LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE[1]
a cura di Vitantonio Lippolis
Funzionario della DPL di Modena e membro del ristretto gruppo nazionale che si occupa di rispondere agli interpelli
Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza
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Il finanziamento delle Forme Pensionistiche Complementari e l’investimento dei contributi |
Le prestazioni: la Pensione Complementare e le altre opzioni |
Modulo di scelta di destinazione del TFR 2
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Introduzione |
Il sistema pensionistico italiano ha subito dagli anni novanta un processo di riforma per contenere la spesa pensionistica al fine di garantirne la sostenibilità. La riforma rappresenta un’importante evoluzione nella storia della previdenza italiana: essa è infatti incentrata sullo sviluppo di un sistema pensionistico basato su due “pilastri” (v. glossario: i pilastri), di cui il primo è rappresentato dalla previdenza obbligatoria (erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali ecc.) e assicura la pensione di base; il secondo, è rappresentato dalla previdenza complementare per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
Infatti, per i lavoratori entrati nel mondo del lavoro dopo il 1° gennaio 1996 o con pochi anni di servizio a quella data, la pensione pubblica sarà notevolmente inferiore all’ultimo stipendio percepito. Per attenuare tali effetti, la riforma ha previsto la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari per affiancare alla pensione obbligatoria una pensione aggiuntiva volta a contribuire al sostegno del tenore di vita nell’età anziana.
Lo Stato favorisce tale scelta prevedendo, per chi s’iscrive ad una forma pensionistica complementare, particolari vantaggi fiscali non altrimenti ottenibili scegliendo altre forme di investimento del risparmio. Al fine di consentire la formazione di una pensione complementare di importo più significativo, il decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 prevede che i lavoratori dipendenti possano scegliere di destinare alle forme pensionistiche complementari il proprio TFR futuro (non quello accantonato sino ad ora, che rimarrà dov’é). La legge finanziaria 2007 (Legge n. 296/2006, art. 1, commi 749-754) anticipa al 1° gennaio 2007 l’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 252/2005 (inizialmente fissata al 1° gennaio 2008). Con il decreto legge 13 novembre 2006, n. 279 è stato peraltro previsto che il versamento dei flussi di TFR e altri contributi, relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 giugno 2007, sia differito al 1° luglio 2007 e possa avvenire solo a condizione che la forma pensionistica complementare destinataria della scelta del lavoratore abbia nel frattempo ricevuto l’approvazione della COVIP.
Per la scelta da compiere in ordine alla destinazione del TFR, va tenuto presente che l’adesione alle forme pensionistiche complementari, pur non essendo obbligatoria, è un importante strumento finalizzato ad evitare di trovarsi nell’età anziana privi dei mezzi necessari a mantenere il precedente tenore di vita.
Va inoltre considerato che non aderendo si rinuncerà ad una serie di vantaggi: alla contribuzione del datore di lavoro (laddove prevista), alla deducibilità fiscale dei contributi versati, ad un regime fiscale dei rendimenti e delle prestazioni di particolare favore (v. “Le agevolazioni fiscali”) e ai rendimenti prodotti dal mercato finanziario, che negli ultimi anni sono stati nettamente superiori rispetto alla rivalutazione del TFR. Inoltre, con la scelta di conferire il TFR ad una forma pensionistica complementare non solo non si perde la possibilità di ottenere anticipazioni per far fronte alle proprie esigenze personali e familiari (v. “Le prestazioni - Anticipazioni”) ma l’importo anticipabile riguarderà, oltre al TFR, anche il proprio contributo, quello del datore di lavoro e i rendimenti conseguiti.
Va poi tenuto presente che la previdenza complementare, pur essendo principalmente diretta alla formazione di una rendita aggiuntiva alla pensione di base, offre comunque, la possibilità di percepire, dal momento del pensionamento, la prestazione in capitale di regola fino alla metà della posizione accumulata (v. “Le prestazioni: la pensione complementare”).
Chi è interessato dalla Riforma |
Sono interessati alla riforma della previdenza complementare attuata con il decreto legislativo n. 252/2005 ed entrata in vigore (per effetto delle modifiche introdotte dalla Legge n. 296/2006) dal 1° gennaio 2007 tutti i lavoratori dipendenti del settore.
Naturalmente, la specifica disciplina sul conferimento del Trattamento di fine rapporto (TFR) alle forme pensionistiche complementari, trova applicazione solo con riferimento ai lavoratori dipendenti.
Sono, al momento, esclusi dal campo di applicazione della riforma i pubblici dipendenti ai quali continua ad applicarsi la disciplina previgente.
Forme Pensionistiche Complementari |
Introduzione
Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate alla costituzione di una prestazione pensionistica integrativa, autorizzate e sottoposte alla vigilanza di una Autorità pubblica, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione – COVIP (v. oltre “COVIP”).
Dal 1° gennaio 2007 è entrato in vigore il Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 che prevede una nuova disciplina delle forme pensionistiche complementari.
Sono forme pensionistiche complementari: i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti, i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali nonché i fondi pensione preesistenti cioè quelli istituiti anteriormente al novembre 1992.
I diversi tipi di forma pensionistica complementare
Le forme pensionistiche complementari si distinguono in collettive ed individuali.
Sono forme collettive:
a) I fondi pensione di natura negoziale istituiti per effetto di un contratto o accordo collettivo di lavoro anche aziendale
b) I fondi istituiti o promossi dalle regioni
c) I fondi aperti che ricevono adesioni collettive
d) I fondi istituiti dalle casse professionali privatizzate
e) I fondi preesistenti
Forme individuali sono quelle attuate mediante fondi aperti sulla base di adesioni rigorosamente individuali ovvero mediante contratti di assicurazione sulla vita.
La scelta di aderire o meno ad una forma pensionistica complementare è sempre volontaria e personale.
I Destinatari
Alle forme pensionistiche complementari di carattere collettivo possono aderire:
a) i lavoratori dipendenti sia del settore privato che del settore pubblico;
b) i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo 276/2003 (legge Biagi): soggetti con contratto di lavoro in somministrazione, con contratto di lavoro intermittente, con contratto di lavoro ripartito, con contratto di lavoro a tempo parziale, con contratto di apprendistato, con contratto di inserimento, con contratto di lavoro a progetto, con contratto di lavoro occasionale;
c) i lavoratori autonomi;
d) i liberi professionisti;
e) i soci lavoratori di cooperative;
f) i soggetti che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari nonché i soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari e che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e non sono titolari di pensione diretta.
Alle forme pensionistiche complementari di carattere individuale (fondi aperti e PIP) possono aderire anche soggetti diversi da quelli sopra elencati come ad esempio i soggetti privi di reddito da lavoro non sussistendo alcuna preclusione in merito alla platea dei potenziali destinatari.
Possono iscriversi alle forme pensionistiche sia individuali che collettive anche i c.d. "soggetti fiscalmente a carico" cioè quei soggetti rispetto ai quali il percettore del reddito fruisce delle deduzioni o delle detrazioni prevista dalla normativa fiscale vigente. Perché i soggetti fiscalmente a carico possano effettivamente iscriversi ad un fondo pensione di natura negoziale è necessario che tale facoltà sia espressamente prevista dallo statuto del fondo pensione in oggetto.
Fondi Pensione Negoziali
I fondi pensione negoziali nascono da contratti o accordi collettivi anche aziendali che individuano l’area dei destinatari cioè i soggetti ai quali il fondo si rivolge sulla base dell’appartenenza ad un determinato comparto, impresa o gruppo di imprese o ad un determinato territorio (es. regione o provincia autonoma).
La attività del fondo pensione negoziale consiste essenzialmente nella raccolta delle adesioni e dei contributi, nell’individuazione della politica di investimento delle risorse la cui attuazione viene affidata a soggetti esterni specializzati nella gestione finanziaria ed, infine, nella erogazione delle prestazioni.
Il fondo pensione negoziale è un soggetto giuridico autonomo dotato di organi propri: l’assemblea, gli organi di amministrazione e controllo, il responsabile del fondo che in genere coincide con il direttore generale.
L’assemblea è formata da rappresentanti degli associati (più raramente, e limitatamente ai fondi preesistenti, da tutti gli associati). Gli organi di amministrazione e controllo sono costituiti per metà dai rappresentanti dei lavoratori iscritti e per l’altra metà dai rappresentanti dei datori di lavoro. I componenti degli organi di amministrazione e controllo e il responsabile del fondo devono essere in possesso di specifici requisiti di professionalità e onorabilità.
Per lo svolgimento di alcune attività, il fondo pensione negoziale si avvale di soggetti specializzati ed esterni alla sua struttura. Così, ad esempio, la gestione delle risorse finanziarie è affidata a soggetti specializzati (banche, società di intermediazione mobiliare, compagnie di assicurazione, società di gestione del risparmio); le risorse del fondo sono depositate presso la banca depositaria; le pensioni sono generalmente erogate da una compagnia di assicurazione.
Fondi Pensione Aperti
I fondi pensione aperti sono istituiti direttamente da banche, società di intermediazione mobiliare, compagnie di assicurazione e società di gestione del risparmio. Nell’ambito del patrimonio della società che li istituisce, i fondi pensione aperti costituiscono un patrimonio separato ed autonomo finalizzato esclusivamente all’erogazione delle prestazioni previdenziali.
L’adesione ai fondi aperti può avvenire in forma individuale o collettiva.
Si ha adesione in forma collettiva quando la fonte istitutiva della forma pensionistica complementare, invece di decidere di istituire uno specifico fondo pensione negoziale, sceglie uno o più fondi aperti come strumento per la realizzazione dell’obiettivo previdenziale.
La gestione finanziaria del fondo aperto è svolta generalmente dalla stessa società che lo ha istituito.
La banca depositaria, come per i fondi negoziali, deve essere un soggetto esterno.
Il responsabile del fondo aperto svolge la propria attività in modo autonomo rispetto alla società che ha istituito il fondo aperto e ha il compito di verificare che la gestione avvenga nell’esclusivo interesse degli aderenti e nel rispetto di norme, regolamenti e contratti.
L’interesse degli aderenti è tutelato anche dall’organismo di sorveglianza. Tale organismo ha il compito di controllare che l’amministrazione e la gestione del fondo avvengano in modo regolare e funzionale alle esigenze degli aderenti. La composizione dell’organismo di sorveglianza varia in funzione della tipologia di fondo pensione aperto. Possono farne parte rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro quando le adesioni al fondo avvengono su base collettiva.
Contratti di Assicurazione sulla vita con finalità previdenziali
Le forme pensionistiche complementari individuali possono essere realizzate anche mediante specifici contratti di assicurazione sulla vita.
In tal caso le regole che disciplinano il rapporto con l’iscritto sono contenute, oltre che nella polizza assicurativa, in un apposito regolamento, redatto in base alle direttive della COVIP al fine di garantire all’aderente gli stessi diritti e prerogative delle altre forme pensionistiche complementari.
Così come stabilito per le altre forme pensionistiche, le risorse finanziarie accumulate mediante tali contratti costituiscono patrimonio autonomo e separato. Analogamente ai fondi pensione aperti, inoltre, è prevista la figura del responsabile.
Fondi Pensione Preesistenti
I fondi pensione preesistenti sono forme pensionistiche complementari già istituite alla data del 15 novembre 1992.
L’adesione a questa tipologia di fondo avviene su base collettiva e l’ambito dei destinatari è individuato dagli accordi o contratti aziendali o interaziendali.
Tali fondi presentano caratteristiche peculiari rispetto ai fondi istituiti successivamente.
La scelta sulla destinazione del TFR |
In base a quanto previsto dalla Legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), dal 1° gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente del settore privato ha sei mesi di tempo per scegliere di destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturando (quindi quello futuro) alle forme pensionistiche complementari o mantenere il TFR stesso presso il datore di lavoro.
In relazione all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori.
Lavoratori dipendenti
iscritti ad un ente di previdenza obbligatoria dal 29 aprile 1993.
La scelta del
lavoratore sulla destinazione del TFR riguarda l’intero TFR maturando e può
essere manifestata in modo esplicito (dichiarazione espressa vedi
modulo TFR 1 e 2) o tacito (silenzio-assenso all’adesione).
Modalità Esplicite
Entro il 30 giugno 2007 per i lavoratori in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dalla data di assunzione, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore dipendente può scegliere di:
destinare il TFR futuro ad una forma pensionistica complementare;
mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, l’intero TFR è trasferito dal datore di lavoro all’apposito Fondo di Tesoreria per l’erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato (D.M. 30/01/2007), gestito, per conto dello Stato, dall’INPS.
La scelta di destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare deve essere espressa dal lavoratore attraverso una dichiarazione scritta (v. modulo TFR 1 e 2) indirizzata al proprio datore di lavoro con l’indicazione della forma di previdenza complementare prescelta.
La dichiarazione scritta è necessaria anche nel caso in cui si scelga di mantenere il TFR futuro presso il proprio datore di lavoro.
Modalità Tacite (Silenzio - Assenso)
Se entro il 30 giugno 2007 per chi è in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dall’assunzione, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore non esprime alcuna indicazione relativa alla destinazione del TFR, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata con un diverso accordo aziendale, se previsto. Tale diverso accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore in modo diretto e personale.
In presenza di più forme pensionistiche collettive, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro:
alla forma individuata con accordo aziendale;
in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda.
In assenza di una forma pensionistica collettiva individuabile sulla base di questi criteri, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro ad un’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS (FONDINPS), alla quale si applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme di previdenza complementare.
Trenta giorni prima della scadenza dei 6 mesi utili per effettuare la scelta, il datore di lavoro deve comunicare al lavoratore che ancora non abbia presentato alcuna dichiarazione le necessarie informazioni sulla forma pensionistica collettiva alla quale sarà trasferito il TFR futuro in caso di silenzio del lavoratore.
La destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare, sia con modalità esplicite che tacite:
riguarda esclusivamente il TFR futuro. Il TFR maturato fino alla data di esercizio dell’opzione resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro con le rivalutazioni di legge;
determina l’automatica iscrizione del lavoratore alla forma prescelta. Il lavoratore iscritto godrà quindi dei diritti di informazione e partecipazione alla forma di previdenza complementare cui ha aderito;
non può essere revocata, mentre la scelta di mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro può in ogni momento essere revocata per aderire ad una forma pensionistica complementare.
Lavoratori dipendenti iscritti ad un Istituto di previdenza obbligatoria in data antecedente al 29 aprile 1993.
Anche tali lavoratori sono chiamati ad effettuare la scelta sulla destinazione del TFR maturando, negli stessi termini e con le stesse modalità, esplicite o tacite, già illustrate per i lavoratori entrati nel mondo del lavoro dal 29 aprile 1993. Tuttavia per tali lavoratori, in ragione della maggiore anzianità lavorativa, è prevista la possibilità di destinare alle forme di previdenza complementare anche soltanto una parte del TFR maturando.
In particolare, tali lavoratori possono:
se già iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere, con dichiarazione scritta indirizzata al datore di lavoro (modalità esplicita v. modulo TFR 1 e 2), di contribuire al fondo con la stessa quota versata in precedenza mantenendo presso il datore di lavoro la quota residua di TFR. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, il residuo TFR è trasferito dal datore di lavoro all’apposito Fondo di Tesoreria per l’erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato, gestito, per conto dello Stato, dall’INPS;
se non iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere con dichiarazione scritta diretta al datore di lavoro (modalità esplicita) di trasferire il TFR futuro a una forma pensionistica complementare, nella misura fissata dagli accordi collettivi o, in assenza di accordi in merito, in misura non inferiore al 50%.
In entrambi i casi resta ferma la possibilità di incrementare la quota di TFR maturando da versare alla forma pensionistica complementare.
Se i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 non esprimono alcuna scelta sul TFR, si verifica il silenzio-assenso all’adesione e il datore di lavoro trasferisce integralmente il TFR futuro alla forma pensionistica complementare individuata, secondo quanto illustrato in “Modalità Tacite” (v. sopra).
Per maggiore chiarezza, consultare i percorsi decisionali in base alla categoria di appartenenza.
Percorsi decisionali clicca per visualizzare le slides (diapositive in formato.ppt) |
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Determinazione del contributo dovuto |
La determinazione del contributo da versare al Fondo è pari alla quota di cui all’art. 2120 cod. civ. maturata da ciascun lavoratore a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata alle forme pensionistiche complementari, vale a dire pari al 6,91% (100:13,5 – 0,5%) della retribuzione mensile lorda (art. 1, co. 1, D.M. Fondo tesoreria).
La retribuzione utile per il calcolo del contributo comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi.
Il finanziamento delle Forme Pensionistiche Complementari e l’investimento dei contributi |
Finanziamento
Alle forme pensionistiche complementari si può contribuire mediante:
il TFR futuro;
contributi a carico del lavoratore;
contributi a carico del datore di lavoro.
Dal 1° gennaio 2007, si può aderire alle forme pensionistiche complementari anche mediante il solo conferimento del TFR futuro (V. “La scelta sulla destinazione del TFR”). Tale adesione non comporta l’obbligo di versamento di altri contributi, né da parte del lavoratore né del datore di lavoro.
L’aderente può tuttavia decidere di versare ulteriori contributi, determinandone liberamente l’importo; in tal caso, se gli accordi o contratti collettivi lo prevedono, ha diritto al versamento dei contributi a carico del datore di lavoro. Il datore di lavoro può comunque decidere, pur in assenza di accordi collettivi, di versare un contributo a proprio carico alla forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore abbia aderito.
Nelle forme pensionistiche collettive, gli accordi e i contratti possono stabilire la misura minima della contribuzione (in cifra fissa o in percentuale della retribuzione) dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Nelle forme pensionistiche individuali, il lavoratore, nel caso in cui versi contributi a proprio carico, ha diritto anche alla contribuzione a carico del datore di lavoro, in base a quanto previsto dagli accordi collettivi.
Investimento
Per ogni lavoratore che aderisce, la forma pensionistica complementare forma una posizione individuale dove confluiscono i contributi versati (TFR ed eventuali contributi del lavoratore e del datore di lavoro). I contributi versati vengono investiti da gestori specializzati in strumenti finanziari (azioni, titoli di Stato e altri titoli obbligazionari, quote di fondi comuni di investimento) in base alla politica di investimento stabilita dalla forma pensionistica e producono nel tempo rendimenti variabili in funzione dell’andamento dei mercati e delle scelte di gestione. I contributi gestiti dai gestori specializzati costituiscono patrimonio separato e autonomo, destinato esclusivamente al fine previdenziale e sottratto all’esecuzione da parte dei creditori del gestore.
Una specifica disciplina prudenziale determina rigorosi criteri di individuazione e ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti. La COVIP vigila sull’osservanza e il rispetto di tali regole.
In alcune forme pensionistiche, la politica di investimento delle risorse è unica per tutti gli aderenti (fondo monocomparto) che, quindi, beneficiano allo stesso modo dei risultati della gestione finanziaria.
In altre forme, l’investimento è differenziato su più linee di investimento (fondi pluricomparto), diverse tra loro per natura e rischiosità. In questo caso l’aderente sceglie il comparto (la linea d'investimento) a cui aderire sulla base di valutazioni personali.
La scelta della linea di investimento più adatta deve tenere conto delle proprie condizioni socio-economiche, dell’età, della maggiore o minore distanza dal momento del pensionamento e della propensione personale al rischio finanziario. I lavoratori più giovani potrebbero essere più propensi a scegliere linee di investimento più aggressive, a prevalenza azionaria, che presentano un maggior grado di rischio ma anche maggiori probabilità di alti rendimenti nel "lungo periodo". Invece, i lavoratori più vicini alla pensione potrebbero preferire l’adesione ad un comparto gestito in modo più "prudente", a prevalenza obbligazionaria.
È bene sottolineare, inoltre, che, in caso di adesione alle forme pensionistiche complementari con modalità tacite, la nuova disciplina prevede che il TFR sia conferito nella linea di investimento a contenuto prudenziale, tale da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione del TFR.
Le prestazioni: la Pensione Complementare e le altre opzioni |
La Pensione Complementare
La funzione della previdenza complementare è quella di permettere al lavoratore di integrare con le prestazioni pensionistiche aggiuntive la pensione di base corrisposta dagli Enti di previdenza obbligatoria.
Dal 1° gennaio 2007, si ha diritto alla pensione complementare dopo aver maturato i requisiti di accesso alla pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di iscrizione ad una forma di previdenza complementare.
L’iscritto può scegliere di percepire la prestazione pensionistica:
interamente in rendita, mediante l’erogazione della pensione complementare
parte in capitale (fino ad un massimo del 50% della posizione maturata) e parte in rendita.
Nel caso in cui, convertendo in rendita almeno il 70% della posizione individuale maturata, l’importo della pensione complementare sia inferiore alla metà dell’assegno sociale INPS (per il 2006 pari a Euro 381,72 mensili), l’iscritto può scegliere di ricevere l’intera prestazione in capitale.
Ai fini della determinazione dell’anzianità di iscrizione necessaria per ottenere le prestazioni, sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall’aderente senza che lo stesso abbia esercitato il riscatto.
Le prestazioni pensionistiche possono essere cedute, sequestrate e pignorate solo nei casi e nella misura previsti per la pensione obbligatoria.
In determinati casi la legge consente, in modo analogo a quanto avviene per il TFR lasciato presso il datore di lavoro, di usufruire di anticipazioni. La somma da anticipare è calcolata sulla posizione individuale maturata, formata dai versamenti effettuati e dai rendimenti realizzati fino a quel momento.
Dal 1° gennaio 2007, l’iscritto può ottenere l’anticipazione della posizione individuale:
in qualsiasi momento della partecipazione alla forma pensionistica: fino al 75 per cento della posizione individuale maturata per sostenere spese sanitarie conseguenti a gravissime condizioni relative a sé, al coniuge e ai figli (terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche). Le somme oggetto di tale anticipazione possono essere cedute, sequestrate o pignorate solo nei casi e nella misura previsti per la pensione obbligatoria;
dopo 8 anni di iscrizione al fondo:
è fino al 75 per cento della posizione maturata per l’acquisto e per la ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé e per i figli;
è o fino al 30 per cento della posizione individuale, per ulteriori esigenze dell’iscritto.
Per la maturazione degli otto anni di iscrizione sono considerati tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari per i quali non si sia esercitato il riscatto (v. oltre “riscatto della posizione individuale”)
Trasferimento della Posizione Individuale
Dal 1° gennaio 2007, l’iscritto può trasferire la posizione individuale ad altra forma pensionistica complementare:
in caso di perdita dei requisiti di partecipazione (ad esempio per cambiamento di attività lavorativa): l’iscritto che prima del pensionamento perde i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare può, in alternativa al riscatto (v. “riscatto della posizione individuale”), trasferire la posizione individuale maturata alla forma pensionistica complementare alla quale può accedere in base alla nuova attività lavorativa;
per effetto di scelta volontaria: Decorsi due anni di iscrizione ad una forma pensionistica complementare, l’aderente può trasferire l’intera posizione individuale presso un’altra forma pensionistica complementare sia collettiva che individuale.
In caso di trasferimento, il lavoratore ha diritto alla prosecuzione dei versamenti alla forma pensionistica prescelta sia del TFR sia dell’eventuale contribuzione a carico del datore di lavoro, nei limiti e secondo le modalità stabiliti da contratti o accordi collettivi.
Riscatto della Posizione Individuale
Dal 1° gennaio 2007 l’aderente che prima del pensionamento perde i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, in alternativa al trasferimento della posizione ad un’altra forma pensionistica complementare, può:
chiedere, sotto determinate condizioni, il riscatto della posizione, vale a dire la restituzione della posizione individuale accumulata;
mantenere la posizione individuale accantonata presso il fondo, anche in assenza di contribuzione
Il riscatto può essere parziale o totale e può essere chiesto nei seguenti casi e misure:
riscatto parziale (fino al 50% della posizione maturata) nel caso in cui il periodo di disoccupazione conseguente alla cessazione dell’attività lavorativa sia compreso tra 12 e 48 mesi o in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria.
riscatto totale nel caso in cui il periodo di disoccupazione conseguente alla cessazione dell’attività lavorativa sia superiore a 48 mesi o nel caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo.
In caso di perdita dei requisiti di partecipazione, le forme pensionistiche complementari possono inoltre prevedere la possibilità di riscattare la posizione maturata in linea con le causali di perdita dei requisiti di partecipazione sin qui ammesse negli statuti e regolamenti, anche sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.
Nell’ipotesi di decesso dell’aderente in costanza di attività lavorativa (cioè, prima del pensionamento), l’intera posizione maturata è versata agli eredi o alle altre persone indicate dall’iscritto. In mancanza di tali soggetti, la posizione viene assorbita dal fondo o, se si tratta di forme pensionistiche individuali, è devoluta a finalità sociali secondo modalità stabilite con Decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
Le agevolazioni fiscali |
Al fine di favorire l’adesione alle forme di previdenza complementare, la nuova disciplina entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, prevede importanti agevolazioni fiscali.
Regime Fiscale dei contributi:
I contributi versati alle
forme di previdenza complementare, escluso il TFR, sono interamente deducibili
dal reddito complessivo Irpef fino ad un massimo di Euro 5.164,67. Ciò determina
un risparmio (in termini di minori imposte pagate) pari all’aliquota fiscale più
elevata applicata al reddito complessivo del lavoratore. Ad esempio, ipotizzando
che, per un lavoratore che versa alla previdenza complementare contributi pari a
500 Euro, l’aliquota Irpef più alta sia del 29%, il costo effettivo sostenuto
dal lavoratore sarà pari a 355 Euro, con un risparmio fiscale pari a 145 Euro.
Ai fini dell’applicazione del limite massimo di deducibilità devono essere
conteggiati anche gli eventuali contributi a carico del datore di lavoro nonché
i contributi versati a favore dei soggetti fiscalmente a carico.
Regime fiscale dei rendimenti:
I rendimenti, vale a dire gli incrementi positivi conseguiti a seguito della gestione finanziaria delle risorse, non sono soggetti ad IRPEF, IRES ed IRAP. Essi sono, invece, assoggettati ad un’imposta sostitutiva dell’11%, aliquota che è sostanzialmente più bassa rispetto a quella applicata sui rendimenti realizzati da altre forme di investimento.
Regime fiscale di prestazioni, anticipazioni e riscatti:
Le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale e rendita costituiscono reddito imponibile solo per la parte che non è già stata assoggettata a tassazione durante la fase di accumulo (sono esclusi dunque i contribuiti non dedotti e i rendimenti già tassati).
La parte imponibile delle prestazioni pensionistiche in qualsiasi forma erogata è tassata nella misura del 15%, che si riduce di 0,30% per ogni anno di partecipazione successivo al quindicesimo. La misura massima della riduzione è pari al 6% per cui, in ogni caso, dopo 35 anni di partecipazione si applica l’aliquota del 9%.
Tali aliquote sono
particolarmente favorevoli se confrontate a quelle previste per il TFR lasciato
in azienda. Il TFR infatti è tassato, in linea generale, con l’applicazione
dell’aliquota media di tassazione del lavoratore. Attualmente l’aliquota IRPEF
più bassa è del 23% per i redditi fino a 26.000 Euro, quindi l’aliquota
applicata al TFR lasciato in azienda non potrà essere inferiore a 23%.
Anche le somme percepite a titolo di anticipazione e riscatto sono tassate
unicamente per la parte già dedotta dal reddito o non tassata.
Le anticipazioni percepite per sostenere spese sanitarie e le somme percepite a titolo di riscatto in caso di in occupazione, mobilità, cassa integrazione guadagni, invalidità e decesso, sono tassate nella misura del 15%, che si riduce di 0,30% per ogni anno di partecipazione successivo al quindicesimo. La misura massima della riduzione è pari al 6% per cui, in ogni caso, dopo 35 anni di partecipazione si applica l’aliquota del 9%.
Le anticipazioni percepite
per altri motivi (acquisto e ristrutturazione della prima casa, per altre
esigenze del lavoratore nonché i riscatti per cause diverse da quelle sopra
descritte nei limiti in cui sono consentiti dagli statuti e dai regolamenti)
sono invece tassate nella misura fissa del 23%.
In tutti i casi, nella determinazione dell’anzianità necessaria per usufruire
della riduzione percentuale dello 0,30%, si terrà conto di tutti gli anni di
partecipazione alle forme di previdenza complementare che non siano stati
riscattati.
Fondo di tesoreria presso l’INPS |
La legge finanziaria 2007 ha istituito il «Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile » la cui gestione è affidata all’INPS ed al quale devono essere versate, con effetto dal 1º gennaio 2007, le quote di TFR maturate e non destinate dai dipendenti alla previdenza complementare (v. DM 30/01/2007). Il predetto Fondo garantisce, quindi, ai lavoratori dipendenti del settore privato l’erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile, per la quota corrispondente ai versamenti di cui sopra.
Per la corresponsione di eventuali anticipazioni o per la liquidazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro, unico referente rimane il datore di lavoro che corrisponderà anche la parte versata all’INPS, compensandola con i contributi dovuti.
La Commissione di Vigilanza sui fondi pensione (Covip) |
Nell’ambito del sistema di garanzie previsto dall’ordinamento a tutela dei lavoratori che si iscrivono a forme di previdenza complementare, fondamentale importanza assume l’esercizio di un’efficace attività di vigilanza.
E’ proprio avendo riguardo all’importanza di tale aspetto che la riforma, insieme alla forte incentivazione allo sviluppo delle forme di previdenza complementare e all’incremento dei flussi contributivi, ha posto particolare attenzione al rafforzamento e al potenziamento del complessivo sistema di vigilanza sulle forme pensionistiche complementari, affidato ad una specifica Autorità pubblica, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione – COVIP.
La COVIP vigila e controlla le forme pensionistiche complementari. E’ sottoposta all’alta vigilanza del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, pur godendo di un’ampia autonomia operativa nello svolgimento dei suoi compiti.
La COVIP opera a tutela degli iscritti alle forme di previdenza complementare, con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari. A tal fine la COVIP dispone di ampi poteri di normazione secondaria, di regolazione e controllo, anche attraverso accertamenti ispettivi.
In particolare, la COVIP autorizza le forme pensionistiche complementari all’esercizio dell’attività dopo aver verificato il rispetto delle condizioni previste dalla legge e dalle istruzioni generali fornite dalla stessa Commissione. Le forme autorizzate sono iscritte nell’apposito “albo delle forme pensionistiche complementari” curato e gestito dalla Commissione.
La COVIP definisce inoltre le regole volte a garantire la trasparenza delle forme pensionistiche complementari in modo che siano chiari e comprensibili per l’aderente: il funzionamento del fondo, la politica di investimento delle risorse, l’ammontare della posizione individuale, le spese per la gestione amministrativa e finanziaria, i diritti che possono essere esercitati dagli aderenti (trasferimento, riscatto, anticipazioni e prestazioni).
L’attività di vigilanza della COVIP si esplica attraverso la verifica e l’analisi dei documenti, delle informazioni, dei bilanci e rendiconti annuali che le forme pensionistiche complementari sono tenute a trasmettere alla Commissione, nonché attraverso ispezioni effettuate presso le sedi delle stesse. La COVIP, inoltre, pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della previdenza complementare e ha il potere di formulare proposte di modifica legislativa in materia.
Il Glossario |
GLOSSARIO |
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T.F.R. |
Il trattamento di fine rapporto (anche conosciuto come “liquidazione”) è la somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente (art.. 2120 cod. civ.). Esso matura per ogni mese lavorato (o frazione di almeno 15 giorni). |
Come si calcola il TFR |
Il TFR si determina accantonando, per ciascun anno di lavoro, una quota pari alla retribuzione utile divisa per 13,5 meno il contributo dello 0,50% a favore del fondo pensioni calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini contributivi (in sostanza l’accantonamento risulta pari al 6,91% della retribuzione mensile lorda). La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre precedente. Dal punto di vista previdenziale il TFR non è imponibile. Dal punto di vista fiscale il TFR, al momento della liquidazione, è invece assoggettato a tassazione separata. |
Datori di lavoro obbligati a smobilizzare il TFR a favore del Fondo Tesoreria presso l’INPS
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Tutti i datori di lavoro del settore privato con più di 49 addetti. Þ il limite va verificato sulla media dei lavoratori in forza nel 2006; per le imprese costituite dal 1 gennaio 2007 in poi, invece, si fa riferimento alla media dell’anno solare d’inizio dell’attività; Þ Per la determinazione del suddetto limite si tiene conto di tutti i lavoratori titolari di un contratto di lavoro subordinato, a prescindere dalla tipologia del rapporto e dall’orario di lavoro (es. tempo determinato, contratti d’inserimento, apprendisti, ecc.); per i lavoratori assunti con contratto part-time il relativo computo è fatto in proporzione all’orario di lavoro svolto rapportato al tempo pieno; dei lavoratori assenti non si tiene invece conto soltanto qualora siano stati sostituiti con l’assunzione di altri lavoratori.
Sono esonerati dall’obbligo i datori di lavoro domestico. |
Lavoratori per i quali non è previsto l’obbligo di smobilizzo del TFR a favore del Fondo Tesoreria presso l’INPS |
Non ricorre alcun obbligo di versamento all’apposito Fondo per le seguenti categorie: 1. Lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato di durata inferiore ai 3 mesi; 2. Lavoratori a domicilio; 3. Impiegati, quadri e dirigenti del settore agricolo; 4. Lavoratori per i quali i rispettivi CCNL prevedono la corresponsione periodica delle quote maturate di TFR ovvero l’accantonamento delle stesse presso soggetti terzi. |
Fondi chiusi |
Sono previsti da accordi e contratti collettivi di lavoro sia nazionali che aziendali e sono destinati a componenti di determinate collettività, settori, categorie. |
Fondi aperti |
Sono istituiti direttamente dalle Banche, Sim, Assicurazioni, e sono aperti a chiunque voglia aderire. |
Forme pensionistiche a contribuzione definita |
Significa che è stabilita la misura della contribuzione, mentre la prestazione è rapportata ai contributi versati e ai risultati della gestione. Il livello della prestazione è, pertanto, determinato dal valore della quota maturata al momento del pensionamento. E’ la forma consentita per i fondi contrattuali e per il “FONDINPS”. |
Forme pensionistiche a prestazione definita |
La contribuzione è variabile in funzione della dinamica delle retribuzioni e dell’equilibrio gestionale del fondo, in quanto ad essere predefinito è il livello di prestazioni che l’interessato intende garantirsi. |
Capitalizzazione individuale
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Ogni associato è titolare di un conto - separato rispetto a quello degli altri iscritti – sul quale affluiscono i versamenti contributivi e gli incrementi derivanti dalla gestione delle risorse. |
Fonti di finanziamento |
§ Contributi a carico del lavoratore; § Contributi a carico del datore di lavoro; § Trattamento di fine rapporto; |
I Pilastro |
E' rappresentato dal sistema pubblico, ossia dagli enti che gestiscono la contribuzione obbligatoria (Inps, Inpdap, Enpals, Casse professionali, ecc.) ed ha il compito di garantire il trattamento pensionistico di base. |
II Pilastro |
E’ rappresentato dalla previdenza complementare, che attraverso l’adesione volontaria e collettiva alle forme pensionistiche complementari, offre la possibilità di costituirsi una pensione aggiuntiva. Ne possono beneficiare gruppi e categorie di lavoratori mediante l’adesione ai fondi pensione (aperti e negoziali) o a forme previdenziali accessibili a tutti i cittadini. |
III Pilastro |
E’ l’insieme delle forme di previdenza che ciascuno, individualmente, si costruisce: Piani di accumulo di capitale (Pac), piani individuali previdenziali (Pip), ossia polizze assicurative vita o assicurativo - finanziarie ecc. a cui una persona ricorre per integrare in futuro il proprio trattamento pensionistico di base. |