito con risposta ad interpello prot. 25/I/0001564 del 13 luglio 2006, secondo cui “non appare superfluo ricordare il disposto dell’art. 8, comma 4 bis, della L. n. 223/1991. In base al comma richiamato e all’art. 2, comma 1, della L. 19 luglio 1994, n. 451, che ha convertito il D.Lgs. n. 299/1994, il diritto ai benefici economici previsti dalla legge non sussiste con riferimento ai lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di imprese dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risultino con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo. Le disposizioni intendono garantire che le agevolazioni contributive vengano riconosciute esclusivamente per assunzioni dettate da reali esigenze economiche e non perché finalizzate al solo godimento degli incentivi attraverso fittizie interruzioni dei rapporti di lavoro già precedentemente decise. In conclusione, dunque, l’azienda che ha posto in mobilità i lavoratori può riassumerli usufruendo di benefici contributivi ed economici una volta che siano trascorsi sei mesi dal licenziamento”.”.
 

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L'interpello

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