Primi chiarimenti - da parte della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - relativi all'art. 1-ter della Legge n. 102/2009 riguardante la c.d. "Regolarizzazione selettiva del personale addetto all’attività di assistenza e di sostegno alla famiglia".
Con un emendamento approvato nel corso della discussione parlamentare, è stata disciplinata la c.d. “regolarizzazione selettiva del personale addetto all’attività di assistenza e di sostegno alla famiglia” che non riguarda soltanto i lavoratori e le lavoratrici extra comunitarie irregolari, ma anche i cittadini italiani e quelli comunitari.
La riflessione che segue è, ovviamente, soltanto un primo approccio alla materia, atteso che, sull’argomento, dovranno, a breve, intervenire una serie di chiarimenti amministrativi a livello dei Ministeri interessati e, per la parte che gli compete relativamente ai cittadini comunitari, dallo stesso INPS. La norma, ad esempio, dovrà essere correlata con la legge n. 94/2009, in vigore dall’8 agosto anche per il c.d. “reato di clandestinità”, atteso che la legge n. 102/2009, seppur vigente dal 5 agosto, esplicherà i propri effetti per quel che concerne la sospensione dei procedimenti amministrativi e penali sulle irregolarità, per collaboratori familiari e i badanti, solo a partire dal 1° settembre, a seguito della procedura di regolarizzazione.
Fatta questa premessa, è necessario entrare nello specifico articolato.
Il primo problema da focalizzare riguarda i destinatari della norma, ossia coloro che possono avanzare l’istanza di regolarizzazione.
Essi sono i cittadini italiani o quelli di un paese aderente all’Unione Europea, o i datori di lavoro domestico extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo (art. 9 D.L.vo n. 286/1998) che hanno alle proprie dipendenze irregolarmente almeno dal 30 marzo 2009 (tre mesi prima del 30 giugno) cittadini italiani, comunitari o stranieri, addetti ad attività di assistenza propria, in quanto portatore di handicap, o di un membro della famiglia non autosufficiente, o addetti al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Il periodo per dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro è compreso tra il 1° ed il 30 settembre 2009.
La procedura, individuata dal Legislatore, è diversa a seconda che si tratti di lavoratori italiani e comunitari o extra comunitari.
Nel caso in cui la regolarizzazione riguardi le prime due categorie, l’istanza va inviata all’INPS, utilizzando un modello telematico predisposto dall’Istituto: per un esame dei contenuti dello stesso bisognerà, quindi, attendere la sua emanazione..
Se, invece, l’emersione concerne lavoratori extra comunitari, la domanda va trasmessa, sempre teelmaticamente, allo Sportello Unico per l’Immigrazione, ubicato presso la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo. Essa (comma 4) deve contenere, a pena di inammissibilità:
a) i dati identificativi del datore di lavoro: se costui è extra comunitario anche quelli relativi al titolo di soggiorno di lungo periodo che è rilasciato dopo almeno 5 anni anni di permanenza sul territorio nazionale;
b) le generalità e la nazionalità del lavoratore extra comunitario occupato e l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente valido per l’ingresso in Italia;
c) tipologia e modalità di impiego: qui va specificato se si tratta di collaboratore familiare o di badante e se a tempo pieno o a tempo parziale;
d) attestazione di un reddito non inferiore a 20.000 euro in caso di nucleo familiare con un solo percettore di reddito (mono reddito) o 25.000 euro in caso di più percettori di reddito. Il requisito reddituale è esplicitamente richiesto soltanto per i collaboratori familiari e non per i badanti;
e) dichiarazione dell’occupazione del lavoratore nel periodo considerato (almeno dal 30 marzo 2009);
f) dichiarazione che la retribuzione convenuta non è inferiore a quella prevista dal CCNL e che l’orario lavorativo, nel caso di un collaboratore familiare, non è inferiore a venti ore settimanali;
g) la proposta di contratto di soggiorno, ai sensi dell’art. 5 – bis del D.L.vo n. 286/1998;
h) gli estremi della ricevuta di pagamento del contributo forfetario di 500 euro previsto al comma 3.
Sia nella regolarizzazione INPS che in quella presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione è previsto un contributo, a carico del datore di lavoro, di 500 euro che non è deducibile ai fini dell’IRPEF, come avviene, in via ordinaria, fino ad un certo tetto, per la contribuzione relativa al personale domestico.
La dichiarazione di emersione (comma 5) determina la rinuncia alla eventuale richiesta di nulla osta per lavoro subordinato presentata a seguito dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per i flussi relativi agli anni 2007 e 2008.
Il comma 6 chiarisce quanti lavoratori possono essere regolarizzati con la procedura da svolgere presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione: un collaboratore familiare e, a certe condizioni, due “badanti” per l’attività di assistenza in favore dei soggetti portatori di handicap.
Prima di entrare nel merito di altri specifici argomenti credo sia necessario effettuare alcune puntualizzazioni.
La prima riguarda il concetto di nucleo familiare: a mio avviso, ci si riferisce, anche per i riferimenti al reddito, a quello risultante dalla documentazione anagrafico-fiscale.
La seconda concerne il diverso trattamento normativo relativo alla regolarizzazione di lavoratori italiani o comunitari: qui non c’è alcun limite numerico e, inoltre, non c’è neanche l’obbligo di una prestazione per almeno venti ore settimanali, con la conseguenza che l’emersione può riguardare rapporti anche di durata inferiore.
Il comma 7 scandisce la procedura avanti allo Sportello Unico il quale, prima della convocazione delle parti, deve verificare la sussistenza di due requisiti:
a) l’ammissibilità della dichiarazione: questa deve contenere tutti gli elementi sopra indicati (ivi compresi sia gli estremi del pagamento di 500 euro effettuato presso un Ufficio Postale, che il periodo “minimo” di lavoro -almeno dal 30 marzo-, che le capacità reddituali);
b) il parere della Questura circa l’insussistenza dei motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno.
La convocazione delle parti ha lo scopo di giungere alla stipula del contratto di soggiorno e di avviare la domanda finalizzata al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Ma cosa deve portare il datore di lavoro: innanzitutto, in visione, l’originale dell’avvenuto pagamento di 500 euro e, poi, in caso di richiesta di personale “badante” (se ne possono chiedere, al massimo, due), una certificazione rilasciata dall’ASL o dal medico di base convenzionato che attesti la limitazione dell’autosufficienza della persona per la quale è stata richiesta l’assistenza. Se la richiesta di emersione è per due persone, la certificazione deve, altresì, attestare la necessità di entrambe. La certificazione è necessaria, pena l’inammissibilità della dichiarazione di emersione (con tutte le ovvie conseguenze del caso). Eventuali meri errori materiali non sono di pregiudizio alla ammissibilità dell’istanza. La certificazione sanitaria non è, ovviamente, autocertificabile ex DPR n. 445/2000.
Ma cosa succede se le parti non si presentano alla convocazione? Tranne l’ipotesi del giustificato motivo, il procedimento viene archiviato.
Una volta stipulato il contratto di soggiorno il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la comunicazione obbligatoria di assunzione all’INPS nelle ventiquattro ore successive.
Il comma 7 termina ricordando come gli oneri economici correlati al rilascio del permesso di soggiorno siano a carico del richiedente.
Con il successivo comma 8 si entra nel c.d. “campo della sospensione dei procedimenti amministrativi e penali” nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore. In particolare sono sospesi quelli :
a) relativi all’ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione delle ipotesi previste dall’art. 12 del D.L.vo n. 286/1998;
b) relativi all’impiego di lavoratori anche se rivestano carattere finanziario, fiscale, previdenziale od assistenziale.
Tale sospensione opera dal momento in cui la legge di conversione entra in vigore e fino al momento in cui si è concluso il procedimento amministrativo di regolarizzazione: se si procede al rigetto dell’istanza o ad una sua archiviazione, la “non punibilità amministrativa o penale”, cessa dalla data del rigetto o dell’archiviazione.
Da un punto di vista strettamente operativo, l’archiviazione del procedimento (comunque avvenuta) o la reiezione dell’istanza autorizzano gli organi di vigilanza ad esercitare forme di controllo sulla prestazione denunciata con la presentazione dell’istanza, con i recuperi contributivi e le conseguenze sanzionatorie connesse.
Il lavoratore extra comunitario, finchè dura la procedura, non può essere espulso, tranne che per alcune ipotesi gravi evidenziate al comma 13:
a) espulsione ex art. 13, commi 1 e 2, lettera c) del D.L.vo n. 286/1998 e art. 3 della legge n. 155/2005;
b) segnalazione, in base ad accordi o convenzioni internazionali, di non ammissione nel territorio italiano;
c) condanna, anche non definitiva, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
Si tratta, in ogni caso, di situazioni personali che escludono “ab initio” la possibilità di iniziare la stessa procedura di regolarizzazione come, ad esempio, per i soggetti accompagnati alla frontiera per motivi di sicurezza, ordine pubblico o terrorismo o per gli extra comunitari condannati, anche con sentenza non definitiva, per un reato per cui è previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.
Ma cosa succede se il contratto di soggiorno è stipulato sulla base di una dichiarazione di emersione contenente dati non rispondenti al vero, come potrebbe accadere, ad esempio, nell’ipotesi in cui un rapporto di lavoro domestico sia stato fittiziamente ed artatamente dichiarato proprio per poter “godere” i benefici della regolarizzazione? Fatte salve le norme di natura penale, da un punto di vista civilistico non si può giungere che ad una conclusione: la nullità del contratto ex art. 1344 c.c. e la revoca del permesso di soggiorno eventualmente già rilasciato.
Il comma 14 presenta, sotto l’aspetto organizzativo e propositivo alcuni spunti interessanti. Con un primo decreto “concertato” tra Lavoro, Interno ed Economia è stabilita la ripartizione del contributo forfetario, sia per far fronte ai costi relativi alla organizzazione della regolarizzazione, che alle posizioni contributive del lavoratore interessato. Con un secondo decreto, questa volta del solo Ministro del Lavoro, sono stabilite le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali e assistenziali concernenti il periodo antecedente il 30 marzo, se lavorato.
Su quest’ultimo punto, è necessaria, a mio avviso, una riflessione: se il rapporto, come nella stragrande maggioranza dei casi, è sorto prima del 30 marzo 2009, converrà al datore di lavoro dichiarare l’effettiva data di inizio e pagare i contributi relativi con gli interessi (una cosa analoga fu fatta con la sanatoria del 2002), in quanto il solo pagamento dei 500 euro non sana i periodi precedenti per i quali potrebbe, a ragione, esserci un controllo degli organi di vigilanza degli Istituti e delle Direzioni provinciali del Lavoro.
Con il comma 15 si affronta il problema della falsità delle dichiarazioni, richiamando, innanzitutto, l’art. 76 del DPR n. 445/2000, ove si parla della punibilità delle false dichiarazioni che (il riferimento è agli articoli 45 e 46) si intendono equiparate, penalmente, a quelle fatte a pubblico ufficiale. Se il fatto è commesso attraverso l’alterazione o la contraffazione dei documenti o con l’utilizzazione di uno di questi documenti, la pena prevista è quella della reclusione da uno a sei anni, aggravata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale.
Il successivo comma 16 prevede uno scambio informativo sui versamenti contributivi dei lavoratori extra comunitari tra INPS e Ministero dell’Interno: tutto questo ai fini della valutazione dei requisiti per la permanenza dello straniero sul territorio italiano.
dr. Eufranio Massi