Compensi percepiti a titolo di cessione dello sfruttamento economico del diritto di autore, d’immagine e di replica
La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del
Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con interpello n. 30 del 20 marzo
2009, ha risposto ad un quesito dell'Associazione Produttori Televisivi (A.P.T.),
in merito alla previsione di cui all’art. 43, comma 3, della L. n. 289/2002 ed
in merito a due punti della circolare n. 1/2004 dell'Enpals e precisamente il
capoverso 13 del paragrafo 2 sul diritto di autore ed il capoverso 5 del
paragrafo 3 sul diritto di immagine. La predetta circolare ha ad oggetto “Compensi
percepiti a titolo di cessione dello sfruttamento economico del diritto di
autore, d’immagine e di replica. Trattamento contributivo”.
La risposta in sintesi:
".... Al di là di quanto finora esposto, che appartiene ad un
ambito “patologico”, occorre tuttavia fare una riflessione più generale. I
soggetti con scarsa notorietà sono quelli che si trovano oggettivamente
avvantaggiati dalle regole introdotte dalla L. n. 289/2002, per il fatto che
possono più estesamente beneficiare della esenzione contributiva prevista dalla
norma.
Su questo punto è stata anche rilevato (v. ad es. Cass. n. 9630/2004) che la L.
n. 289/2002 persegue anche una finalità di giustizia contributiva, nella misura
in cui l’imponibilità risulta proporzionalmente più alta al crescere dei
compensi per la cessione del diritto d’immagine.
2. Il compenso deve essere percepito per prestazioni riconducibili alla medesima attività: è un punto, questo, chiarito dalla circolare Enpals n 1/2004, che riferendosi proprio al diritto di immagine osserva come “la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine non possa che riguardare che attività ulteriori rispetto a quelle direttamente connesse allo svolgimento della prestazione lavorativa”.
Il che è conforme all’opinione consolidata per la quale, nella
prestazione lavorativa svolta dall’attore vi rientra strettamente ed
implicitamente la sua immagine. La prestazione artistica e la sua immagine sono
destinate ad incorporarsi nel prodotto oggetto dell’attività economica. Pertanto
il diritto di immagine a cui riferisce si la norma di legge deve riguardare
attività ulteriori rispetto alla prestazione lavorativa e che si configurano
tipicamente nell’utilizzo della immagine dell’attore per attività pubblicitarie
e promozionali.
A puro titolo di esempio (ispirato alla sentenza della Cassazione n. 9630/2004),
rileviamo che non è infrequente, nella pratica, che l’attore presti la propria
attività lavorativa alle dipendenze di una determinata società di produzione,
sia A, per la realizzazione di uno spot pubblicitario e percepisca a titolo di
retribuzione una certa somma, sia 1000. La società A è obbligata al versamento
dei contributi sull’intera somma. Lo stesso attore cede poi alla società B, di
pubblicità, il diritto di sviluppare, dallo spot realizzato con la società A,
una campagna pubblicitaria e riceve un compenso per la cessione del diritto di
immagine. Si tratta infatti di una attività, quella consistente nella campagna
pubblicitaria, ulteriore rispetto alla attività di prestazione lavorativa con la
società A, ma ad essa collegata perché la pubblicità si avvale dello spot già
realizzato e dunque tale da consentire un compenso per cessione del diritto di
immagine. Se il compenso per la cessione del diritto di sfruttamento della sua
immagine è di 2000, la società B prende atto che il compenso già percepito
dall’attore per la realizzazione dello spot è 1000 e che pertanto il compenso
totale è 3000.
Poiché il compenso per cessione del diritto di immagine non può superare il 40% di 3000 ossia 1200, l’importo di 1200 è esente da contribuzione, mentre vi resta soggetta la residua somma di 1800. Poiché la contribuzione è stata già effettuata sull’importo di 1000, resta da assoggettare a contribuzione ancora l’importo di 800 e tale compito è a carico della società B.
Infine, questa Direzione ritiene di aggiungere una notazione di
carattere contrattuale. Affinché uno schema contrattuale sia valido, ossia abbia
i requisiti perché in base ad esso sia legittimo ripartire il compenso totale
tra compenso per la prestazione lavorativa e compenso per la cessione
dell’utilizzazione del diritto di immagine nella misura massima del 40%, è
necessario che la volontà delle parti sia espressa a questo fine con
l’inserimento di apposite clausole. Il tenore di queste clausole deve
rappresentare la volontà dell’interprete (attore) di acconsentire all’utilizzo
della sua immagine, in relazione ad ulteriori attività (solitamente di natura
promozionale e pubblicitaria), diverse dalla prestazione artistica, ma ad essa
collegate. Tali attività possono essere non soltanto specificamente individuate,
se ciò sia possibile, ma anche descritte come “genus” e ad esse le future
attività dovranno essere conformi.”.
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - www.dplmodena.it