torna
su
APPRENDISTATO
Qualsiasi forma di
apprendistato (professionalizzante, ad alta formazione, per il
diritto – dovere all’istruzione e formazione, ex lege n. 196/1997)
prevista dal nostro ordinamento “gode” dei medesimi incentivi
che, per chiarezza di esposizione possono così sintetizzarsi, a
prescindere dalle modalità di svolgimento del rapporto
contrattuale:
Incentivi di
natura contributiva
L’art. 1, comma 773,
della legge n. 296/2003 ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio
2007, i datori di lavoro usufruiscono, in via generale, di una
contribuzione a loro carico, per tutta la durata
dell’apprendistato, pari al 10% della retribuzione imponibile ai
fini previdenziali cui, ovviamente, va sommata quella a carico del
giovane, pari al 5,84%, per cui il totale complessivo è pari al
15,84%.
Per i datori di
lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di addetti
inferiore a nove l’aliquota complessiva a loro carico è ridotta
per i primi due anni rispettivamente all’1,5% ed al 3%, restando
fermo il livello del 10% per i periodi contributivi maturati dopo
il secondo anno.
Il riferimento al
numero pari o inferiore alle nove unità (il computo va fatto sull’impresa
complessivamente considerata e non sulle singole unità) fa sì che,
ai fini del calcolo debbano essere compresi (circolare INPS n.
22/2007):
a)
i dirigenti;
b)
gli assunti con contratto a
tempo indeterminato;
c)
gli assunti con contratto a
tempo determinato;
d)
i lavoranti a domicilio;
e)
i lavoratori a tempo parziale,
in proporzione all’orario svolto (art. 6 del D.L.vo n. 61/2000);
f)
i lavoratori assenti con
diritto alla conservazione del posto (malattia, maternità, ecc.)
vanno esclusi dal computo nell’ipotesi in cui vengano computati i
loro sostituti.
g) i
lavoratori intermittenti vanno computati nell’organico
dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente
prestato nell’arco di ciascun semestre (art. 39 del D.L.vo n.
276/2003)
Sono esclusi dal
computo numerico:
a)
gli apprendisti;
b)
gli assunti con contratto di
inserimento o reinserimento ex art. 54 del D.L.vo n. 276/2003;
c)
gli assunti con contratto di
reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991;
d)
i lavoratori somministrati
dalle Agenzie del Lavoro;
e)
i lavoratori assunti dopo
essere stati addetti a lavori socialmente utili o di pubblica
utilità, come previsto dall’art. 7 del D.L.vo n. 81/2000;
Le agevolazioni
contributive, una volta riconosciute, sono mantenute anche se il
numero dei dipendenti supera la soglia delle nove unità.
In caso di
trasformazione del rapporto di lavoro al termine del periodo di
apprendistato l’agevolazione contributiva del 10% viene
riconosciuta per i dodici mesi successivi: ovviamente, la
prosecuzione del rapporto deve essere con la qualifica (o la
qualificazione) ottenuta con l’apprendistato e non con una
qualifica diversa, come ribadito dalla Corte di Cassazione con la
sentenza n. 15055 del 22 giugno 2010.
Per completezza di
informazione è opportuno ricordare come la Corte Costituzionale
con sentenza n. 169 del 28 novembre 1973 abbia dichiarato la
illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge n. 604/1966
sui licenziamenti individuali nella parte in cui esclude gli
apprendisti dalla applicabilità nei loro confronti degli articoli
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12 e 13. La Consulta ha precisato che
“la dichiarazione di illegittimità va limitata al solo
licenziamento effettuato nel corso del rapporto di apprendistato,
giacchè, una volta che questo si sia esaurito, il datore di lavoro
resta libero di assumere o meno l’ex apprendista e di stringere
con lui un normale rapporto di lavoro o di dare la disdetta ai
sensi dell’art. 2118 c.c.”.
Aggiornamento dovuto all'articolo 22, comma 1, della c.d. Legge di Stabilità (Legge n. 183 del 12 novembre 2011)
a partire dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 viene
riconosciuto uno sgravio contributivo del 100% ai datori di lavoro
con un organico pari od inferiore alle nove unità che assumono
apprendisti. Fino al 31 dicembre 2011 essa resta dell’1,5% per il
primo anno e del 3% per il secondo anno. Lo sgravio, a prescindere
dalla durata del contratto di apprendistato (che nel settore
artigiano può durare fino a cinque anni come previsto dal D.L.vo
n. 167/2011), è per tre anni. La contribuzione a carico del
lavoratore resta sempre la stessa (5,84%). L’utilizzazione della
parola “sgravio” sembrerebbe far presumere, ma qui è doveroso
attendere un chiarimento amministrativo del Ministero del Lavoro e
dell’INPS, un cambio di indirizzo rispetto a quanto sostenuto nel
2008 quando si sostenne che la contribuzione di riferimento degli
apprendisti fosse il frutto di una politica finalizzata a favorire
l’occupazione giovanile, a prescindere dalle agevolazioni previste
per altre assunzioni (v. lavoratori in mobilità) ove è richiesto
il DURC e l’applicazione economica e normativa del CCNL e, se
esistente, della contrattazione di secondo livello. Per il calcolo
numerico dei dipendenti si ritiene opportuno ricordare come in
passato (e si ritiene anche oggi) debbano essere esclusi i
soggetti in forza con contratto di apprendistato, con contratto
di inserimento, i lavoratori somministrati o i lavoratori assunti
dopo esperienze in prestazioni socialmente utili o di pubblica
utilità, mentre quelli a tempo parziale vanno considerati “pro –
quota” (art. 6 del D.L.vo n. 61/2000) e quelli assunti con lavoro
intermittente in proporzione all’orario di lavoro effettivamente
svolto nell’arco di ciascun semestre (art. 39 del D.L.vo n.
276/2003).. La disposizione non sembra trovare applicazione per i
c.d. “apprendisti in mobilità” per i quali l’art. 7, comma 4, del
D.L.vo n. 167/2011 riconosce la contribuzione speciale prevista
per i lavoratori in mobilità assunti a tempo indeterminato
dall’art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991
Incentivi di
natura economica
L’apprendista può
essere retribuito (art. 53 del D.L.vo n. 276/2003) per tutta la
durata del rapporto e fino alla trasformazione anche con due
livelli stipendiali inferiori a quelli di “approdo”. C’è da
osservare, tuttavia, come alcuni contratti collettivi, soprattutto
per talune qualifiche, abbiano previsto un percorso di
avvicinamento al livello massimo, attraverso scatti intermedi
(magari di un livello a “metà percorso”) o, in altri casi,
soprattutto per le qualifiche a più basso contenuto professionale,
l’abbassamento di un solo livello.
Su tale quadro
normativo di riferimento è intervenuta, con l’art. 2, comma 155,
della legge n. 191/2009, una possibile ulteriore novità: la
contrattazione collettiva, nazionale territoriale od aziendale può
stabilire, nel rispetto dell’anzianità di servizio, una forma
retributiva “percentualizzata” rispetto al trattamento economico
finale e progressiva nell’ammontare, secondo un “modus” già
presente, in passato, nel nostro ordinamento, prima della riforma
del 2003, e conservato in alcuni CCNL (es. edilizia del settore
artigiano).
Incentivi di
natura normativa
Gli assunti con
contratto di apprendistato non rientrano (per tutta la durata
della tipologia) nella base di calcolo per l’applicazione di
particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione
collettiva: ciò significa, ad esempio, che ai fini del computo
dell’aliquota dei disabili, prevista dalla legge n. 68/1999 essi
non sono presi in considerazione. Ovviamente ci sono delle
eccezioni che, però, debbono essere previste da disposizioni
imperative: è il caso, ad esempio, dell’art. 1 della legge n.
223/1991 il quale, nel calcolo medio della base numerica
necessaria per la verifica dell’ampiezza aziendale, ai fini
dell’applicazione della normativa sulla cassa integrazione
guadagni straordinaria o dei contratti di solidarietà difensivi
del settore industriale, ricomprende gli apprendisti, pur
escludendoli dal beneficio.
Un ulteriore
incentivo di natura normativa può anche considerarsi quello
offerto dal Ministero del Lavoro circa il limite massimo di
assunzione : esso è stato fissato in 29 anni e 364 giorni (e non
al compimento del ventinovesimo anno di età), sicchè un contratto
di apprendistato può, legittimamente, iniziare alle soglie dei
trenta anni e concludersi magari, dopo quattro anni.
Tra gli incentivi di
natura normativa possono, in un certo senso, ricollegarsi anche le
norme (art. 49, comma 5 ter, del D.L.vo n. 276/2003) che
consentono, a determinate condizione, alle aziende di poter far
svolgere la formazione, senza alcuna contribuzione pubblica,
all’interno della propria struttura o in una struttura sotto il
loro controllo, nel rispetto della contrattazione collettiva.
Questa disposizione, tuttavia, è stata parzialmente dichiarata
incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 176/2010, nella
parte in cui non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle
Regioni e delle Province Autonome che in materia di formazione
professionale hanno una loro competenza costituzionale primaria.
Incentivi di
natura fiscale
Le spese sostenute
per la formazione degli apprendisti sono escluse dalla base per il
calcolo dell’IRAP.
torna
su
torna
su
LAVORATORI
DISOCCUPATI O SOSPESI DA ALMENO 24 MESI
L’art. 8, comma 9,
della legge n. 407/1990 prevede un abbattimento contributivo per
trentasei mesi nel caso in cui i datori di lavoro assumano a tempo
indeterminato disoccupati da almeno ventiquattro mesi o lavoratori
sospesi e beneficiari di trattamento integrativo straordinario da
un uguale periodo. Le assunzioni non debbono essere dirette a
sostituire lavoratori licenziati o sospesi. Per quel che concerne
il concetto di “sostituzione”, nel silenzio della legge, si
ritiene applicabile il limite dei sei mesi, previsto dall’art. 15,
comma 6, della legge n. 264/1949, ai fini del diritto di
precedenza alla riassunzione. L’incentivo è soltanto di natura
contributiva ed è pari:
a)
al 50% nel centro nord;
b)
al 100% nel Mezzogiorno e in
favore delle imprese artigiane, ovunque ubicate.
Ovviamente, sia
nell’uno che nell’altro caso la contribuzione a carico del
lavoratore resta inalterata.
In caso di assunzione
a tempo parziale ma indeterminato il beneficio, rapportato alla
prestazione lavorativa, viene riconosciuto, secondo l’orientamento
espresso dal Ministero del Lavoro nella nota n. 1179 del 4 marzo
1993 e dall’INPS con le circolari n. 25/1991, n. 215/1991 e n.
121/1993.
Il beneficio non è
riconosciuto ai soci lavoratori delle cooperative (v. messaggio
INPS n. 22923 dell’11 marzo 1999), atteso che al di fuori dei casi
tassativamente previsti non è possibile riconoscere ai soci
lavoratori le altre agevolazioni che il Legislatore ha previsto
per incentivare l’occupazione.
Per il riconoscimento
delle agevolazioni la circolare INPS n. 51/2004 richiede due
condizioni: la prima è la dichiarazione di responsabilità ex DPR
n. 445/2000 prodotta dal lavoratore al centro per l’impiego, la
seconda è l’attestazione di permanenza del soggetto nello stato di
disoccupazione.
torna
su
torna
su
CONTRATTI DI
REINSERIMENTO DI ALCUNE PARTICOLARI CATEGORIE
L’art. 20 della legge
n. 223/1991 prevede un incentivo di natura contributiva, poco
usato per le obiettive difficoltà, in favore delle imprese che
assumano lavoratori in trattamento speciale di disoccupazione da
almeno 12 mesi e che non abbiano in corso sospensioni dal lavoro o
abbiano proceduto a riduzioni di personale nei dodici mesi
precedenti, a meno che le assunzioni non siano per professionalità
sostanzialmente diverse. Tali contratti di reinserimento non vanno
assolutamente confusi con quelli di inserimento o reinserimento
professionale previsti dagli articoli 54 e seguenti del D.L.vo n.
276/2003.
Incentivi di
natura contributiva
La contribuzione è
ridotta per i primi dodici mesi del 75% se il lavoratore è
disoccupato da meno di ventiquattro mesi, se è, invece,
disoccupato da un periodo compreso tra i due ed i tre anni, il
“bonus” è “godibile” per ventiquattro mesi mesi, che diventano
trentasei se il lavoratore è disoccupato da oltre tre anni.
Il datore di lavoro
può optare per un altro vantaggio contributivo: l’esonero
dall’obbligo delle quote di contribuzione a proprio carico nei
limiti del 50% della misura del 75% (ossia, nei limiti del 37,5%)
per un periodo pari al doppio di quello di effettiva
disoccupazione e non superiore a dodici mesi. I benefici sono
riconosciuti anche in caso di contratto a tempo indeterminato part
– time (nota Ministero del Lavoro n. 1179 del 4 marzo 1993) o a
termine (Cass. n. 40/1996)
Incentivi di
natura normativa
Anche per i contratti
di reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991 vale la stessa
regola prevista per l’apprendistato: sono esclusi dal computo dei
limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per
l’applicazione di particolari normative ed istituti.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE DI
LAVORATORI CON CONTRATTO DI INSERIMENTO
Il contratto di
inserimento previsto dagli articoli 54 e seguenti del D.L.vo n.
276/2003 è un contratto di lavoro diretto a realizzare con un
progetto individuale di adattamento delle competenze professionali
l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di alcune
categorie:
a)
lavoratori di età compresa tra
i diciotto ed i ventinove anni;
b)
disoccupati di lunga durata
(almeno dodici mesi, secondo l’interpretazione comunitaria) fino a
trentadue anni;
c)
lavoratori con più di
cinquanta anni che siano privi di un posto di lavoro;
d)
lavoratori che desiderino
intraprendere o riprendere un’attività lavorativa e che non
abbiano lavorato per almeno due anni;
e)
donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente
retribuito da almeno sei mesi residenti in una area
geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia
inferiore almeno di 20 punti percentuali a quello maschile o
in cui il tasso di disoccupazione femminile superi di 10 punti
percentuali quello maschile. Le aree di cui al precedente
periodo nonché quelle con riferimento alle quali
trovano applicazione gli incentivi economici di cui all'articolo
59, comma 3, nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della
Commissione, del 6 agosto 2008, sono individuate con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 31
dicembre di ogni anno, con riferimento all'anno successivo.
(modificato dalla L. n. 183/2011)
f) persone affette da grave
handicap mentale, fisico o psichico, il cui grado di invalidità
sia superiore al 45%, secondo l’interpretazione fornita dal
Ministero del Lavoro con la risposta ad un interpello n. 17/2008.
I datori di lavoro
che possono stipulare contratti di inserimento sono:
a) gli Enti pubblici
economici, le imprese ed i loro consorzi;
b) i gruppi di
imprese;
c) le associazioni
professionali, socio – culturali e quelle sportive;
d) le fondazioni;
e) gli Enti di
ricerca, pubblici e privati.
L’esposizione che
segue, lungi dal trattare i problemi applicativi correlati
all’istituto si occuperà soltanto degli incentivi di natura
economica, contributiva, fiscale e normativa correlati a questa
tipologia contrattuale.
Incentivi di
natura economica
Tutti i lavoratori
assunti con contratto di inserimento possono essere inquadrati “in
deminutio” fino a due livelli inferiori a quello previsto in
applicazione del CCNL, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni
corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato
il progetto di inserimento dei lavoratori. Il sotto inquadramento
non trova applicazione per le lavoratrici indicate nella lettera
e) dell’art. 54, comma 1, del D.L.vo n. 276/2003, salvo che non si
rinvenga una diversa previsione nella contrattazione nazionale o
territoriale.
Molti contratti
collettivi, soprattutto per le qualifiche a più basso contenuto
professionale, hanno stabilito un solo livello di sotto
inquadramento o, in altri casi, un percorso “cadenzato” nei
diciotto mesi complessivi che porta, dopo un certo periodo a
passare da due ad un solo livello in meno. Sulla materia e sui
contenuti del progetto formativo si rinvia ai vari contratti
nazionali o, in mancanza, all’accordo interconfederale dell’11
febbraio 2004.
Incentivi di
natura contributiva
Per tutti gli assunti
con contratto di inserimento (ad eccezione dei giovani di età
compresa tra i diciotto ed i ventinove anni – art. 54, comma 1,
lettera a) viene riconosciuto un abbattimento della contribuzione
a carico del datore di lavoro, pari al 25%: la concessione della
contribuzione agevolata comporta anche la rispondenza ai requisiti
del regolamento CE n. 2204/2002 sulle persone svantaggiate.
Diverso è il discorso
per le donne di qualsiasi età individuate dalla lettera e) del
comma 1, dell’art. 54. In assenza del Decreto Ministeriale (che ha
natura “dichiarativa”, secondo la risposta fornita dal Ministero
del Lavoro con l’interpello n. 1/2007) e che, ogni anno, individua
le zone per le quali in virtù delle condizioni è possibile una
agevolazione totale della contribuzione (l’ultimo DM. risale al
2008 ed ha escluso la Calabria sempre presente nei precedenti
provvedimenti amministrativi), l’INPS, con circolare n. 74/2006 ha
affermato che, in via provvisoria, è possibile stipulare contratti
di inserimento con donne su tutto il territorio nazionale,
applicando l’agevolazione del 25% (che non dà problemi a livello
comunitario) in maniera generalizzata ed uniforme.
La trasformazione
anticipata del contratto di inserimento (prima dei diciotto mesi
massimi cui si può giungere attraverso più proroghe) non consente
la continuazione nel “godimento” del beneficio contributivo
secondo una interpretazione “per relationem” con quanto previsto
per l’apprendistato. Infatti, il Ministero del Lavoro con la
risposta n. 14/2009 ad un interpello del Consiglio nazionale
dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha precisato che non può
essere riconosciuto, pur nel caso in cui prosegua lo svolgimento
dell’attività formativa.
Incentivi di
natura fiscale
Le somme spese per la
formazione degli assunti con contratto di inserimento non entrano
nella c.d. “base IRAP”.
Incentivi di
natura normativa
Gli assunti con
contratto di inserimento (ivi compresi quelli di cui alla lettera
a, che non danno luogo ad incentivi di natura economica derivanti
dal sotto inquadramento) non rientrano nella base di calcolo per
l’applicazione di istituti per i quali la legge o la
contrattazione collettiva prevedono limiti numerici: quindi, ad
esempio, non rientrano nel computo del personale in forza per la
legge n. 68/1999 relativa all’avviamento di lavoratori
diversamente abili.
Detto questo,
tuttavia, facendo una breve correlazione con la normativa prevista
dal D.L.vo n. 368/2001 è opportuno osservare come tutti gli
assunti con contratto di inserimento (e, quindi, anche i giovani
compresi tra i diciotto ed i ventinove anni) hanno un rapporto con
scadenza e con un progetto formativo minimo (l’accordo
interconfederale parla di sedici ore complessive), senza alcun
riferimento al c.d. “causalone” necessario per individuare le
ipotesi nelle quali è possibile stipulare contratti a tempo
determinato. Quello che è necessario sottolineare è che i
contratti di inserimento non rientrano tra quelli per i quali il
Legislatore ha previsto la sommatoria dei mesi (fino a trentasei)
trascorsi i quali il rapporto si trasforma a tempo indeterminato,
fatta salva l’ipotesi di un ulteriore contratto a termine
stipulato, secondo precise modalità, presso la Direzione
provinciale del Lavoro.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE A TEMPO
PIENO ED INDETERMINATO DI LAVORATORI IN CIGS DA ALMENO 3 MESI E
DIPENDENTI DA IMPRESE IN CIGS DA ALMENO 6 MESI
La disposizione,
contenuta nell’art. 4, comma 3, della legge n. 236/1993, si
rivolge ai datori di lavoro, ivi comprese le società cooperative,
che non abbiano in corso sospensioni dal lavoro ai sensi dell’art.
1 della legge n. 223/1991 e che non abbiano proceduto a riduzioni
di personale negli ultimi 12 mesi, Si deve trattare di
un’assunzione a tempo pieno ed indeterminato (o, anche, di
ammissione di soci lavoratori) di soggetti in CIGS da almeno tre
mesi, mentre l’impresa di provenienza lo deve essere da almeno sei
mesi.
Ma quali sono gli
incentivi per il datore di lavoro assumente?. Essi sono di natura
contributiva ed economica.
Incentivi di
natura contributiva
Per un periodo di
dodici mesi la quota di contribuzione a carico del datore è del
tutto uguale a quella prevista, in via ordinaria, per gli
apprendisti, ossia il 10% della retribuzione imponibile ai fini
previdenziali. Presupposto per il “godimento” è la regolarità con
le norme che disciplinano il DURC (documento unico di regolarità
contributiva) e con il rispetto dei trattamenti economici e
normativi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e, se
esistente, da quella territoriale od aziendale. L’aliquota
complessiva, come sottolineato dalla circolare INPS n. 22/2007, è
pari al 19,19%, essendo comprensiva del 9,19% a carico del
lavoratore.
Incentivi di
natura economica
L’assunzione di un
lavoratore che si trova nelle condizioni appena citate comporta il
riconoscimento (sotto forma di conguaglio contributivo) di una
somma a favore dell’impresa pari al 50% dell’indennità di mobilità
per un periodo non superiore a nove mesi per chi ha meno di 50
anni. L’incentivo sale a 21 mesi nelle aree del Mezzogiorno
individuate ex DPR n. 218/1978 ed in quelle ad alto tasso di
disoccupazione: se il lavoratore ha più di 50 anni l’incentivo per
tali zone è elevato fino a 33 mesi.
Con circolare n.
122/1999 l’INPS ha affermato che, qualora tra l’impresa assumente
e quella cedente, sebbene distinte, vi sia una sorta di
trasformazione o di derivazione, gli incentivi possano essere
riconosciuti sulla base di accordi sindacali finalizzati alla
salvaguardia dei posti di lavoro, con un impegno del nuovo datore
di lavoro teso a garantire la continuazione dell’attività
produttiva per un periodo di almeno 12 mesi oltre la durata dei
benefici.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE A TEMPO
INDETERMINATO DI LAVORATORI IN MOBILITA’
L’art. 25, comma 9,
della legge n. 223/1991, prevede che l’assunzione di un
lavoratore iscritto nelle liste di mobilità venga incentivata
sotto una duplice forma: quella contributiva e quella economica.
Incentivi di
natura contributiva
L’assunzione a temo
indeterminato (anche part-time) di un lavoratore in mobilità
comporta un abbattimento della quota contributiva a carico del
datore di lavoro per diciotto mesi: essa è pari a quella prevista,
in via ordinaria, per gli apprendisti, ossia il 10% sul reddito
imponibile ai fini previdenziali. La circolare n. 22/2007
dell’INPS ha chiarito che complessivamente l’aliquota, comprensiva
della quota a carico del lavoratore, è pari al 19,19%.
Anche in questo caso
il “godimento” è strettamente correlato sia al possesso del DURC
che al rispetto dei trattamenti economici e normativi previsti
dalla contrattazione collettiva, anche territoriale od aziendale,
applicabile.
E’ appena il caso di
ricordare come il “godimento” (anche quello di natura economica)
non trovi applicazione se l’assunzione è stata effettuata, nei sei
mesi successivi al licenziamento dalla stessa o da altra impresa
collegata o controllata o con assetti proprietari sostanzialmente
coincidenti.
Con nota n. 1074/2005
il Ministero del Lavoro ha chiarito che, in ossequio alla
disciplina prevista per le società cooperative dalla legge n.
142/2001, gli incentivi previsti per l’assunzione di lavoratori in
mobilità sia a tempo indeterminato che a termine, spettano anche
a queste ultime.
L’INPS, con messaggio
n. 3491 del 22 ottobre 1998, ha chiarito che le agevolazioni
previste per l’assunzione dei lavoratori in mobilità sia a termine
che a tempo indeterminato valgono anche nel caso in cui la stessa
avvenga per lavoro a domicilio.
Il Ministero del
Lavoro, con una nota risalente al 1999, condivisa dall’INPS, ha
ritenuto che in caso di maternità con relativa sospensione del
rapporto, il datore di lavoro abbia diritto ad usufruire dei
benefici contributivi, cosa che comporta il differimento degli
stessi per un periodo uguale a quello della sospensione. Ciò non
si verifica, invece, nell’ipotesi in cui si registri una
volontarietà del lavoratore (es. aspettativa), come chiarito dalla
circolare INPS n. 84/1999.
Incentivi di
natura economica
L’assunzione di un
lavoratore in mobilità comporta anche un incentivo di natura
economica: infatti, se goduta, il datore di lavoro percepisce,
attraverso il sistema del conguaglio contributivo, il 50%
dell’indennità di mobilità per un massimo di dodici mesi, cosa
che, da un punto di vista teorico, porta, a parità di altre
condizioni, a favorire l’occupazione di chi è stato da poco
inserito nelle liste di mobilità rispetto a quello che è quasi al
termine del periodo.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE CON
CONTRATTO DI APPRENDISTATO PER I LAVORATORI IN MOBILITA’
L’art. 7, comma 4,
della
legge n.
167/2011, prevede la possibilità di assumere in apprendistato
i lavoratori in mobilità ai fini della loro qualificazione o
riqualificazione.
I lavoratori in mobilità così assunti non rientrano
nella base di calcolo prevista da leggi o contratti collettivi per
l'applicazione di particolari istituti (es. disabili)
Incentivi di
natura contributiva
non cambiano rispetto a quelli
previsti per i lavoratori in mobilità.
Incentivi di
natura economica
l'inquadramento
del lavoratore potrà
avvenire fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria
spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di
lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle
quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di sarà
possibile stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura
percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE A TEMPO
DETERMINATO NON SUPERIORE A 12 MESI DI LAVORATORI IN
MOBILITA’
L’art. 8, comma 2,
della legge n. 223/1991, incentiva sotto l’aspetto contributivo e
sotto quello normativo l’assunzione a termine di lavoratori in
mobilità per un massimo di dodici mesi, come mezzo per facilitare
il loro reingresso nel mondo del lavoro.
Incentivi di
natura contributiva
Fermo restando il
possesso del DURC ed il rispetto dei trattamenti economici e
normativi previsti dalla pattuizione collettiva, ai vari livelli,
la quota di contribuzione a carico del datore sulla retribuzione
imponibile è pari al 10%. Se nel corso del rapporto lo stesso è
trasformato a tempo indeterminato il beneficio contributivo spetta
per ulteriori dodici mesi. Lo stesso beneficio trova applicazione
anche a favore dell’Agenzia del Lavoro che assume, per la
successiva utilizzazione, lavoratori in mobilità (art. 1, comma
155, della legge n. 311/2004). Anche in questo caso vale la regola
secondo la quale l’incentivo non è riconosciuto se l’assunzione
avviene nei sei mesi successivi dal licenziamento ed è effettuata
da altra impresa in rapporto di colleganza e controllo con la
precedente. L’agevolazione contributiva, anche attraverso più
contratti a termine con il medesimo datore di lavoro, non può
superare i dodici mesi, cosa che comporta la piena legittimità del
contratto a tempo determinato stipulato, ma senza il
riconoscimento dei benefici.
Incentivi di
natura normativa
L’assunzione di un
lavoratore a tempo determinato è regolata, per espressa
disposizione contenuta nell’art. 10 del D.L.vo n. 368/2001, dalla
legge n. 223/1991. Ciò da un punto di vista strettamente operativo
presenta alcune peculiarità che possono così sintetizzarsi:
a)
la mancata applicazione del
D.L.vo n. 368/2001 fa sì che le motivazioni alla base del singolo
contratto possono ben andare al di là di quelle, peraltro
estremamente ampie, previste dall’art. 1, il c.d. “causalone”,
ossia le esigenze tecnico, produttive, organizzative e
sostitutive. Ovviamente, la differenza era maggiore, sotto la
vigenza della legge n. 230/1962 che prevedeva alcune causali ben
specifiche e determinate: vale la pena di ricordare come sotto
l’aspetto interpretativo sia il Ministero del Lavoro che la
Cassazione avevano anticipato il Legislatore sostenendo che il
contratto a termine per i lavoratori in mobilità traeva origine da
un altro scopo (quello della facilitazione al reingresso sul
mercato del lavoro per i soggetti espulsi dai processi produttivi)
era “fuori” dalla casistica della legge n. 230/1962;
b)
la non applicazione sia del
D.L.vo n. 368/2001 che della legge 230/1962, fa sì che i mesi
lavorati ex art. 8, comma 2, della legge n. 223/1991, non si
sommino con gli altri contratti a termine eventualmente svolti ai
sensi delle leggi appena citate, sì da non essere compresi nel
computo complessivo dei trentasei mesi ( i contratti di natura
stagionale non vi rientrano) trascorsi i quali il rapporto, se
continua, si considera a tempo indeterminato e, in ogni caso, un
nuovo contratto a termine (nella previsione massima prevista dagli
accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva) può
essere stipulato davanti al funzionario della Direzione
provinciale del Lavoro e con l’assistenza di un rappresentante
sindacale per il lavoratore;
c)
il contratto a termine
agevolato non può durare, per lo stesso datore di lavoro ed ai
soli fini del riconoscimento dell’agevolazione più di dodici mesi.
A tale termine si può giungere attraverso un contratto iniziale ed
una successiva proroga che, ovviamente, può essere anche superiore
al contratto iniziale. Il contratto può avere anche una durata più
lunga ma gli incentivi sono limitati a dodici mesi;
d)
trascorsi sei mesi dal
licenziamento, lo stesso datore di lavoro può riassumere, sia a
tempo determinato che indeterminato, gli stessi lavoratori posti
in mobilità usufruendo dei benefici economici e contributivi:
questo afferma il Ministero del Lavoro con la nota n. 25/i/0001564
del 13 luglio 2006, rispondendo ad un interpello.
torna
su
torna
su
LAVORATORI IN
GODIMENTO DI TRATTAMENTO INTEGRATIVO IN DEROGA
Nell’intento di
agevolare la ricollocazione dei soggetti destinatari di
trattamento integrativo in deroga l’art. 7, comma 7, della legge
n. 33/2009 ha previsto, in favore dei datori assumenti, un
incentivo di natura economica.
I datori di lavoro
che,, potenzialmente, possono accedere agli incentivi sono:
a)
quelli individuati dall’art. 1
della legge n. 223/1991 che non hanno in atto sospensioni dal
lavoro: si tratta delle imprese industriali (o settori correlati,
richiamati, anche da altre disposizioni, alla disciplina sul
trattamento integrativo salariale straordinario) che, mediamente,
nel semestre precedente hanno occupato più di quindici dipendenti,
i lavoratori a tempo parziale e quelli con contratto di lavoro
intermittente contano in proporzione alle prestazioni svolte.
Incentivi di
natura economica
I datori di lavoro,
se assumono, i carenza di obbligo, lavoratori destinatari fino al
31 dicembre 2010, di ammortizzatori in deroga, oppure prestatori
licenziati o sospesi per cessazione totale o parziale di attività
o per intervento di una procedura concorsuale (es. fallimenti,
concordato preventivo, ecc.) da imprese non rientranti nel campo
di applicazione dell’art. 1 della legge n. 223/1991, hanno
diritto, secondo le modalità fissate nel provvedimento
amministrativo attuativo, al “godimento”, in caso di assunzione a
tempo indeterminato, delle mensilità di integrazione non
“incassate” dai lavoratori interessati, detratta la contribuzione
figurativa a carico dell’INPS. Il tutto avviene attraverso il
sistema del conguaglio fiscale.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE A TEMPO
DETERMINATO PER SOSTITUZIONE DI LAVORATRICE IN ASTENSIONE
OBBLIGATORIA O FACOLTATIVA PER MATERNITA’
L’art. 10, comma 2,
della legge n. 53/2000, poi confluito nell’art. 4 del D.L.vo n.
151/2001 ha previsto incentivi di natura contributiva in favore
delle aziende sottodimensionate alle venti unità che assumano con
contratto a tempo determinato lavoratori in congedo ex art. 4 del
D.L.vo n. 151/2001. La norma trova, quindi, applicazione fino al
compimento di un anno di età del figlio della lavoratrice o del
lavoratore in congedo o per un anno dall’accoglienza del minore
adottato o in affidamento (art. 4, comma 4, del D.L.vo n.
151/2001). Se il datore di lavoro si è rivolto ad un’Agenzia di
Lavoro temporaneo che, quindi, ha inviato un lavoratore che è
utilizzato in sostituzione, l’impresa recupera dalla società di
lavoro temporaneo le somme corrispondenti allo sgravio da essa
ottenuto (art. 4, comma 3, del D.L.vo n. 151/2001).
Ma come si calcola il
limite numerico?
La norma fa sì ch
siano compresi nel numero i dirigenti, i lavoranti a domicilio, i
lavoratori a tempo indeterminato e determinato, quelli assenti
benché retribuiti es. malattia, gravidanza, ecc.) a meno che non
vengano computati i sostituti, mentre i lavoratori a tempo
parziale vanno computati “pro – quota” (art. 6 del D.L.vo n.
61/2000) e quelli intermittenti in proporzione alle giornate
lavorate nel semestre precedente (art. 39 del D.L.vo n. 276/2003).
Non vi rientrano gli apprendisti, gli assunti con contratto di
inserimento o reinserimento, i lavoratori assunti provenienti da
esperienza socialmente utili o di pubblica utilità, nonché tutti
quelli che, a vario titolo, non sono titolari di rapporto di
lavoro subordinato (collaboratori coordinati e continuativi, anche
a progetto, prestatori di lavoro occasionale ed accessorio, ecc.):
Il lavoratore
sostituito può essere sostituito anche da due lavoratori con
contratto a tempo parziale: l’INPS, con messaggio n. 28/2001, ha
affermato che lo sgravio è riconosciuto a condizione che la somma
d’orario risulti pari a quella del sostituito.
Incentivi di
natura contributiva
L’incentivo consiste
nello sgravio contributivo del 50% (art. 4, comma 3, del D.L.vo n.
151/2001) per un massimo di dodici mesi. Esso è riconosciuto anche
se c’è un “accavallamento” delle prestazioni tra il lavoratore
“uscente” e quello “entrante”, finalizzato, anche per la fase del
rientro, allo scambio del lavoro e agli adattamenti conseguenti.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE DI
LAVORATORI DISABILI
L’art. 13 della legge
n. 68/1999 ha previsto una serie di incentivi in favore delle
imprese che assumono portatori di handicap con un “minus”
abbastanza significativo: fino al 31 gennaio 2007 esse
consistevano in una fiscalizzazione totale o parziale degli oneri
previdenziali.
A partire dal 1°
gennaio 2008, a seguito delle novità intervenute con il c.d.
“protocollo del Welfare”, recepite nell’art. 1, comma 37, della
legge n. 247/2007, le agevolazioni sono di natura economica.
Incentivi di
natura economica
Le Regioni e le
Province autonome concedono contributi diretti commisurati ad una
determinata percentuale del costo salariale annuo del lavoratore
disabile e variabili in funzione del grado di riduzione della
capacità lavorativa del soggetto medesimo. Alle assunzioni
previste da convenzioni stipulate prima del 1° gennaio 2008 (anche
se le stesse sono avvenute dopo), continua ad applicarsi il
previgente sistema di fiscalizzazione che, per inciso, si ricorda
(v. Min. Lavoro n. 80/2009 e messaggio INPS n. 11930 del 26 maggio
2009):
a)
otto anni di abbattimento
contributivo totale, qualora la capacità lavorativa abbia una
riduzione superiore al 79%;
b)
cinque anni di abbattimento
contributivo al 50%, qualora la capacità lavorativa abbia una
riduzione compresa tra il 67% ed il 79%;
c)
rimborso forfettario parziale
delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per
renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con
riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% o per
l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero per la
rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi
modo l’integrazione lavorativa del disabile.
Ma quali sono, oggi,
gli incentivi?
Le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano, nei limiti dei fondi
stanziati e ripartiti secondo criteri stabiliti dal Ministero del
Lavoro, di “concerto, con il Ministero dell’Economia, sentita la
Conferenza unificata Stato – Regioni concedono un contributo che,
tuttavia, è sottoposto alle seguenti condizioni: che l’assunzione
sia a tempo indeterminato che l’eventuale periodo di prova abbia
avuto esito positivo e che, se per qualsiasi causa il rapporto si
sia risolto “ante tempus”, lo stesso abbia avuto una durata fino
alla concessione del contributo, che avviene l’anno successivo.
Per ciascuna
assunzione, il contributo può arrivare a coprire:
a)
fino al 60% del costo
salariale lordo annuo, per l’assunzione di lavoratori con una
percentuale di invalidità non inferiore all’80% o minorazioni
ascritte dalla prima alla terza categoria del testo unico in
materia di pensioni di guerra o con handicap psichico;
b)
fino al 25% del costo
salariale annuo lordo, per l’assunzione di lavoratori con una
percentuale di invalidità compresa tra il 67% ed 1l 79% o
minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria del testo
unico in materia di pensioni di guerra;
c)
il rimborso forfettario
parziale delle spese sostenute per l’adeguamento della postazione
di lavoro dei disabili con una percentuale di invalidità superiore
al 50% o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o per la
rimozione di barriere architettoniche.
Incentivi di
natura normativa
L’art. 12 della legge
n. 68/1999, come riformato dall’art. 1, comma 37, della legge n.
247/2007, consente di adempiere all’obbligo di riserva in favore
dei disabili anche mediante convenzioni di inserimento temporaneo,
con finalità formative, che comportano l’assunzione a tempo
indeterminato ed il contestuale distacco presso cooperative
sociali, imprese sociali, disabili liberi professionisti o altri
datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo, con oneri
retributivi e contributivi a carico del soggetto ospitante, al
quale il datore di lavoro si impegna a conferire commesse di
importo non inferiore.
Esse sono
utilizzabili per una sola persona o entro il limite del 30% della
quota d’obbligo. Non possono avere una durata superiore a dodici
mesi, eventualmente prorogabili per altri dodici, decorsi i quali
non sono ripetibili per la stessa persona, salvo diversa
valutazione del comitato tecnico.
Analoghe convenzioni
possono essere stipulate per l’inserimento temporaneo di detenuti
disabili.
L’art. 12 –bis della
legge n. 68/1999 consente di adempiere all’obbligo di riserva
anche mediante convenzioni di inserimento lavorativo, che
comportano l’assunzione del lavoratore disabile direttamente da
parte di cooperative sociali, imprese sociali, disabili liberi
professionisti, datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo
(in possesso di particolari requisiti di idoneità e regolarità),
ai quali il soggetto obbligato si impegna a conferire commesse di
lavoro di importo non inferiore agli oneri retributivi e
contributivi derivante dall’assunzione.
Esse sono
utilizzabili per una sola persona o entro il limite del 10% della
quota d’obbligo, solo per lavoratori con particolari difficoltà
d’inserimento. Non possono avere una durata inferiore a tre anni,
prorogabili una sola volta, per un ulteriore periodo di durata non
inferiore a due anni, decorsi i quali il lavoratore può essere
assunto con richiesta nominativa.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE DI
DIRIGENTI PRIVI DI OCCUPAZIONE
L’art. 20 della legge
n. 266/1997 prevede un beneficio di natura contributiva in favore
di quelle imprese o dei loro consorzi che assumano dirigenti,
privi di occupazione: la durata dell’incentivo non può superare i
dodici mesi.
Incentivi di
natura contributiva
La contribuzione
complessiva (comprensiva delle quote sia del datore di lavoro che
del dirigente) è ridotta del 50%: secondo i chiarimenti congiunti
del Ministero del lavoro e dell’INPS la riduzione non si estende
alle aliquote riscosse dagli Enti previdenziali in qualità di
esattori ma il cui gettito è destinato ad altri soggetti come le
Regioni e lo Stato. Secondo l’Istituto previdenziale resta escluso
il solo contributo previsto dall’art. 45 della legge n. 845/1978
destinato al Fondo di rotazione o ai Fondi interprofessionali per
la formazione continua previsti, in via originaria, dall’art. 118
della legge n. 388/2000.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE NELLE
COOPERATIVE SOCIALI
La condizione
essenziale perché le cooperative sociali possano usufruire di
benefici contributivi è rappresentata dal fatto che siano iscritte
al registro prefettizio nella sezione che si riferisce alla loro
attività ed in quella delle cooperative sociali.
Le normative di
riferimento si rifanno, essenzialmente, all’art. 51 della legge n.
448/1998 ed all’art. 4, commi 3 e 3 bis, della legge n. 381/1981,
come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge n. 193/2000 e
riguardano anche le c.d. “cooperative sociali ad oggetto plurimo”.
Queste ultime si caratterizzano per:
a)
la gestione dei servizi socio
sanitari;
b)
lo svolgimento di attività
diverse (agricole, commerciali, industriali o di servizi)
finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.
Incentivi di
natura contributiva
L’art. 4, comma 3,
afferma che le aliquote complessive per l’assicurazione IVS dovuta
dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione
corrisposta alle persone svantaggiate, sono ridotte a zero. Per
persone svantaggiate si intendono gli invalidi fisici, psichici e
sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, i soggetti in
trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcoolisti, i
minori in età lavorativa con forti difficoltà in ambito familiare,
le persone detenute od internate ammesse al lavoro esterno, anche
come misura alternativa alla detenzione.
L’art. 4, comma 3
bis, fa una eccezione rispetto alla disposizione precedente,
affermando che le aliquote sulle retribuzioni corrisposte ai
detenuti o agli internati nelle strutture penitenziarie, agli ex
degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone
condannate ed internate ammesse al lavoro esterno ex art. 21 della
legge n. 354/1975, sono ridotte in una misura individuata ogni
biennio attraverso un decreto “concertato” tra il Ministro della
Giustizia e quello dell’Economia. Gli sgravi trovano piena
applicazione nei confronti dei detenuti e degli internati ammessi
al lavoro esterno anche nei sei mesi successivi alla fine dello
stato detentivo.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONE DI
DETENUTI
Agevolazioni
contributive e fiscali sono previste anche per quelle imprese
pubbliche o private che organizzano attività produttive o di
servizi all’interno delle carceri, impiegando persone detenute o
internate. La norma di riferimento è sempre contenuta nell’art. 4,
comma 3 bis, della legge n. 381/1991, introdotto dall’art. 1,
comma 2, della legge n. 193/2000.
Incentivi di
natura contributiva
Il Decreto
Interministeriale 9 novembre 2001 che stabilisce gli incentivi di
natura contributiva chiarisce cosa si intende per lavoro
carcerario sia all’interno che all’esterno degli Istituti
penitenziari: mentre per le cooperative sociali è indifferente il
posto di svolgimento ai fini del riconoscimento del “bonus”, per
le imprese pubbliche e private è essenziale che il lavoro si
svolga all’interno del carcere (circolari INPS n. 134/2002 e n.
11/2004).
Incentivi di
natura fiscale
Il DM 25 febbraio
2002, n. 87 ha affermato che alle imprese che assumono detenuti
viene riconosciuto un credito mensile d’imposta per ognuno di essi
pari a 516,46 euro: esso è proporzionale in ragione delle giornate
di lavoro prestate. Per gli assunti a tempo parziale il credito
d’imposta è strettamente correlato alle ore lavorative prestate.
Il credito d’imposta
è riconosciuto anche alle aziende che:
a)
svolgono attività di
formazione nei confronti dei detenuti e degli internati: in ogni
caso il credito d’imposta è riconosciuto soltanto se, poi, si
giunge all’assunzione dei detenuti formati;
b)
svolgono attività formative
mirate a fornire professionalità ai detenuti destinati a svolgere
attività gestite in proprio dall’Amministrazione penitenziaria.
Le agevolazioni in
favore delle imprese sono subordinate al verificarsi di alcune
condizioni:
a)
assunzione dei detenuti o
degli internati con contratto di lavoro subordinato non inferiore
a trenta giorni;
b)
corresponsione di un
trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto
dalla contrattazione collettiva.
Il credito d’imposta
non concorre alla formazione della base imponibile IRPEF e
dell’IRAP e non assume rilievo ai fini della deducibilità degli
interessi passivi e delle spese generali ex articoli 63 e 75 del
DPR n. 917/1986.
Tutte queste
agevolazioni sono cumulabili con altri benefici previsti in altre
disposizioni.
torna
su
torna
su
MERIDIONE - AGEVOLAZIONI PER
LE ASSUNZIONI
L'art. 2 del Decreto
Legge n. 70/2011 - c.d. “decreto dello sviluppo” - riconosce
agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, in favore di quei
datori di lavoro ubicati in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata,
Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, che assumono in pianta
stabile lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” secondo
la definizione fornita dal Regolamento 800/2008/CE. Si ritiene
opportuno fissare i punti fondamentali della nuova disposizione:
-
beneficiari: la norma
che parla di “datori di lavoro” ricomprende in tale accezione sia
le imprese che i datori di lavoro non imprenditori;
-
assunzioni
aggiuntive: l’incremento occupazionale va calcolato come
differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo
indeterminato rilevato ogni mese ed il numero dei dipendenti con
contratto a tempo indeterminato occupati nei dodici mesi
precedenti. I lavoratori a tempo indeterminato e parziale si
calcolano “pro quota” rispetto all’orario previsto nel CCNL, per
effetto dell’art. 6 del D.L.vo n. 61/2000 (comma 5). L’incremento
della base occupazionale va computato al netto delle diminuzioni
verificatesi nelle società controllate o collegate ex art. 2359
c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso
soggetto. E’ considerata società collegata quella in cui un’altra
società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell’assemblea ordinaria, o quella nella quale un’altra impresa
dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria, o quella in cui si verifica l’influenza
di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali.
L’art. 2359 c.c. precisa, inoltre, altri criteri di valutazione
nel c.d. “controllo per partecipazione”. Per il concetto di
collegamento anche per interposta persona, in attesa di
chiarimenti amministrativi, si può ritenere estensibile la
definizione fornita dall’art. 8, comma 4-bis della legge n.
223/1991 il quale, parlando dei benefici economici in favore di
chi assume lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, parla di
esclusione per quelle imprese che presentano assetti proprietari
sostanzialmente coincidenti con quelli dell’azienda che ha
licenziato, o risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento
o controllo;. Tutte le assunzioni a tempo indeterminato dei datori
di lavoro di nuova costituzione che “nascono” dopo l’entrata in
vigore del Decreto Legge, sono considerate nuove assunzioni;
-
lavoratori che fanno
scattare il beneficio: si tratta dei prestatori assunti a tempo
indeterminato appartenenti alle categorie degli “svantaggiati” o
dei “particolarmente svantaggiati”, secondo al definizione che si
evince dal Regolamento 88/2008/CE. Sono considerati “svantaggiati”
i lavoratori disoccupati da almeno sei mesi, o privi di diploma di
scuola media superiore, o con un’età superiore ai cinquanta anni,
o che vivano soli con una o più persone a carico, o che siano
occupati in professioni o settori con elevato tasso di parità
uomo-donna, o, infine, siano membri di una minoranza nazionale.
Sono considerati “particolarmente svantaggiati” i lavoratori privi
di occupazione da almeno ventiquattro mesi. Tutto questo si trova
al comma 2 che recepisce i commi 18 e 19 dell’art. 2 del
Regolamento 88/2008/CE. Da ciò si deduce che i portatori di
handicap rientrano nella categoria degli “svantaggiati” e dei
“particolarmente svantaggiati” soltanto in presenza degli
specifici requisiti sopra riportati e che valgono per la
generalità dei lavoratori;
-
vantaggio economico:
nel caso di assunzione di lavoratori svantaggiati viene
riconosciuto un “bonus” sotto forma di credito d’imposta pari al
50% dei costi salariali sostenuti nei dodici mesi successivi
all’assunzione. Tale “bonus” è corrisposto per ventiquattro mesi
qualora l’assunzione riguardi soggetti “particolarmente
svantaggiati”. Si ritiene che tali benefici non rientrino nel c.d.
“computo de minimis” vista la previsione dell'art. 7, paragrafo 3,
del regolamento 800/2008/CE;
-
credito d’imposta: va
indicato (art. 2, comma 6) nella dichiarazione dei redditi
relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso ed è
utilizzabile soltanto in compensazione entro tre anni dalla data
di assunzione. Esso non concorre alla formazione del reddito e del
valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle
attività produttive (IRAP);
-
decadenza dalla
fruizione del credito: ciò avviene se il numero complessivo dei
dipendenti è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei
dodici mesi precedenti, se i posti di lavoro creati non siano
conservati per almeno tre anni, o due anni nel caso di piccole e
medie imprese e nel caso in cui vengano accertate violazioni non
formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva da
lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni non
inferiori a 5.000 euro, oppure violazioni alla normativa sulla
salute e sulla sicurezza dei lavoratori, nonché nelle ipotesi in
cui la Magistratura abbia emanato provvedimenti definitivi contro
il datore di lavoro ex art. 28 della legge n. 300/1970 (condotta
antisindacale). Poiché le assunzioni debbono esser a tempo
indeterminato, la risoluzione del rapporto del rapporto dopo tre
anni o dopo due anni che è il periodo “minimo” per il godimento
del credito d’imposta (per le piccole e medie imprese), presuppone
una risoluzione del rapporto per giusta causa o giustificato
motivo, con le relative tutele legali “reali” od “obbligatorie”
correlate. Chiarimenti amministrativi dovranno, altresì, valutare
situazione nelle quali il rapporto di lavoro si risolve per
volontà del lavoratore (es. dimissioni). La norma relativa al
limite delle violazioni non formali entro il quale, comunque, si
ha diritto al credito d’imposta (5.000 euro), andrà chiarita alla
luce di quanto afferma l’art. 1, comma 1175 della legge n.
296/2006 che subordina il riconoscimento di benefici normativi e
contributivi al possesso del DURC ed al rispetto dei trattamenti
economici previsti dalla contrattazione collettiva nazionale o, se
esistente, da quella territoriale od aziendale. Per completezza di
informazione si ricorda, inoltre, che la definizione di piccola e
media impresa discende dalla regolamentazione comunitaria: infatti
è considerata piccola quella con meno di cinquanta dipendenti e
con un fatturato annuo o un totale attivo dello stato patrimoniale
inferiore a dieci milioni di euro, media quella con un organico
inferiore alle duecentocinquanta unità, con un fatturato annuo
inferiore ai cinquanta milioni di euro o un totale attivo dello
stato patrimoniale inferiore a quarantatre milioni di euro. Le
disposizioni europee forniscono anche la definizione di micro
impresa (che non rileva ai fini della presente agevolazione,
ritenendosi assorbita in quella piccola) che è quella di
un’azienda con un numero di dipendenti pari o inferiore a nove e
con un fatturato annuo inferiore a due milioni di euro;
-
godimento effettivo
dei benefici: il credito d’imposta è in linea con la decisione
assunta il 24 – 25 marzo 2011 nel “Patto Europa plus” destinato a
favorire, con fiscalità di vantaggio, le Regioni del Mezzogiorno.
torna
su
torna
su
AGEVOLAZIONI PER
L’ASSUNZIONE DI RICERCATORI
La fuga di cervelli
all’estero è un fatto che, purtroppo, è abbastanza ricorrente nel
nostro Paese. Di qui la necessità di una serie di provvedimenti
(l’ultimo è nell’art. 17 della legge n. 2/2009 destinato a
favorire il rientro in Italia di ricercatori scientifici residenti
all’estero) destinati ad una serie di soggetti individuati, “in
primis”, dall’art. 5 del DM n. 593/2000:
a)
imprese che esercitano
attività individuale diretta alla produzione di beni e servizi;
b)
imprese che svolgono attività
di trasporto per terra, per acqua o per aria;
c)
imprese artigiane di
produzione come individuate dalla legge n. 443/1985;
d)
centri di ricerca con
personalità giuridica autonoma;
e)
consorzi e società consortili
con particolari caratteristiche;
f)
i parchi scientifici e
tecnologici individuati con deliberazione ministeriale.
Incentivi di
natura fiscale
L’art. 14, comma 3,
del DM n. 593/2000 riconosce l’agevolazioni nel modo seguente:
a)
25.822,84 euro di cui
20.658,28 nella forma di credito d’imposta e 5.164,59 euro a fondo
perduto per ogni persona assunta;
b)
50% nella forma di credito
d’imposta dell’importo dei contratti di ricerca;
c)
60% nella forma del credito
imposta, dell’importo delle borse di studio.
L’art. 17 della legge
n. 2/2009 ha previsto che i redditi da lavoro dipendente od
autonomo dei docenti o ricercatori che siano non occasionalmente
residenti all’estero e che abbiano fatto ricerca o docenza
documentata per almeno due anni continuativi all’estero e che dal
29 novembre 2008 o in uno dei cinque anni solari successivi
vengono a svolgere la propria attività e, di conseguenza,
divengono fiscalmente residenti in Italia, sono imponibili solo
per il 10%, ai fini dell’IRPEF, e non concorrono alla formazione
del valore dell’IRAP. Tale incentivo fiscale, a partire dal 1°
gennaio 2009, si applica nel primo anno d’imposta e nei due
successivi, purchè rimanga la residenza fiscale nello Stato.
torna
su
torna
su
I NUOVI INCENTIVI
ALL’OCCUPAZIONE PREVISTI DALLA LEGGE N. 191/2009
Nel meritevole
intento di favorire, in qualsiasi modo, la ricollocazione al
lavoro di soggetti con particolari difficoltà che hanno perso il
posto di lavoro a seguito della crisi mondiale, il Legislatore,
con la legge n. 191/2009, ha aggiunto, al sistema delle assunzioni
incentivate, cresciuto a dismisura nel corso degli anni e, il più
delle volte, senza alcun percorso logico, ulteriori benefici
destinati alle imprese che prendono nel proprio organico
prestatori che si trovano in particolari condizioni e che, è bene
precisarlo, erano privi di incentivi diretti, correlati alla loro
ricollocazione.
L’obiettivo di questa
breve e sintetica riflessione è quello di esaminare i “bonus”,
previsti nella Finanziaria per l’anno 2010 o anche prorogati dopo
l’esperienza della legge n. 33/2009, riferiti alla assunzione di
particolari categorie di lavoratori, senza soffermarsi sui
benefici economici riconosciuti alle Agenzie di Lavoro (dei quali
si parlerà, dopo, in uno specifico capitolo) le quali, svolgendo
la propria attività di mediazione sul mercato, dovrebbero
collocare personale disponibile a tempo indeterminato, determinato
(non meno di due anni in una prima ipotesi e non meno di dodici
mesi in un’altra) e nel caso di soggetti disabili, anche con il
contratto di inserimento.
E’ l’art. 2 della
legge n. 191/2009 a prevedere le varie ipotesi.
torna
su
torna
su
IRAP
Per il 2012 le Regioni possono disporre la deduzione dalla base imponibile dell’IRAP delle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato
(articolo 22, comma 7, della Legge n. 183/2011)
torna
su
torna
su
CONTRIBUZIONE
INTEGRATIVA IN CASO DI ACCETTAZIONE DI UN LAVORO CON 35 ANNI DI
CONTRIBUZIONE
Con i commi 132 e 133
(la cui piena operatività è rimandata all’emanazione di un decreto
ministeriale “concertato”) è stato previsto, fino al 31 dicembre
2010, un incentivo destinato a favorire il rientro nel ciclo
produttivo dei soggetti che risultino disoccupati ma che abbiano
almeno trentacinque anni di anzianità contributiva. Che si tratti
di lavoratori non occupati si evince chiaramente dal testo
normativo, atteso che viene precisato che gli stessi debbono
essere beneficiari di “qualsiasi trattamento di sostegno al
reddito non connesso a sospensioni dal lavoro”: l’ampia dizione
operata dal Legislatore fa sì che possano essere comprese i
soggetti in disoccupazione ordinaria anche con requisiti ridotti,
in mobilità, anche in deroga, mentre l’incentivo non può trovare
applicazione nei confronti di quei lavoratori che pur trovandosi
in difficoltà hanno ancora in essere un rapporto con il proprio
datore di lavoro come nel caso delle varie ipotesi di cassa
integrazione guadagni (ordinaria, straordinaria o in deroga), di
solidarietà ex art. 1, comma 1, della legge n. 863/1984 o ex art.
5, comma 5, 7 e 8 della legge n. 236/1993, o di sospensione ex
art. 19 della legge n. 2/2009.
L’altra condizione
richiesta è rappresentata dalla accettazione di una proposta
lavorativa che comporti un inquadramento retributivo inferiore di
almeno il 20% rispetto a quello di provenienza: la norma non dice
altro, tralasciando anche riferimenti alla distanza del posto di
lavoro, pur presenti, in passato, in provvedimenti analoghi come
quello dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (art. 9,
comma 2, della legge n. 223/1991, ove si fa riferimento alla
distanza di 50 chilometri e ad un’ora di mezzi pubblici per il
trasferimento).
Ma se il lavoratore
che si trova in queste condizioni (disoccupato percettore di una
indennità e con trentacinque anni di anzianità contributiva)
accetta l’offerta di lavoro, quale è il vantaggio che ne riceve?
Incentivo di
natura contributiva
Gli viene
riconosciuta una contribuzione figurativa integrativa, fino alla
data della maturazione del pensionamento e, comunque, non oltre il
31 dicembre 2010: essa è la risultante della differenza tra il
contributo accreditato per le mansioni di provenienza ed il
contributo obbligatorio per il nuovo lavoro. Tale disposizione va
raccordata con quanto riportato al comma 134, laddove si parla
degli incentivi a favore dei datori di lavoro che assumono
lavoratori disoccupati con un’età superiore ai cinquanta anni.
La disposizione non
è, per così dire, “automatica” in quanto necessita di due
passaggi: il primo è rappresentato dalla emanazione di un decreto
“concertato” tra il Ministro del Lavoro e quello dell’Economia con
il quale andranno disciplinate le modalità di attuazione della
disposizione, mentre il secondo è rappresentato dalla domanda che
l’interessato dovrà fare (presumibilmente all’INPS, ma questo lo
dirà il decreto interministeriale) per poter “godere” del
beneficio che risulta finanziato per l’anno corrente con 40
milioni di euro.
Alcune riflessioni,
ad avviso di chi scrive, si rendono necessarie.
E’, indubbiamente,
prematuro prevedere quale sarà l’impatto di questo incentivo che,
peraltro, a differenza di altri presenti nel nostro ordinamento,
non prevede alcun vantaggio “tangibile” per il datore di lavoro:
bisognerà attendere l’emanando decreto “concertato” che, al
momento, avrà una valenza temporale fino al 31 dicembre di
quest’anno e, soprattutto, occorrerà verificare come questo
beneficio entrerà, in concorrenza, (potendo, per certi aspetti,
avere un ambito di applicazione comune), con altri incentivi
“consolidati” nel tempo, come ad esempio, quello relativo al
reinserimento dei lavoratori in mobilità (anche qui ci sono
lavoratori in trattamento di sostegno con anzianità contributiva
di trentacinque anni o “in mobilità lunga” ex art. 19 della legge
n. 223/1991).
C’è, poi, un’altra
considerazione da fare e riguarda il riferimento al limite
retributivo ridotto: la percentuale del 20% rispetto
all’inquadramento precedente è l’unico elemento da prendere in
considerazione, atteso che non c’è alcun rapporto con le mansioni
svolte o equivalenti come, ad esempio, fa per i lavoratori in
mobilità l’art. 9, comma 1, della legge n. 223/1991.
Min.Lavoro:
riduzione contributiva per i datori che assumono lavoratori con
indennità
Min.Lavoro:
incentivi per assumere lavoratori con indennità ordinaria o edile
torna
su
torna
su
INCENTIVI PER LE
ASSUNZIONI DEGLI “OVER 50”
Chi assume (commi 134
e 135) prestatori di lavoro beneficiari dello “status” di
disoccupazione e che hanno più di cinquanta anni “gode”, per il
solo 2010 ed in via sperimentale, di un incentivo che si sostanzia
in un abbattimento dei contributi a proprio carico.
Gli incentivi sono stati prorogati,
per l'anno 2012, dall'articolo 33, comma 25, della
Legge di Stabilità
(Legge n. 183 del
12 novembre 2011)
Prima di andare nello
specifico dei benefici occorre individuare la platea dei
lavoratori la cui assunzione genera i vantaggi di natura
contributiva.
Essi sono coloro che,
oggetto di provvedimento di licenziamento, sono beneficiari
dell’indennità di disoccupazione con requisiti normali
(cinquantadue settimane di contributi da lavoro dipendente nel
biennio antecedente la data del licenziamento): detto questo sono,
potenzialmente, ricompresi:
a)
gli impiegati, gli impiegati e
gli intermedi, con esclusione di coloro che hanno avuto un
contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale. Tale
esclusione è la diretta conseguenza del dettato normativo
contenuto nell’art. 19 della legge n. 2/2009 che, peraltro, non fa
che riprendere concetti espressi, più volte, dalla Corte di
Cassazione che ha ritenuto il periodo di “non lavoro” nel
part-time verticale, frutto di una scelta consapevole delle parti
e non, quindi, effetto dell’accadimento di un evento involontario;
b)
i dirigenti privati;
c)
i lavoratori a domicilio
(tranne i periodi intercorrenti tra una commessa e l’altra);
d)
i soci lavoratori di società
cooperative, con esclusione di quelli ricadenti sotto il DPR n.
602/1970;
e)
gli apprendisti licenziati ex
art. 19, comma 1, lettera c), della legge n. 2/2009, come
modificato dalla legge n. 33/2009. Questa ipotesi, nel caso di
specie, tenuto conto dell’età posseduta dai lavoratori, è del
tutto teorica e la si cita, soltanto, per completezza di
informazione;
f)
i lavoratori disoccupati, per
il solo 2010 ed in via sperimentale (caratteristica, ormai,
costante nel panorama delle integrazioni salariali e di quelle di
disoccupazione) che possano computare anche periodi di
collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, per un
massimo di tredici settimane e per i quali sono stati effettuati i
versamenti alla gestione separata dell’INPS. Tale disposizione che
è contenuta nel comma 131, il quale ha introdotto un nuovo comma,
il 2 – bis, all’art. 19 della legge n. 2/2009, detta anche le
modalità di calcolo: l’equivalente in giornate lavorative si
ottiene dividendo il totale dell’imponibile contributivo dei
versamenti relativi agli ultimi due anni per il minimale di
retribuzione giornaliera;
g)
i lavoratori “dimissionari per
giusta causa”, laddove il recesso è addebitabile al comportamento
del datore di lavoro, come in caso di mobbing, di mancata
retribuzione, di significative modificazioni peggiorative delle
mansioni, di molestie sessuali, di spostamento del lavoratore da
una sede all’altra senza che ne sussistano la “comprovate ragioni
tecniche, organizzative e produttive (Cass. n. 1074/1999) e di
comportamento particolarmente ingiurioso posto in essere dal
superiore gerarchico nei confronti del dipendente (Cass., n.
5977/1985). Tali ultimi casi, elaborati dalla Giurisprudenza di
legittimità, traggono origine dall’art. 2119 c.c., atteso che
“ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto a tempo
indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la
prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto”;
h)
le mamme (o i padri)
dimissionarie durante il periodo di tutela della maternità,
dell’adozione o dell’affido o con un figlio di età inferiore
all’anno.
I datori di lavoro
privati destinatari degli incentivi sono tutti: la norma non fa
alcuna distinzione sia rispetto all’organico che al settore.
Incentivi di
natura contributiva
Il beneficio è del
tutto analogo a quello previsto per l’assunzione dei lavoratori in
mobilità dall’art. 8, comma 2 (assunzione a termine per un massimo
di dodici mesi) e 25, comma 9 (assunzione a tempo indeterminato,
con un “bonus” contributivo di diciotto mesi) della legge n.
223/1991. Il datore di lavoro paga il 10% del contributo a proprio
carico, come previsto, in via ordinaria, per gli apprendisti, dopo
le modifiche intervenute con la legge n. 296/2006. La durata
dell’incentivo è prolungata in favore dei datori di lavoro che
assumono lavoratori in mobilità o che godano del trattamento
normale di disoccupazione con almeno trentacinque anni di
anzianità contributiva, fino alla data di maturazione del diritto
al pensionamento e, comunque (stando alla temporalità ed alla
sperimentalità della disposizione), fino al 31 dicembre 2010.
La norma necessita,
senz’altro, di chiarimenti amministrativi: tuttavia, a mio avviso,
ai fini dell’effettivo godimento, non può che trovare applicazione
l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e le successive
circolari applicative del Ministero del lavoro e delle Politiche
Sociali n. 5 e n. 34 dell’anno 2008, che lo subordinano al
possesso del DURC ed al rispetto dei trattamenti previsti dalla
contrattazione collettiva nazionale e, se esistente, da quella
territoriale od aziendale. E’ pur vero che, ad esempio, ai fini
del riconoscimento dei benefici contributivi, la Direzione
Generale per l’Attività Ispettiva ha escluso le situazioni ove,
per scelta del Legislatore, interi settori (es. quello marittimo o
quello agricolo), aree (zone montane o svantaggiate) o tipologie
contrattuali (apprendistato) hanno una contribuzione di favore, ma
è anche vero che per la contribuzione “ridotta” in favore dei
datori di lavoro che assumono soggetti in mobilità, la nota
ministeriale non fa assolutamente sconti.
Min.Lavoro:
riduzione contributiva per i datori che assumono lavoratori con
indennità
Min.Lavoro:
incentivi per assumere lavoratori con indennità ordinaria o edile
torna
su
torna
su
INCENTIVI PER
L’ASSUNZIONE DI ALTRE CATEGORIE DI LAVORATORI
Nell’intento di
favorire, in qualsiasi modo, la ricollocazione del personale
espulso dai processi produttivi, il Legislatore (comma 151) ha
ipotizzato, anche qui in via sperimentale e soltanto per l’anno
2010 e prevedendo una spesa di 12 milioni, un incentivo
finalizzato a favorire le assunzioni.
Vediamo di cosa si
tratta.
La disposizione si
rivolge ai datori di lavoro che nei dodici mesi precedenti non
abbiano proceduto a riduzioni di personale con la stessa qualifica
posseduta dai lavoratori che si intendono assumere e, al contempo,
non abbiano in corso sospensioni dal lavoro ex art. 1 della legge
n. 223/1991 (ossia, un trattamento integrativo salariale
straordinario). I “costituendi” rapporti di lavoro debbono essere
a tempo pieno ed indeterminato e debbono riguardare i lavoratori
destinatari dell’indennità di disoccupazione ordinaria o
dell’indennità di disoccupazione speciale edile prevista
dall’art. 9 della legge n. 427/1975, il cui importo (il dato va
riportato per completezza di informazione) è stato agganciato, dal
comma 150, alla previsione contenuta nell’art. 1, comma 27, della
legge n. 247/2007: in sostanza, esso viene rivalutato annualmente
nella misura del 100% dell’indice ISTAT.
L’incentivo, che è a
domanda, non è di immediata operatività, atteso che la stessa è
rinviata all’emanazione di un decreto “concertato” tra il Ministro
del Lavoro e quello dell’Economia: esso verrà concesso dall’INPS
attraverso i conguagli contributivi e consiste nel numero delle
mensilità di sostegno non ancora erogate, detratta la
contribuzione figurativa. La disposizione termina richiamando il
rispetto dell’art. 8, comma 4 – bis della legge n. 223/1991.
Incentivi di
natura economica
Così come è scritta,
la norma merita alcuni approfondimenti.
Il primo riguarda il
campo di applicazione: ripetendo, pressoché pedissequamente,
quanto già previsto per la ricollocazione dei lavoratori in CIGS o
in mobilità in deroga dall’art. 7 – ter, comma 7, della legge n.
33/2009, il Legislatore limita la possibilità di assunzione ai
datori di lavoro del settore industriale che non hanno in corso
sospensioni dal lavoro e che nel semestre precedente hanno
occupato mediamente più di quindici dipendenti (in questo modo,
infatti, va spiegato il riferimento all’art. 1 della legge n.
223/1991). Nel computo rientrano anche gli apprendisti, i
dirigenti, i lavoratori a domicilio, gli assunti con contratto di
inserimento (se si sostiene l’analogia con i contratti di
formazione e lavoro allora compresi) mentre i lavoratori a tempo
parziale e quelli “a chiamata” contano in proporzione all’orario
svolto. Anche l’incentivo è del tutto analogo a quello previsto
dall’art. 7 – ter, comma 7, della legge n. 33/2009, consistendo
nel numero delle mensilità non ancora erogate, detratta la
contribuzione figurativa. C’è, piuttosto, un elemento che lascia
perplessi: per quale motivo si è voluto limitare il campo di
applicazione riferito alle imprese con almeno quindici dipendenti
del settore industriale ( o assimilato), mentre per gli “over 50”
che “godono” i benefici del trattamento di disoccupazione, i
possibili destinatari sono tutti i datori di lavoro, a prescindere
dal settore e dal numero dei dipendenti?
Il secondo
approfondimento concerne il requisito derivante dal fatto che il
datore di lavoro non deve aver effettuato licenziamenti di
lavoratori con la stessa qualifica nei dodici mesi precedenti. Il
riferimento a tale periodo era, in passato, legato al diritto di
precedenza alla riassunzione che, fino al 29 gennaio 2003, data di
entrata in vigore del D.L.vo n. 297/2002, era, appunto, di un
anno. Oggi esso appare, quantomeno singolare, atteso che con il
provvedimento appena citato il diritto di precedenza (peraltro,
disponibile da parte del lavoratore) è stato ridotto a sei mesi,
con una modifica all’art. 15, comma 6, della legge n. 269/1949,
cosa che si è direttamente riverberata anche sulla analoga
disposizione relativa ai lavoratori in mobilità, contenuta
nell’art. 8 della legge n. 223/1991.
Il terzo chiarimento
riguarda la qualifica dei lavoratori da assumere: l’ostacolo c’è
soltanto se la qualifica è la stessa dei lavoratori licenziati,
cosa che in caso di mansioni diverse od equivalenti, non pare
esserci.
La quarta riflessione
concerne l’entità dell’incentivo: esso non è fisso ma è
strettamente correlato al numero delle mensilità non ancora
corrisposte ai lavoratori: da ciò discende (cosa non nuova, atteso
che il principio è lo stesso che regola l’assunzione a tempo
indeterminato dei lavoratori in mobilità (art. 25, comma 9, della
legge n. 223/1991) che per il datore di lavoro potrebbe essere più
conveniente assumere un lavoratore all’inizio del “godimento” del
trattamento, piuttosto che uno verso la fine.
Il quinto
approfondimento è frutto della necessità che il datore di lavoro
sia in regola da un punto di vista contributivo e che applichi,
regolarmente, i trattamenti previsti dalla contrattazione
collettiva: nell’ottica di quanto affermato dall’art. 1, comma
1175, della legge n. 296/2006 e delle circolari del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali n. 5 e n. 34 del 2008, gli
incentivi rientrano tra i c.d. “benefici contributivi” per i quali
è necessario il rispetto sia della contrattazione nazionale (e, se
presente, di quella territoriale od aziendale) e l’assenza di
cause ostative al rilascio del Documento Unico di regolarità
Contributiva (DURC), contenute nella tabella allegata al D.M. 24
ottobre 2007.
Il sesto riguarda il
richiamo effettuato dal Legislatore all’art. 8, comma 4 – bis
della legge n. 223/1991. Qui sono specificate alcune condizioni
come quella che l’assunzione non debba riguardare lavoratori
licenziati non solo dallo stesso datore di lavoro negli ultimi sei
mesi ma anche da società o imprese unite al datore di lavoro che
ha effettuato i recessi, da rapporti di colleganza o di controllo.
Ovviamente, senza entrare nel merito di altre riflessioni che ci
porterebbero lontano, si può affermare che nella “colleganza”
rientrano anche i rapporti datoriali di natura familiare, mentre
per quel che concerne il concetto di imprese controllate e
collegate occorre far riferimento all’art. 2359 c.c. .
Per completezza di
informazione e seguendo un indirizzo amministrativo “consolidato
(tale previsione fu inserita nella circolare del Ministero
dell’Economia già nel 1994 allorquando fu trattata la materia
degli incentivi occupazionali ex lege n. 489/1994), si ricorda che
nelle imprese in forma societaria si considerano controllate:
a)
quelle in cui un’altra società
dispone della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea: a
tal proposito, vanno computati anche i voti spettanti a società
controllate, a società fiduciarie e ad interposta persona, mentre
non vanno calcolati i voti spettanti per conto terzi (tali
principi si applicano anche alla ipotesi relativa al punto b);
b)
quelle in cui un’altra società
dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
c)
quelle che sono sotto
influenza dominante di un’altra società, in virtù di particolari
vincoli contrattuali.
Sono, invece, da
considerare collegate le società nelle quali un’altra esercita
un’influenza notevole: questo si presume allorquando
nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno 1/5 dei voti
ovvero 1/10 se la società ha azioni quotate in mercati
regolamentati.
Min.Lavoro:
riduzione contributiva per i datori che assumono lavoratori con
indennità
Min.Lavoro:
incentivi per assumere lavoratori con indennità ordinaria o edile
torna
su
torna
su
GLI INCENTIVI ALLA
RICOLLOCAZIONE IN FAVORE DELLE AGENZIE DEL LAVORO
Con i commi da 144 a
147 dell’art. 2 della legge n. 191/2009, il Legislatore intende
affrontare il problema della ricollocazione dei lavoratori espulsi
dai processi produttivi o di difficile inserimento, coinvolgendo,
in prima persona, le Agenzie del Lavoro autorizzate dal Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base degli elementi e
delle procedure previste dagli articoli 4 e 5 del D.L.vo n.
276/2003.
L’obiettivo
perseguito è quello di utilizzare la capacità di penetrazione sul
mercato del lavoro dei soggetti privati i quali hanno dimostrato
in molte situazioni di sapersi “muovere” con più agilità rispetto
ai servizi pubblici per l’impiego delle Province e delle Regioni i
quali, in più realtà, non hanno dimostrato di possedere “un passo
diverso” rispetto alle vecchie sezioni circoscrizionali per
l’impiego ed il collocamento in agricoltura che, fino al 25
novembre 1999, data del passaggio delle competenze per effetto del
D.L.vo n. 469/1997, erano articolazioni periferiche del Ministero
del Lavoro. Ovviamente, il discorso non può essere generalizzato:
ci sono e ci sono state esperienze positive ed interessanti che
vanno sottolineate e, se possibile, incentivate ma, altre volte,
soprattutto nelle aree ove è più forte la pressione di chi cerca
lavoro, non ci sono state iniziative particolarmente significative
finalizzate all’attivazione del circuito virtuoso “nuova
occupazione e finalità formative”.
Tornando
all’argomento occorre sottolineare come il Legislatore incentivi
economicamente le Agenzie del Lavoro (ma non soltanto loro) con
una spesa per l’anno corrente (comma 144) pari a 65 milioni di
euro.
I soggetti possibili
destinatari degli incentivi sono:
a) le Agenzie di
somministrazione nel loro complesso, anche quelle non
“generaliste”;
b) le Agenzie di
intermediazione;
c) le Agenzie di
ricerca e selezione di personale;
d) le Agenzie di
supporto alla ricollocazione professionale;
e) i soggetti
pubblici e privati (comma 146), individuati in ambito regionale
(art. 7 del D.L.vo n. 276/2003) con appositi accreditamenti che
posseggono alcuni requisiti essenziali (garanzia della libera
scelta, standard omogenei, obbligo della interconnessione alla
borsa continua nazionale del lavoro, raccordo con il sistema
regionale, ecc.): tra essi possono sono compresi gli Enti
formativi, le Associazioni e le Fondazioni.
Spetterà ad Italia
Lavoro Spa ed alla Direzione Generale per gli Ammortizzatori
Sociali e gli Incentivi all’Occupazione del Ministero del Lavoro
la gestione delle risorse, la verifica ed il monitoraggio degli
effetti normativi finalizzati ai costi, all’impatto ed alla nuova
occupazione generata per area territoriale, genere, età e
professionalità.
Ma, quali saranno i
benefici economici riconosciuti alle Agenzie del Lavoro?
Il Legislatore opera,
al comma 145, una sorta di “scaletta”.
C’è, innanzitutto, un
incentivo di 1200 euro per ogni lavoratore, oggetto di
intermediazione, che viene assunto con contratto a tempo
indeterminato o con contratto a termine di durata non inferiore a
due anni, con esclusione della somministrazione e del contratto di
lavoro intermittente. Così come è scritta la disposizione
l’incentivo pare essere, senz’altro, in misura fissa, né sembra
correlato, in termini percentuali, all’età (non c’è distinzione
tra giovane e meno giovane), alla qualifica (operaio, tecnico,
impiegato, quadro, ecc.), all’area del Paese in cui si è
verificata l’assunzione (Mezzogiorno o territori del centro –
nord).
La disposizione
necessita di alcuni chiarimenti, sia pure provvisori, atteso che
la gestione degli incentivi affidata agli organismi sopra citati,
comporterà, necessariamente, l’emanazione di alcune direttive
operative.
Il primo riguarda la
platea dei soggetti ricollocabili: il Legislatore non fa alcuna
differenza tra giovani e vecchi iscritti, anche se, a mio avviso,
nelle modalità operative, dovrebbe essere assicurata una sorta di
“preferenza” nei confronti di chi ha perso il lavoro o ha
particolari difficoltà nel trovarlo.
Il secondo riguarda
le tipologie contrattuali. Giustamente, il Legislatore ha escluso
sia la somministrazione (anche a tempo indeterminato, reintrodotta
dal comma 143) ed il lavoro intermittente. Si tratta di contratti
che non presentano le caratteristiche della stabilità e della
continuità, atteso che l’obiettivo che ci si è posti con questa
norma è stato quello di assicurare, se non il tempo indeterminato,
un “minimum” di durata almeno biennale del contratto a termine.
Per completezza di informazione va sottolineato che il contratto
“a chiamata”, seppur stipulato a tempo indeterminato, non presenta
le caratteristiche tipiche di questa tipologia, in quanto (pur nel
rispetto delle ipotesi oggettive e soggettive previste dagli
articoli 34 e 37 del D.L.vo n. 276/2003 e dal D.M. del Ministro
del Lavoro del 24 ottobre 2004), lo svolgimento delle prestazioni
è strettamente correlato all’invito del datore di lavoro che, può
avvenire poche volte o anche mai.
Il terzo concerne le
tipologie contrattuali ammissibili. Innanzitutto, il contratto a
tempo indeterminato: esso, in assenza di specifiche normative, può
essere anche a tempo parziale: ovviamente, se così sarà,
l’incentivo dovrebbe essere rideterminato in proporzione, ma su
questo sarà opportuno attendere le decisioni che saranno adottate
dagli organi deputati alla gestione degli incentivi.
C’è, poi, il problema
del contratto a tempo determinato: il Legislatore riconosce
l’incentivo se il contratto a termine ha una durata non inferiore
a ventiquattro mesi. Esso andrà stipulato tra il datore di lavoro
“assumente” ed il lavoratore secondo le previsioni contenute nel
D.L.vo n. 368/2001 prevedendo le classiche ipotesi previste
dall’art. 1 (esigenze tecniche, produttive, organizzative o
sostitutive) che dovranno, per la validità del contratto, essere
“declinate” in modo oggettivo, sì da essere verificabili.
Il riferimento al
D.L.vo n. 368/2001 può, tuttavia, essere “by passato” per i
lavoratori in mobilità ai quali, esplicitamente (art. 10, comma
6), trova applicazione la disciplina stabilita dall’art. 8, comma
2, della legge n. 223/1991. E’ pur vero che quest’ultima
disposizione parla di contratti a tempo determinato per i
lavoratori in mobilità per un massimo di dodici mesi, ma questa
norma può ben essere interpretata nel senso che è lo “sgravio
contributivo” analogo a quello in vigore per gli apprendisti, ad
essere riconosciuto al massimo per un anno, cosa che non inficia
la durata del contratto stesso.
La quarta questione
da risolvere riguarda l’apprendistato: è possibile, ricorrendo,
ovviamente, le condizioni di età (fino a 29 anni e 364 giorni),
collocare giovani secondo i modelli del professionalizzante (art.
49 del D.L.vo n. 276/2003), dell’acquisizione del diploma o del
percorso di alta formazione (art. 50 del D.L.vo n. 276/2003)?
La risposta, ad
avviso di chi scrive, è positiva, in quanto l’apprendistato è, a
tutti gli effetti, un contratto a tempo indeterminato, che può
essere risolto durante il proprio svolgimento, soltanto per giusta
causa o giustificato motivo o, al termine della fase formativa e
di apprendimento, esercitando il recesso, previo preavviso,
secondo le modalità contrattuali e quelle fissate dall’art. 2118
c.c. .
Una quinta
riflessione riguarda sia le modalità di erogazione dell’incentivo
in favore delle Agenzie, che il momento in cui lo stesso è
riconosciuto. Su questi aspetti del problema occorrerà attendere
le determinazioni chiarificatrici di Italia Lavoro SpA e della
Direzione Generale degli Ammortizzatori e degli Incentivi
all’Occupazione anche se, per quel che concerne la prima, la
soluzione, alternativa alla corresponsione “diretta”, potrebbe
essere quella abbastanza agevole che prevede il ricorso al
conguaglio contributivo. Per il secondo, invece, è opportuno
sottolineare come la soluzione debba contemperare,
presumibilmente, più variabili legate, al trascorrere del tempo
necessario per il riconoscimento del “bonus” (dopo il periodo di
prova?, dopo alcuni mesi?, neutralizzando le ipotesi di
risoluzione per giusta causa o giustificato motivo?, non contando
le dimissioni?).
Un incentivo più
basso (800 euro) è, invece, riconosciuto, nel caso in cui il
lavoratore, oggetto di intermediazione, sia assunto con un
contratto a tempo determinato per un periodo compreso tra i dodici
ed i ventiquattro mesi: anche qui il Legislatore esclude
espressamente sia la somministrazione che il lavoro
intermittente. Le considerazioni appena svolte, per l’incentivo
precedente, sul contratto a termine valgono anche per questa
ipotesi.
Con il terzo
incentivo compreso tra 2500 e 5000 euro, l’attenzione si sposta
sui disabili che per il loro handicap psicofisico presentano
particolari difficoltà di inserimento sul mercato del lavoro (essi
dovrebbero essere quelli individuati nel regolamento CE 800/2008).
L’assunzione può avvenire con contratto a tempo indeterminato, con
un contratto a termine di durata non inferiore a dodici mesi o con
un contratto di inserimento che, secondo quanto previsto dall’art.
54 del D.L.vo n. 276/2003, non può avere una durata superiore a
diciotto mesi.
La norma non lo
prevede espressamente ma, a mio avviso, potrebbero realizzarsi
forme di collaborazione, anche nell’ottica delle convenzioni ex
art. 11 della legge n. 68/1999, relative alle imprese “assumenti”,
con i servizi provinciali per l’impiego e con i c.d. “comitati
tecnici”, ai fini della piena attivazione delle tipologie
contrattuali previste e delle deroghe possibili sia in termini di
durata che di età, in rapporto al grado di disabilità.
Per la piena
operatività della disposizione occorrerà che gli organi deputati
alla gestione (Italia Lavoro SpA e la Direzione Generale degli
Ammortizzatori e gli Incentivi all’Occupazione) chiariscano sia la
“scaletta” degli incentivi, che il grado di disabilità richiesto
e, soprattutto, la correlazione dei primi con il secondo e con la
tipologia contrattuale cui si farà riferimento. Le “particolari
difficoltà di inserimento” postulano un chiarimento amministrativo
riferito alla percentuale di disabilità riferita sia agli invalidi
civili che a quelli di lavoro o per servizio, che alle patologie
invalidanti.
Il discorso relativo
agli incentivi (sui quali, probabilmente, occorre avere anche un
chiaro indirizzo da parte degli organi comunitari) in favore delle
Agenzie che si prestano ad essere “intermediarie” sul mercato del
lavoro non può essere disallineato con i vantaggi di natura
economica, contributiva, fiscale e normativa che il datori di
lavoro “assumenti” si vedranno riconoscere nel caso in cui
assumano soggetti che si trovano in particolari condizioni.
Le norme che regolano
gli incentivi alle assunzioni sono contenute in più provvedimenti
e sono state, sia pure sinteticamente, riportate in questa
riflessione: anche la legge n. 191/2009 ne ha aggiunti altri, sol
che si pensi, ad esempio, agli incentivi per l’assunzione degli
“over 50” (commi 134 e 135) o a quelli (comma 151) in favore dei
datori di lavoro che senza esservi tenuti e che non hanno
proceduto a licenziamenti collettivi negli ultimi dodici mesi e
non hanno in corso sospensioni dal lavoro, assumano lavoratori che
“godono” del trattamento di disoccupazione ordinaria o
dell’indennità di disoccupazione speciale edile prevista dall’art.
9 della legge n. 427/1995.
torna
su
torna
su
CREDITO D’IMPOSTA
PER NUOVE ASSUNZIONI IN AREE SVANTAGGIATE
Con l’art. 2, e con i
commi compresi tra 549 e 548 della legge n. 244/1997, il
Legislatore ha istituito per il triennio 2008 – 2010 un credito
d’imposta di 333 euro per ogni nuovo assunto (416 euro se donna)
in favore dei datori di lavoro che incrementano il proprio
organico nelle Regioni Abruzzo, Molise, Calabria, Puglia,
Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Incentivo di
natura fiscale
Il credito d’imposta
è calcolato sulla differenza tra il numero dei lavoratori con
contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese ed il
numero dei dipendenti con uguale tipologia contrattuale occupati
tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2007. Per i lavoratori a tempo
parziale a tempo indeterminato il computo va effettuato “pro –
quota” (art. 6 del D.L.vo n. 61/2000). L’incremento va considerato
per le società collegate o controllate (e qui vale la previsione
dell’art. 2359 c.c.) al netto delle diminuzioni verificatesi nel
gruppo. Se un’impresa è di nuova costituzione dopo il 1° gennaio
2008 ogni nuova assunzione a tempo indeterminato (anche parziale e
in questo caso vale il principio della proporzionalità) va
considerato incremento occupazionale. Il credito d’imposta è
utilizzabile in compensazione e non concorre alla formazione del
reddito e del valore della produzione per l’IRAP.
Con l’art. 37 bis
della legge n. 31/2008 sono state introdotte alcune modifiche
postulate dal rispetto dei principi comunitari: esso è garantito
dal richiamo ai limiti ed alle condizioni previste dal Regolamento
CE n. 2204/2002.
Successivamente il DM
del Ministro dell’Economia del 12 marzo 2008 e la circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 48/E del 10 luglio 2008 hanno
fissato le modalità attuative che possono così sintetizzarsi:
a)
i lavoratori assunti ad
incremento dell’occupazione non debbono aver prima mai lavorato ,
o debbono aver perso il posto di lavoro, o debbono essere in
procinto di perderlo, o sono portatori di handicap ai sensi della
legge n. 104/1992, o sono donne rientranti nella definizione di
lavoratore svantaggiato;
b)
è necessario il rispetto della
contrattazione collettiva nazionale di lavoro anche con
riferimento ai dipendenti che non danno diritto al credito
d’imposta;
c)
è necessario il rispetto
integrale della normativa in materia di sicurezza sul lavoro,
richiamata, “in primis”, dal D.L.vo n. 81/2008;
d)
è necessario che il datore di
lavoro, durante tutto il 2007, non abbia ridotto il proprio
organico: fanno eccezione i collocamenti a riposo.
Il credito d’imposta
viene meno:
a)
se su base annuale il numero
complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato e a termine,
compresi quelli con contratto a contenuto formativo (es.
apprendistato, inserimento, ecc.) risulta inferiore o pari al
numero complessivo dei dipendenti occupati mediamente tra il 1°
gennaio ed il 31 dicembre 2007;
b)
se i posti di lavoro non sono
conservati per un periodo minimo di tre anni: nelle piccole e
medie imprese il limite è fissato a due anni;
c)
se vengano accertate
violazioni non formali che comportino l’irrogazione di sanzioni
non inferiori a 5.000 euro, alla normativa fiscale e contributiva
in materia di lavoro, o alla normativa sulla salute e sicurezza
dei lavoratori, e qualora vi sia stata una condanna definitiva per
condotta antisindacale ex art. 28 della legge n. 300/1970.
Il possesso del DURC
ed il rispetto della contrattazione collettiva sono, quindi,
essenziali per il “godimento” del beneficio.
torna
su
torna
su
CONTRATTI DI
SOLIDARIETA’ ESPANSIVA
Previsti dall’art. 2
della legge n. 863/1984, in perfetto “pendant” con i contratti di
solidarietà difensiva del settore industriale (e di quello
strettamente correlato dalla normativa) particolarmente usati in
questo periodo di crisi, i contratti di solidarietà espansiva
concernono quei datori di lavoro e quei lavoratori che stipulano
contratti collettivi, anche aziendali, per incrementare gli
organici, attuando una riduzione stabile dell’orario di lavoro,
con la contestuale assunzione di nuovo personale. Sul punto, si
richiama quanto affermato dall’INPS con la circolare n. 1/1987, la
quale, tra le altre cose, ricorda come nel caso in cui le
assunzioni avvengano non contestualmente ma progressivamente, il
beneficio sia riconosciuto soltanto nel momento in cui le
assunzioni corrispondano complessivamente alla riduzione di
orario.
L’accordo collettivo
sulla solidarietà espansiva va depositato presso la Direzione
provinciale del Lavoro, che attraverso i propri organi di
vigilanza, verifica la corrispondenza tra la riduzione concordata
dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate. Il controllo
della DPL è propedeutico al riconoscimento del contributo che
(art. 2, comma 7, della legge n. 863/1984), può disporre la
sospensione del beneficio qualora accerti l’inosservanza delle
condizioni previste sia dalla norma di riferimento che
dall’accordo collettivo.
Si tratta, in ogni
caso, di un istituto che in oltre un quarto di secolo dalla sua
approvazione ha avuto un seguito scarsissimo.
Incentivi di
natura contributiva ed economica
Al datore di lavoro
per ogni lavoratore assunto e per ogni mensilità corrisposta viene
riconosciuto un contributo, a carico della gestione INPS della
disoccupazione, per i primi dodici mesi pari al 15% della
retribuzione lorda prevista dal CCNL. Nei due anni successivi il
contributo cala, rispettivamente, al 10% ed al 5%. Se le
assunzioni avvengono nel Mezzogiorno (aree ex DPR n. 218/1978) il
contributo è pari al 30% della retribuzione.
In sostituzione del
contributo appena citato se l’assunzione riguarda i giovani fino a
29 anni per i primi tre anni e, comunque, non oltre il compimento
del ventinovesimo anno di età, la quota a carico del datore di
lavoro è dovuta in misura fissa corrispondente a quella prevista
per gli apprendisti, ossia il 10%, ferma restando la contribuzione
a carico del lavoratore (9,19%).
E’ appena il caso di
ricordare come siano esclusi dal beneficio quei datori di lavoro
che nei dodici mesi precedenti hanno proceduto a riduzioni di
personale o a sospensioni temporanee dal lavoro.
torna
su
torna
su
ASSUNZIONI DI
LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI O IMPIEGATI IN LAVORI DI
PUBBLICA UTILITA’
Si ritiene opportuno
soffermarsi su questa categoria di assunzioni incentivate, seppur
“datata” nel tempo, soltanto per ricordare l’ultimo accenno
intervenuto con il comma 1156, lettera f), dell’art. 1 della legge
n. 296/2006, che consentì ai Comuni con meno di 5.000 abitanti e
con vuoti in organico nelle qualifiche per le quali è prevista la
scuola dell’obbligo (art. 16 della legge n. 56/1987), di procedere
alle assunzioni di soggetti impiegati in attività socialmente
utili, nel limite massimo di 2.450 unità. L’incentivo riconosciuto
è quello previsto dall’art. 7, comma 6, del D.L.vo n. 81/2000.
Incentivi da
natura economica
Si parla di questi
incentivi soltanto per completezza della trattazione. Ai datori di
lavoro privati ed agli Enti pubblici economici, comprese le
cooperative ed i loro consorzi, che assunsero a tempo pieno ed
indeterminato i soggetti già impegnati per dodici mesi in progetti
socialmente utili, fu riconosciuto un contributo pari a 18 milioni
di lire (9.296 euro).
Incentivi di
natura normativa
I lavoratori già
utilizzati in progetti socialmente utili, assunto con contratto a
tempo indeterminato o a tempo parziale con un orario settimanale
non inferiore alle 30 ore, non rientrano nella base di calcolo per
l’applicazione di particolari istituti per i quali la legge o il
contratto collettivo prevedono dei limiti numerici.
torna
su
torna
su
UTILIZZAZIONE DI
LAVORATORI ATTRAVERSO PRESTAZIONI DI TIPO ACCESSORIO
La normativa prevista
dagli articoli 70 e seguenti del D.L.vo n. 276/2003 è richiamata
unicamente per le agevolazioni di natura economica, contributiva e
normativa: ciò significa che nei casi di specie non si farà alcun
riferimento alle casistiche oggettive e soggettive che prevedono
le prestazioni occasionali ed accessorie, avendo, tuttavia,
l’accortezza di richiamare, da subito, l’interpello n. 37/2009 del
Ministero del Lavoro e le circolari INPS n. 104/2008, n. 88/2009 e
n. 17/2010 che disciplinano, in maniera particolarmente esaustiva
il voucher sia nelle forme cartacee che telematiche, alle quali si
è di recente aggiunta (maggio 2010) la possibilità di acquistare i
“buoni” presso una serie di tabaccherie convenzionate a seguito
dell’accordo tra la Federazione Italiana Tabaccai (FIT) e l’INPS.
Secondo la risposta
fornita dal Dicastero del Lavoro con l’interpello n. 37/2009 per
prestazioni occasionali di tipo accessorio si intendono quelle
che, nell’anno solare (1° gennaio – 31 dicembre) non superano il
tetto dei 5.000 euro netti presso ogni committente (tale limite,
“lordizzato” dalla circolare INPS n. 88/2009 è pari a 6.600 euro).
Per i lavoratori titolari di integrazione salariale del reddito il
limite, fino al 31 dicembre 2010, è fissato complessivamente in
3.000 euro netti.
La legge n. 191/2009
ha ulteriormente allargato l’ambito di applicazione del lavoro
accessorio prevedendo, tra le altre cose, che in tutti i settori
produttivi possa essere effettuato, per tutto l’anno, dai giovani
universitari “under 25”, dai cassaintegrati, dai pensionati, dai
lavoratori a tempo parziale, presso un altro datore di lavoro.
Particolarmente
importante, anche per gli effetti correlati alla gestione della
crisi da parte degli Enti locali, è la disposizione che consente
agli stessi di utilizzare con lavoro accessorio i pensionati ed i
titolari di integrazione di sostegno del reddito: tutto ciò,
tuttavia, nel rispetto di due limiti che rischiano di vanificare
la portata innovativa della disposizione: non si possono superare
le spese del personale relative all’anno precedente e va
rispettato il patto di stabilità.
Un discorso
particolare va fatto per le prestazioni occasionali nell’ambito
del lavoro domestico. Il Ministero del Lavoro, attraverso la
circolare n. 44/2009 e l’INPS con la circolare n. 88/2009, hanno
affermato che le stesse si riferiscono soltanto a quelle
prestazioni di natura del tutto occasionale, fino ad oggi non
assistite da alcuna tutela previdenziale ed assicurativa, non
riconducibili ad un rapporto disciplinato dalla legge (nel caso di
specie la legge n. 339/1958 ed il DPR n. 1403/1971 per l’obbligo
assicurativo) o dalla contrattazione collettiva (CCNL del 16
febbraio 2007 che tratta anche il rapporto di natura parziale per
poche ore settimanali).
Incentivi di
natura normativa
La prestazione
occasionale ed accessoria non è una tipologia contrattuale
predefinita ma è soltanto un lavoro che, talora (il più delle
volte) assume le caratteristiche della subordinazione e talaltra
quella del lavoro autonomo. Ma detto questo, va subito chiarito
che il Legislatore ha sempre usato termini che fanno riferimento
alla parasubordinazione (es. committente, versamenti alla gestione
separata, compenso, ecc.).
Non c’è obbligo,
neanche ai fini della prova, di alcun atto scritto, il compenso è
convenuto tra le parti e non c’è alcun tangibile riferimento né ai
compensi medi per prestazioni di lavoro autonomo previste per le
collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto,
dall’art. 63 del D.L.vo n. 276/2003, né alla contrattazione
collettiva nazionale di riferimento per i lavoratori subordinati.
Non c’è alcun obbligo di comunicazione anticipata on – line al
centro per l’impiego essendo le prestazioni escluse dalle ipotesi
previste dall’art. 1, comma 1180, della legge n. 296/2006 ed il
compenso non va riportato sul libro unico del lavoro (LUL), in
quanto non previsto dall’art. 39 della legge n. 133/2008 e dal DM
applicativo del 9 luglio 2008.
L’unico obbligo per
il datore di lavoro, seguendo la procedura di registrazione
ampiamente spiegata dall’INPS nelle circolari sopra citate, è la
registrazione anticipata al centro di contatto INPS – INAIL
(numero gratuito 803164) del committente e del prestatore (con i
dati identificativi ed il codice fiscale), del luogo della
prestazione e del numero delle giornate presunte.
Le prestazioni
accessorie, non rientrando in alcuna tipologia contrattuale, non
rientrano, ovviamente, nella base di calcolo relativa al personale
e che è necessario computare per l’accesso ad istituti per i quali
la legge o la contrattazione collettiva prevedono limiti numerici.
Il compenso ottenuto
attraverso il lavoro occasionale ed accessorio nei limiti indicati
dalla legge non incide, per il lavoratore, sullo “status” di
disoccupato o di inoccupato.
Incentivi di natura
contributiva
Attraverso il sistema
dei “voucher” il cui valore nominale è di 10 euro (con possibili
“tagli” di importo superiore nella versione cartacea), il
lavoratore è coperto da un punto di vista contributivo con
versamenti alla gestione separata dell’INPS (art. 2, comma 26,
della legge n. 335/1995) ed all’INAIL (in caso di infortunio il
committente deve percorrere la ordinaria “trafila” che si segue
per gli infortuni sul lavoro, avendo l’avvertenza di specificare
che si tratta di un prestatore di lavoro occasionale ed
accessorio). Il netto del “voucher” percepito dal lavoratore (che
sconta anche uno 0,50 destinato all’INPS per le spese di gestione
del servizio) è di 7,50 euro per ogni 10 euro di valore nominale.
Per completezza di
informazione è opportuno ricordare come anche in caso di
prestazioni occasionali ed accessorie che non si concretizzano in
un rapporto di lavoro subordinato, qualora il prestatore sia un
dipendente pubblico, è necessario che lo stesso venga autorizzato
dalla propria Amministrazione secondo le previsioni contenute
nell’art. 53 del D.L.vo n. 165/2001 e nell’eventuale regolamento
di attuazione.
Incentivi di
natura economica e fiscale
Le somme percepite a
titolo di prestazioni occasionali ed accessorie sono esenti da
qualsiasi imposizione di natura fiscale e la cosa appare, ad
esempio, particolarmente conveniente per i pensionati e per i
giovani universitari “under 25” che, per tutto l’anno ed in tutti
i settori produttivi, possono prestare la loro attività di natura
accessoria. E’ particolarmente importante per i primi (la norma
non fa alcuna distinzione se per vecchiaia, anzianità od
invalidità) che è ben vero che dopo la legge n. 133/2008 possono
cumulare integralmente redditi da pensione con quelli da lavoro
autonomo o subordinato, ma è anche vero che, il “cumulo” comporta
pagamento delle imposte con una sorta di “resistenza” degli stessi
e con la forte propensione “al nero”. Ora, il pagamento attraverso
il sistema dei “voucher” dovrebbe portare (anche con particolare
riguardo al settore agricolo) a far emergere dal “nero” molte
prestazioni, atteso che tali somme sono esenti da IRPEF.
torna
su
|