CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE

 

D: Cos’è il contratto di lavoro intermittente?

R: E’ un contratto di lavoro a carattere discontinuo attraverso il quale il lavoratore si impegna a svolgere le proprie prestazioni lavorative “a chiamata” del datore di lavoro.

 

D: Ha natura autonoma o subordinata?

R: Il contratto di lavoro intermittente presenta tutte le caratteristiche della subordinazione: di conseguenza, vanno effettuate tutte le usuali comunicazioni in materia di collocamento previste dal D. L.vo n. 297/2002. Si ritiene che tale comunicazione debba essere effettuata all’inizio del rapporto e non ogni volta che il datore di lavoro “chiama” il  lavoratore. Il contratto può essere a tempo determinato (con il richiamo alle causali previste dal D. L.vo n. 368/2001 sui contratti a termine ed alla casistica prevista dalla contrattazione collettiva) che a tempo indeterminato.

 

D: E’ possibile utilizzare tale formula contrattuale a partire dal 24 ottobre 2003?

R: In linea generale (ad eccezione dei casi che saranno evidenziati al punto successivo) ciò sarà possibile allorquando la contrattazione collettiva individuerà le esigenze. Se ciò non avverrà  sarà il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali a sostituirsi, dopo un periodo quantificabile in cinque mesi dall’entrata in vigore, a convocare le parti ed a suggerire ipotesi di soluzione: in mancanza delle quali sarà egli stesso che provvederà con decreto, tenendo conto delle indicazioni emerse dalla trattativa e dagli eventuali spunti offerti dalla contrattazione interconfederale postulata dall’art. 86, comma 13, del D. L.vo n. 276/2003.

 

D: Quali sono le eccezioni alla regola generale?

R: In via provvisoria (per un periodo che il Legislatore delegato ha individuato in 18 mesi) il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato, a partire dal 24 ottobre 2003, per i giovani fino a 25 anni e per i soggetti con oltre 45 anni di età espulsi dai processi produttivi ed iscritti nelle liste di mobilità o negli elenchi anagrafici di chi cerca lavoro.

 

D: Come si intendono i limiti di età?

R: Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha sempre inteso, con riferimento ad altri istituti e tipologie le parole “fino a….” (termine ultimo), come il giorno del compleanno.

 

D: Quando è vietato il ricorso al lavoro intermittente?

R: Ciò si verifica in alcune ipotesi “classiche” già previste in altre tipologie contrattuali:

a)      sostituzione di lavoratori in sciopero;

b)      in caso di licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori con le stesse mansioni o allorquando vi sia una sospensione o una riduzione dell’orario di lavoro, con indennità a carico dell’INPS (CIG, CIGS, contratti di solidarietà, ecc.) che interessi lavoratori con mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente. Il periodo di divieto è di 6 mesi, fatto salvo un eventuale accordo sindacale che ponga termini diversi;

c)      Nelle imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ex D. L.vo n. 626/1994.

 

D: Il contratto deve essere stipulato in forma scritta?

R: Il contratto va stipulato in forma scritta (art. 35) e deve contenere alcuni elementi essenziali riferibili alla durata ed alle ipotesi, al luogo ed alle modalità della disponibilità (qualora essa sia garantita al lavoratore), al preavviso di chiamata, al trattamento economico e normativo, alle forme e modalità della prestazione, ai tempi del pagamento dell’indennità di disponibilità ed alle misure eventuali sulla sicurezza e la salute.

 

D: Quale è il termine per il preavviso di chiamata?

R: Fatta salva una diversa pattuizione, esso non può essere inferiore ad un giorno lavorativo.

 

D: Cosa è l’indennità di disponibilità?

R: Essa è una indennità mensile, divisibile in quote orarie, stabilita dai contratti collettivi o, in alternativa, dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con proprio decreto, aggiornato periodicamente. Essa non ha natura obbligatoria (nel senso che nel contratto individuale può anche non essere prevista) ma è chiaro che con essa si rafforza il vincolo tra datore di lavoro e lavoratore che (fatte salve talune clausole esimenti) è tenuto a rispondere alla chiamata.

 

D: Si versa la contribuzione sull’indennità di disponibilità?

R: La contribuzione si versa sull’effettivo ammontare, in deroga alla normativa sul minimale contributivo.

 

D: L’indennità di disponibilità esplica i suoi effetti anche su altri istituti?

R: Ciò è escluso dall’art. 36, comma 3.

 

D: Cosa succede se il lavoratore è malato o non può rispondere alla chiamata per un altro evento?

R: Il lavoratore deve avvertire tempestivamente l’azienda, con la specifica della durata dell’impedimento. Durante tale periodo non matura l’indennità di disponibilità.

 

D: Cosa succede se il lavoratore non avverte il datore della propria indisponibilità?

R: Il lavoratore, fatta salva una diversa previsione del contratto individuale, perde il diritto all’indennità di disponibilità per 15 giorni.

 

D: Cosa succede se il lavoratore non percepisce l’indennità di disponibilità (la cui immissione nel contratto non è obbligatoria)?

R: Il vincolo contrattuale è meno forte ed, ovviamente, non trovano applicazione le disposizioni circa la corresponsione, gli effetti correlati e l’interruzione.

 

D: Cosa comporta il rifiuto a rispondere alla chiamata stabilita contrattualmente?

R: Il rifiuto ingiustificato può comportare la risoluzione del rapporto di lavoro, la restituzione dell’indennità di disponibilità eventualmente percepita dopo il rifiuto ingiustificato, ed un risarcimento del danno (definito “congruo”) previsto dai contratti collettivi o dal contratto individuale.

 

D: Può il lavoratore intermittente riscattare i periodi di “non lavoro”?


R: La risposta è positiva, ma per far ciò occorrerà attendere un decreto “concertato” tra Welfare e Ministero dell’Economia e Finanze finalizzato ad identificare la retribuzione convenzionale.

 

D: Sono possibili contratti di lavoro intermittente con più datori di lavoro?

R: Da un punto di vista teorico la risposta potrebbe essere positiva, fermo restando che le prestazioni non debbono interferire da un punto di vista temporale.

 

D: E’ possibile il lavoro intermittente in alcuni periodi predeterminati?

R: L’art. 37 fa riferimento ai c.d. “contratti week-end””, alle ferie estive, ai periodi natalizi e pasquali. In tali casi l’eventuale indennità di disponibilità (ma ci si deve trovare in presenza di contratti stipulati soltanto per tali periodi) è corrisposta soltanto se il datore di lavoro effettua la chiamata.

 

D: Quale è il trattamento economico e normativo del lavoratore quando presta la propria opera?

R: L’art. 38 afferma che il trattamento economico e normativo non deve essere complessivamente inferiore a quello di altro dipendente di pari livello. Ciò significa che allo stesso, sia pure in proporzione, spettano anche le eventuali somme integrative disposte a livello aziendale, anche correlate al raggiungimento di obiettivi d’impresa. Ciò si evince chiaramente anche dal comma 2, ove si parla di “proporzione” per una serie di istituti legali e contrattuali (es. ferie, congedi parentali, ecc.).

 

D: Come vanno computati i lavoratori intermittenti?

R: La risposta è importante soprattutto in tutte quelle ipotesi in cui alcuni istituti sono correlati al computo numerico dei dipendenti (es. legge n. 68/1999 sull’avviamento dei disabili). Ebbene, essi vanno computati nell’organico dell’impresa, in proporzione all’orario svolto effettivamente in ciascun semestre.