SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data
22 marzo 2002, il Tribunale di Cremona confermava l'ordinanza ingiunzione
n. 69 del 25 luglio 1994 emessa, dall'Ispettorato Provinciale del Lavoro
di Cremona nei confronti degli opponenti, ditta B. s.r.l. e Benedetti
Rosario, quale suo amministratore unico, per il pagamento di L. 67.393.550
a titolo di sanzioni amministrative irrogate per violazione delle
disposizioni di cui agli artt. 11-13 e 18 della legge n. 264 del 1969, in
relazione alla contestata l'assunzione di lavoratori subordinati,
destinati alle pulizie di piccoli uffici postali. Il Tribunale dava atto
della presentazione da parte della società all'Ispettorato del lavoro di
domanda di condono. Ha ritenuto, tuttavia, che le prove orali rendevano
certi che ciascun lavoratore rivestisse la qualità di lavoratore
dipendente e che la procedura di condono non riguardasse l'obbligo al
pagamento delle sanzioni amministrative. Per la cassazione di questa
sentenza ricorrono la B. s.r.l. e Rosario Benedetti, affidandosi a quattro
motivi.
La Direzione
Provinciale del Lavoro di Cremona, ha depositato "atto di costituzione"
datato 28 maggio 2003, che non risulta notificato alle controparti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di
impugnazione, i ricorrenti, deducono violazione e/o falsa applicazione
dell'art. 2 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 538 e dell'art. 4 d.l. 28 marzo
1997, n. 79 (convertito in legge 28 marzo 1997, n. 140), in relazione
all'avvenuto condono delle sanzioni amministrative e omessa motivazione
sul punto.
Premettono che la
società aveva proposto domanda di condono ai sensi dell'art. 4 del d.l. 15
gennaio 1993, n. 6, convenuto nella legge 17 marzo 1993, n. 63 e,
successivamente, altra domanda di condono (prodotta all'udienza del 19
giugno 1998; all'udienza del 7 maggio 1999 era dato atto dell'avvenuto
corretto adempimento degli obblighi connessi con il condono) ai sensi
dell'art. 2 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 538, "integrata" ai sensi degli
artt. 2 e 4 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28
maggio 1997, n. 140.
Sostengono quindi
che, ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 538/1996, il condono estingue (a
tutto il luglio 1996) anche le obbligazioni per sanzioni amministrative e
per ogni altro onere accessorio connessi con le violazioni delle norme sul
collocamento e che il diverso convincimento del Tribunale era privo di
motivazione.
Il motivo è fondato.
Invero, in presenza
delle contestate violazioni di cui agli artt. 11- 13 e 18 della legge 29
aprile 1949, n. 264, recante "provvedimenti in materia di avviamento al
lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati", deve
condividersi la decisione adottata da questa Corte con sentenza 8 maggio
2004, n. 8802, in ordine alla applicabilità della regolarizzazione
prevista dal decreto legge 23 ottobre 1996, n. 538 (non convertito in
legge, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 233,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662) il quale ha previsto l'estinzione,
per effetto di intervenuta regolarizzazione contributiva, non solo dei
reati previsti da leggi speciali in materia di versamento di contributi e
premi, ma anche delle obbligazioni per sanzioni amministrative e di ogni
altro onere accessorio, connessi con le violazioni delle norme sul
collocamento.
Rimane assorbito il
secondo motivo, col quale i ricorrenti denunciano, in via subordinata, la
violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, comma 4, d.l. 28 marzo
1993, n. 6 (convertito in legge 28 maggio 1993, n. 63) ed omessa
motivazione.
Del pari assorbiti
sono il terzo motivo - pure proposto subordinatamente, col quale i
ricorrenti deducono vizi di motivazione e violazione dell'art. 2094 c.
civ. in relazione alla sussistenza del requisito della subordinazione - e
il quarto motivo del ricorso, col quale i ricorrenti denunciano vizi di
motivazione, ancora in riferimento all'art. 2094 c. civ. e all'esistenza
di ulteriori requisiti sussidiari ai fini della qualificazione del
rapporto.
Conclusivamente, il
ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, la sentenza impugnata
deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'annullamento
dell'ordinanza ingiunzione. Le spese seguono la soccombenza (art. 385
c.p.c.).
P.T.M.
La Corte accoglie il
ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, annulla l'ordinanza ingiunzione. Condanna l'Ispettorato del
lavoro a pagare a controparti le spese in E. 40,00 oltre E. 3.000,00 per
onorari; spese generali e accessori come per legge.
Cosí deciso in Roma,
il 7 giugno 2005. |