Condono previdenziale: la regolarizzazione estingue reati e sanzioni amministrative

 

Con sentenza n. 16115 del 1° agosto 2005, la Cassazione ha affermato che, ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 538/1996 e dell'art. 4 d.l. 28 marzo 1997, n. 79 (convertito in legge 28 marzo 1997, n. 140), il condono estingue (a tutto il luglio 1996) anche le obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connessi con le violazioni delle norme sul collocamento.

Di seguito viene riportata integralmente la sentenza:

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 22 marzo 2002, il Tribunale di Cremona confermava l'ordinanza ingiunzione n. 69 del 25 luglio 1994 emessa, dall'Ispettorato Provinciale del Lavoro di Cremona nei confronti degli opponenti, ditta B. s.r.l. e Benedetti Rosario, quale suo amministratore unico, per il pagamento di L. 67.393.550 a titolo di sanzioni amministrative irrogate per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 11-13 e 18 della legge n. 264 del 1969, in relazione alla contestata l'assunzione di lavoratori subordinati, destinati alle pulizie di piccoli uffici postali. Il Tribunale dava atto della presentazione da parte della società all'Ispettorato del lavoro di domanda di condono. Ha ritenuto, tuttavia, che le prove orali rendevano certi che ciascun lavoratore rivestisse la qualità di lavoratore dipendente e che la procedura di condono non riguardasse l'obbligo al pagamento delle sanzioni amministrative. Per la cassazione di questa sentenza ricorrono la B. s.r.l. e Rosario Benedetti, affidandosi a quattro motivi.

La Direzione Provinciale del Lavoro di Cremona, ha depositato "atto di costituzione" datato 28 maggio 2003, che non risulta notificato alle controparti.

MOTIVI DELLA DECISIONE


Col primo motivo di impugnazione, i ricorrenti, deducono violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 538 e dell'art. 4 d.l. 28 marzo 1997, n. 79 (convertito in legge 28 marzo 1997, n. 140), in relazione all'avvenuto condono delle sanzioni amministrative e omessa motivazione sul punto.

Premettono che la società aveva proposto domanda di condono ai sensi dell'art. 4 del d.l. 15 gennaio 1993, n. 6, convenuto nella legge 17 marzo 1993, n. 63 e, successivamente, altra domanda di condono (prodotta all'udienza del 19 giugno 1998; all'udienza del 7 maggio 1999 era dato atto dell'avvenuto corretto adempimento degli obblighi connessi con il condono) ai sensi dell'art. 2 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 538, "integrata" ai sensi degli artt. 2 e 4 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140.

Sostengono quindi che, ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 538/1996, il condono estingue (a tutto il luglio 1996) anche le obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connessi con le violazioni delle norme sul collocamento e che il diverso convincimento del Tribunale era privo di motivazione.

Il motivo è fondato.

Invero, in presenza delle contestate violazioni di cui agli artt. 11- 13 e 18 della legge 29 aprile 1949, n. 264, recante "provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati", deve condividersi la decisione adottata da questa Corte con sentenza 8 maggio 2004, n. 8802, in ordine alla applicabilità della regolarizzazione prevista dal decreto legge 23 ottobre 1996, n. 538 (non convertito in legge, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 233, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) il quale ha previsto l'estinzione, per effetto di intervenuta regolarizzazione contributiva, non solo dei reati previsti da leggi speciali in materia di versamento di contributi e premi, ma anche delle obbligazioni per sanzioni amministrative e di ogni altro onere accessorio, connessi con le violazioni delle norme sul collocamento.

Rimane assorbito il secondo motivo, col quale i ricorrenti denunciano, in via subordinata, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, comma 4, d.l. 28 marzo 1993, n. 6 (convertito in legge 28 maggio 1993, n. 63) ed omessa motivazione.

Del pari assorbiti sono il terzo motivo - pure proposto subordinatamente, col quale i ricorrenti deducono vizi di motivazione e violazione dell'art. 2094 c. civ. in relazione alla sussistenza del requisito della subordinazione - e il quarto motivo del ricorso, col quale i ricorrenti denunciano vizi di motivazione, ancora in riferimento all'art. 2094 c. civ. e all'esistenza di ulteriori requisiti sussidiari ai fini della qualificazione del rapporto.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione. Le spese seguono la soccombenza (art. 385 c.p.c.).

P.T.M.


La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l'ordinanza ingiunzione. Condanna l'Ispettorato del lavoro a pagare a controparti le spese in E. 40,00 oltre E. 3.000,00 per onorari; spese generali e accessori come per legge.

Cosí deciso in Roma, il 7 giugno 2005.

 

 

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