Sanzioni amministrative: per l'opposizione sta in giudizio il prefetto

 

Con sentenza n. 14992 del 15 luglio 2005, la Cassazione ha affermato che ai fini dell'impugnazione delle ordinanze ingiunzione relative alle sanzioni previste in ipotesi di violazione di provvedimenti del Prefetto, emanati ai sensi della legge n. 146 del 1990, la Direzione Provinciale non esercita alcun potere ordinatorio o sanzionatorio, limitandosi a notificare l'importo da pagare, secondo quanto deciso dal Prefetto, ed, a curarne l'esecuzione.

In altre parole, l'ordinanza ingiunzione della Direzione Provinciale del lavoro si sostanzia in un atto di "mera comunicazione" inserito nel nuovo iter stabilito dal legislatore al solo fine di rendere piú celere il procedimento sanzionatorio.
Di seguito viene riportata integralmente la sentenza:

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza 26 marzo - 17 giugno 2003 il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile il ricorso in opposizione proposto da tre lavoratori dipendenti della SEA di Milano avverso la ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione Provinciale del lavoro che aveva ingiunto loro il pagamento della somma complessiva di lire 610,000 ciascuno, per non avere ottemperato all'ordinanza di precettazione del Prefetto di Milano, partecipando allo sciopero del 19 gennaio 2001.

Il Tribunale di Milano rilevava che doveva dirsi fondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva del Prefetto - unico soggetto convenuto in giudizio dai tre lavoratori - nella sua qualità di rappresentante di una amministrazione, quella dell'Interno, diversa da quella che aveva emesso l'ordinanza ingiunzione (Lavoro) e che aveva emesso un atto che - almeno per quel che qui interessa - non aveva alcuna rilevanza esterna autonoma.

La legittimazione passiva, infatti, era solo in capo all'autorità periferica che aveva emesso l'ordinanza nel giudizio disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 689 del 1981.
Né poteva invocarsi nel caso di specie l'errore scusabile secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa poichè la norma prevedeva (chiaramente) che l'ordinanza fosse emessa da un organo periferica di una branca dell'amministrazione statale bene individuata, del tutto diversa da quella convenuta in giudizio. Avverso tale decisione i tre lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da tre distinti motivi. Resiste il Ministero dell'Interno con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge n. 146 del 1990, cosí come riformato dalla legge n. 83 del 2000, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio.

L'art. 8 della legge n. 83 del 2000, pur apportando alcune modifiche all'art. 9 della legge 146 del 1990, non ha assolutamente abrogato il comma quarto di quest'ultimo, secondo il quale: "4. Le sanzioni sono imposte con decreto della stessa autorità che ha emanato l'ordinanza. Avverso il decreto è proponibile impugnazione ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 689 del 1981".

In altre parole, il quarto comma dell'art. 9 è la norma che disciplina l'impugnazione della sanzione ed essa certamente prevale, ai fini della individuazione delle modalità di impugnazione, sul primo comma, che ha solo disposto nuove e diverse modalità di comunicazione del decreto prefettizio, limitandosi a regolare le attività formative dell'atto:

"1. L'inosservanza da parte dei singoli prestatori di lavoro, professionisti o piccoli imprenditori, delle disposizioni contenute nell'ordinanza di cui all'articolo 8, è assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria per ogni giorno di mancata ottemperanza, determinabile, con riguardo all'infrazione ed alle condizioni economiche dell'agente, da un minimo di lire 500.000 ad un massimo di lire 1.000.000. Le organizzazioni dei lavoratori, le associazioni e gli organismi di rappresentanza dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, che non ottemperano all'ordinanza di cui all'articolo 8 sono puniti con la sanzione pecuniaria da lire 5,000.000 a lire 50.000.000 per ogni giorno di mancata ottemperanza, a seconda della consistenza economica dell'organizzazione, associazione o organismo rappresentativo e della gravità delle conseguenze dell'infrazione. Le sanzioni sono irrogate con decreto della stessa autorità che ha emanato l'ordinanza e sono applicate con ordinanza-ingiunzione della Direzione Provinciale del Lavoro".

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano nuovamente violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 146 del 1990, come novellata, nonchè degli articoli 22 e seguenti della legge n. 689 del 1981 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio.

Contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, nel prevedere che la sanzione amministrativa irrogata con decreto prefettizio venga ora applicata con ordinanza ingiunzione della Direzione Provinciale del Lavoro, il legislatore non ha voluto affatto introdurre un procedimento amministrativo piú complesso, né eliminare ogni rilevanza al decreto prefettizio.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 4 della legge n. 260 del 1958, nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio. Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l'azione intrapresa dai lavoratori per il fatto che non era stata evocata in giudizio anche la Direzione Provinciale del Lavoro. I ricorrenti rilevano, per contro, che l'art. 9 della legge n. 146 del 1990 è chiaro neh"individuare nel decreto prefettizio l'unico atto impugnabile, con l'effetto che unico legittimato passivo non può che essere il Prefetto che ha emanato l'atto. In ogni caso, se avesse ritenuto diversamente, il Tribunale ben avrebbe potuto (dovuto) rimettere i ricorrenti in termini, al fine di permettere la notifica del ricorso alla Direzione Provinciale del Lavoro, secondo le previsioni dell'art. 4 della legge n. 260 del 1958, per il quale l'errore di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio deve essere notificato, va eccepito dalla Avvocatura dello Stato entro la prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l'atto stesso deve essere notificato.

I tre motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto connessi tra di loro, sono fondati.

Le argomentazioni svolte dal Tribunale di Milano nella sentenza impugnata considerano il decreto del Prefetto come atto presupposto dell'ordinanza ingiunzione, unico atto impugnabile direttamente davanti al giudice ordinario.

Il Collegio non condivide tale impostazione, ritenendo invece che le modifiche introdotte dalla legge del 2000 non abbiano modificato in alcun modo l'attribuzione delle competenze, ai fini dell'impugnazione delle ordinanze ingiunzione relative alle sanzioni previste in ipotesi di violazione di provvedimenti del Prefetto, emanati ai sensi della legge n. 146 del 1990.

La modifica apportata all'ultima parte del comma 1 dell'art .9 della legge 146 del 1990 attribuisce alla Direzione Provinciale del Lavoro una competenza a curare l'esecuzione del provvedimento, sgravando cosí il Prefetto non solo dai relativi compiti, ma anche dagli adempimenti successivi (cfr. comma 3 dello stesso articolo), senza che ciò determini in alcun modo uno spostamento della legittimazione passiva, la cui attribuzione alla Direzione Provinciale del Lavoro sarebbe - tra l'altro - del tutto irrazionale e tale da frustrare la stessa effettività di ogni difesa dell'Amministrazione.

In altre parole, l'ordinanza ingiunzione della Direzione Provinciale del lavoro si sostanzia in un atto di "mera comunicazione" inserito nel nuovo iter stabilito dal legislatore al solo fine di rendere piú celere il procedimento sanzionatorio.

La Direzione Provinciale non esercita alcun potere ordinatorio o sanzionatorio, limitandosi a notificare l'importo da pagare, secondo quanto deciso dal Prefetto, ed, a curarne l'esecuzione. Poichè in sede di impugnazione della sanzione amministrativa dinanzi al giudice ordinario, a quest'ultimo è richiesto di accertare la legittimità - o meno - del provvedimento impugnato, e quindi, in ultima analisi, se l'autorità competente abbia, o meno, irrogato la sanzione nei modi e nel limiti stabiliti dalla legge, legittimata passi non può che essere l'autorità che ebbe ad emettere il provvedimento, esercitando lo specifico potere sanzionatone.

Tra l'altro, nel giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione, i ricorrenti avevano impugnato sia il decreto prefettizio che l'ordinanza ingiunzione.

Correttamente, pertanto, i ricorrenti hanno chiamato in giudizio il Prefetto competente.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata cassata con rinvio ad altro giudice che procederà a nuovo esame, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano, anche per le spese.

Cosí deciso in Roma, il 12 aprile 2005.

 

 

stampa la notizia       chiudi                                

Direzione Provinciale del Lavoro di Modena - Sentenze di Cassazione Lavoro - www.dplmodena.it